L’anima rock del Rosso, che cerca una propria strada

Il talk che ha fatto da anteprima a Red Montalcino 2024Un vino diretto, rock e contemporaneo, capace di intercettare i gusti e le tendenze del mercato di oggi e di portare le nuove generazioni a bere il Brunello. Un vino che nacque all’ombra del “fratello maggiore” - prima Doc di ricaduta, esattamente 40 anni fa, poi seguita da tanti altri territori d’Italia - ma che adesso è pronto a seguire una propria strada, forte di un’identità e di un’autorevolezza (“tanto che a volte diventa anche competitivo, vedo delle annate di Rosso insidiose per il Brunello, se andassimo a confrontare le stesse annate non so come andrebbe a finire”, sottolinea il produttore Andrea Costanti), magari intervenendo sul disciplinare, e cercando di innalzare il livello qualitativo e il prezzo medio, rendendo la denominazione più “fashion”. Un vino giovane ma che ha dentro l’anima di Montalcino, un secondo pilota di Formula 1 che però sogna di diventare, un giorno, un primo pilota. Spunti e riflessioni emersi durante “Red Evolution: origini e futuro del Rosso di Montalcino”, il talk moderato dalla giornalista di Rainews24 Barbara Di Fresco e andato in scena stamani nel Chiostro di Sant’Agostino, a Montalcino - in occasione della terza edizione di “Red Montalcino”, al via dalle ore 18 in Fortezza tra walk around tasting, food pairing, enoteca collettiva con servizio sommelier, l’area mixology e djset - dove la storicità si è confrontata con la visione moderna dei produttori attraverso le voci di Andrea Costanti, Francesco Ripaccioli ed Enzo Tiezzi, già presidente del Consorzio del Brunello e “padre putativo” del giovane Rosso. Dopo il dibattito è seguita una degustazione di otto etichette, dal Rosso di Montalcino 1993 di Poggio Antico al Rosso di Montalcino 2017 di Voliero, passando per il 2006 di Caprili, il 2009 di Poggio di Sotto, il 2014 di Uccelliera, il 2015 di Fattoria del Pino, il 2016 di Sesti e il 2016 Poggio alle Mura di Banfi.

Il talk che ha fatto da anteprima a Red Montalcino 2024“La mia opinione è che bisogna smettere di parlare di Rosso riferendosi al Brunello. Gli va creata una propria individualità, esaltandone i pregi. Oggi, ad esempio, abbiamo scoperto che può evolvere benissimo - sottolinea a Montalcinonews.com Andrea Costanti, che è stato presidente del Consorzio del Rosso di Montalcino, quando esisteva questo ente consortile poi confluito a metà degli anni Novanta nel Consorzio del Brunello - è giusto che ogni produttore abbia la sua interpretazione, non sono per i paletti. Certo, qualcosa va fatto per evitare che uno compri una bottiglia e si trovi dei prodotti così diversi tra loro, per creare un po’ più di identità, ma questo si può fare soltanto andando verso una prontezza maggiore, che come abbiamo visto non penalizza l’invecchiamento”.

I vini in degustazione all'anteprima di Red Montalcino 2024“Il disciplinare del Rosso permette al produttore una maggiore libertà: non ha il periodo di affinamento minimo richiesto in legno, permette qualsiasi tipologia di chiusura. Questo consente ad ognuno di dare una propria interpretazione - spiega a Montalcinonews.com Francesco Ripaccioli, produttore e nipote del primo presidente dell’ex Consorzio del Rosso Primo Pacenti - questa libertà ha permesso anche di fare progetti bellissimi sul Rosso, che in certi casi, dopo affinamenti prolungati, si posiziona a livello di tipologia di vino tra il Rosso stesso e il Brunello. Il Rosso ha conosciuto un’importantissima evoluzione qualitativa negli ultimi anni. Il ringiovanimento dei vigneti ha permesso una maggiore qualità delle uve e il primo beneficio si è riscontrato nel Rosso. Come fare a renderlo pop o rock? Può essere servito più fresco oppure andrebbe sdoganato l’abbinamento classico. Penso ad un Rosso nelle pizzerie con ingredienti di un certo tipo”.

Il caposaldo fondamentale, per Ripaccioli, è il Sangiovese in purezza, che “è sufficiente a garantire l’identità del vino”. La pensa allo stesso modo Costanti: “i grandi vini del mondo sono tutti espressione di vitigni in purezza. In Italia penso al Barolo, nel Chianti i vini di punta sono tutti 100% Sangiovese. I grandi Borgogna sono 100% Pinot Nero, Bordeaux è un’altra cosa ma Chàteau Petrus è 100% Merlot. Noi abbiamo un grande territorio, su cui forse bisogna lavorare a livello di comunicazione, però il fatto di avere un vitigno così poco internazionale, legato principalmente alle colline della Toscana, di cui Montalcino è una delle massime espressioni, è un valore aggiunto. Non vedo come si potrebbe migliorare un Sangiovese in purezza”.

Focus: gli interventi di Enzo Tiezzi, Andrea Costanti e Francesco Ripaccioli al talk di “Red Montalcino”

Enzo Tiezzi: “Negli anni Cinquanta Montalcino era un Comune molto povero. Nella parte centrale, collinare, c’erano piccole proprietà, mentre all’esterno c’erano grandi proprietà gestite con la mezzadria. E i mezzadri, ovviamente, facevano più vino che potevano. Non c’era qualità vera e propria, tantomeno un’idea chiara. Poi le aziende più all’avanguardia iniziarono a piantare vigneti nuovi. Era però tutto molto difficile, perché non c’era una legge italiana sui vini, nessuno sapeva bene come impostare le cose. Eravamo dei pionieri, il Rosso di Montalcino era veramente una cosa nuova. Ricordo che non essendoci tempo per poter stampare le prime fascette, fu fatto un decreto affinchè le stampassimo da noi. Facevamo riferimento al Ministero e al Comitato Vini, ci chiedevano: ma volete la Dogc del Brunello e la Doc per il Rosso, con il solito vigneto, e come fate a controllare? Quello che avviene adesso con Valoritalia noi lo facevamo già, con controlli, analisi dei campioni… Non abbiamo fatto altro che applicarlo con la normativa. Per far comprendere il nostro messaggio si decise, io, Primo Pacenti e anche il sindaco, per avere più forza, di andare al Ministero, quando c’era il Comitato Vini. Un funzionario della Camera di Commercio di Siena e un funzionario del Barolo mi dissero: ma che hai combinato? Questo ti vuole mettere in galera! Ma come, risposi io, che ho fatto? Ammetto che ero un po’ di preoccupato. Dopo aver atteso mi ricevette un senatore, il padre della legge 930 del 1963 (che per la prima volta stabilisce i livelli della piramide della qualità, partendo dalla Dogc, ndr) e iniziò a urlare. Guarda che io chiamo i carabinieri, a casa non ci torni perché vai in galera! Disse che questa iniziativa poteva creare uno scandalo, perché da Roma in giù non sapevano quanto vino venisse prodotto. Noi, risposi io, lo sappiamo, affare vostro se non lo sapete da Roma in giù. La Doc fu poi approvata così com’era, la nostra impostazione fu confermata. Di lì a poco arrivarono altre denominazioni, anche di territori che avevano osteggiato la nostra proposta. Un giornale di enologia francese disse che l’Italia aveva adottato una grande legge, rimediando così agli errori della 930. La storia del Rosso poi ha sempre camminato accanto al Brunello. C’è sempre una maggiore richiesta e un maggiore interesse, mi sembra che dal punto di vista commerciale e dei risultati vada sempre meglio”.

Andrea Costanti: “Montalcino è sempre stato all’avanguardia, anche nella creazione del Rosso di Montalcino. C’era una grande confusione, un uso improprio del nome Brunello. Abbiamo tutti in cantina etichette precedenti alla Doc con la dicitura “Rosso dai vigneti di Brunello”, che poi fu giustamente proibita, perché traeva in inganno. Fu una grande innovazione a livello legislativo, innovazione che in realtà riprese una tradizione in uso in tutte le aziende, che a Montalcino risale alla fine dell’Ottocento, ovvero quella di fare dagli stessi vigneti un vino più giovane. Questo per un duplice obiettivo: valorizzare il Brunello selezionando le uve e creare un’alternativa per aiutare le aziende. Un investitore doveva aspettare molto prima di arrivare alla piena produzione dei vigneti e poi aspettare l’uscita in commercio del Brunello, servivano insomma spalle molto larghe. La Doc Rosso di Montalcino comunque fu una grande intuizione, e lo dimostra il fatto che poi tante altri territori del vino sono venuti dietro facendo Doc di ricaduta. Prima si declassava a vino da tavola, con una perdita economica importante. In questo modo fu data dignità a questo vino. Si arriva poi agli anni Novanta quando sono nati i vigneti di Rosso di Montalcino, che hanno permesso alle aziende di espandersi e investire senza inflazionare eccessivamente il Brunello. C’è sempre stata la questione del nome, non molto qualificante, che ha penalizzato il Rosso di Montalcino. L’alternativa era chiamarlo semplicemente “Montalcino” ma a quel punto forse andava dedicato al vino più importante, il Brunello, come accade col Barolo. Il Rosso è un vino che dà una grandissima immagine di Montalcino per un’espressione più giovane del Sangiovese. Mi piace considerarlo non come il secondo vino, ma come il vino più giovane. Un vino che delle volte diventa anche competitivo. Vedo delle annate di Rosso insidiose per il Brunello, se andassimo a confrontare le stesse annate non so come andrebbe a finire”.

Francesco Ripaccioli: “Negli ultimi 15 anni ho percepito un’ulteriore importantissima soprattutto per il Rosso, un vino probabilmente di maggiore consapevolezza per i produttori, che finalmente ha trovato una sua identità. Nasce come Doc di ricaduta, poi ha compiuto un percorso che lo ha portato a distinguersi, non è un caso se oggi ne parliamo slegandolo dal contesto del Brunello. Abbiamo la grandezza del Brunello, che resterà sempre in alto, e il Rosso aiuta a mantenerlo su questo piedistallo. Il Rosso è un vino molto attuale, si adatta al consumo di oggi. Un vino più giovane, che ha un’approcciabilità diversa, se vogliamo più versatile. Scansando l’idea di un secondo vino, che è declassante, in azienda lo chiamiamo il nostro biglietto da visita, perché rappresenta un’azienda, un territorio, ha dentro l’anima di Montalcino, del Sangiovese, ma in questa versione più immediata che però, e lo vediamo nella degustazione di oggi, regge bene la prova dei tempi. È un vino che tecnicamente ci aiuta a valorizzare un vigneto nuovo. Riprendendo la metafora della Formula 1, il Rosso è un secondo pilota, ma se un secondo pilota è bravo gli viene data la possibilità di crescere e di diventare primo pilota. Ci sono tanti nuovi vigneti, in bellissime zone, impiantati per produrre Brunello, che nei primi anni vengono utilizzati per il Rosso di Montalcino. Il Rosso è anche un vino di avvicinamento. Dobbiamo portare le nuove generazioni a bere Brunello, e per fascia di prezzo e concezione ci si arriva per step. Con questo strumento possiamo mantenere i consumatori del Brunello, popolazione che sta un po’ invecchiando. Il Rosso a volte, nella sua gioventù, parla in modo più specifico delle zone, delle scelte di cantina, anche per una libertà maggiore del disciplinare. Il Rosso sta facendo la sua strada e non è più all’ombra del Brunello”.

Andrea Costanti: “Forse bisognerebbe intervenire nel disciplinare. Oggi l’unica prescrizione è sull’uscita, il 1 settembre successivo alla vendemmia, che viene incontro a necessità di un tempo, che forse ora non ci sono più, cioè svuotare i serbatoi per una nuova vendemmia. A livello legislativo non sono per avere tanti paletti. Forse fa fatto qualcosa in più affinchè trovi un’identità superiore, è anche giusto avere un vino che non abbia un grande invecchiamento in legno. Oggi sotto la denominazione di Rosso troviamo tanti vini diversi, con prezzi completamente diversi. Siamo in un settore dove stare fermi significa tornare indietro. Una riflessione la suggerirei agli amici e colleghi produttori. Il Rosso ha concorrenza, a differenza del Brunello che non ne ha, perché lo trovi assieme al Barolo nelle carte dei ristoranti. Trovo molto bello lavorare sul Rosso con operazioni tipo “Red Montalcino”, che lo rendono autonomo dal Brunello. Penso che non ci sia un vino al mondo con un rapporto qualità/prezzo come il Rosso di Montalcino, che secondo me ha un prezzo medio troppo basso. La strada è di renderlo più fashion, come artifici banali come la temperatura di servizio. Prima si parlava di vini a 20-22 gradi, non dico che il Rosso deve fare concorrenza agli aperitivi, ma aprirsi uno spazio, un momento in cui un bicchiere di vino rosso diventi fashion. Molto bello poi è l’abbinamento con la musica. Mentre il Brunello si accosta più alla musica classica, il Rosso lo accosterei al rock”. Ripaccioli suggerisce la parola “contemporaneità”, legata allo stile ma anche al momento, alle situazioni del mercato. “È un vino che ci può dare una grande mano”. Per Tiezzi “il Rosso è un vino importante, sempre purtroppo rimasto all’ombra di un altro vino che ha tutta un’altra filosofia. Il Rosso è molto versatile, disponibile, diretto”.

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