Un finocchio prodotto in Toscana porta nelle tasche dell’agricoltore solo 35 centesimi, cioè meno del 20% del prezzo finale troviamo al supermercato. Con il consumatore finale che paga di più per il confezionamento che per il prodotto agricolo. E l’esempio si potrebbe fare con altre verdure, dal cavolfiore, al radicchio fino alle cime di rapa. “Non è possibile che un olio extravergine d’oliva toscano, dopo essere stato messo sullo scaffale a 8,30 euro al litro, passi al sottocosto a 5,30 euro. Così muore l’agricoltura toscana fatta di medio-piccole aziende agricole”, denuncia Valentino Berni, presidente di Cia Toscana, che sottolinea come tra i molteplici problemi che hanno portato alla crisi dell’agricoltura - oltre all’aumento dei costi di produzione (fitofarmaci, fertilizzanti, gasolio, concimi…) dopo l’inizio della guerra in Ucraina - c’è senza dubbio la forbice dei prezzi, col risultato che, in certi casi, produrre non conviene più, perché si va in perdita. È l’esempio del grano duro. “In Val d’Orcia, con una resa di 35 quintali ad ettaro, per 26 euro a quintale, il produttore avrà un ricavo di 910 euro per un costo di produzione di 1.200 euro, con un reddito in perdita di 290 euro ad ettaro. Per andare in positivo sarebbe necessaria un valore del grano duro di almeno 35 euro al quintale”, considera Berni, che chiede alla politica soluzioni urgenti “per accrescere il peso economico e la forza negoziale del settore, incentivarne il ruolo e il presidio ambientale, mettere l’agricoltura al centro dei processi di sviluppo delle aree interne, salvaguardare i servizi e le attività sociali, cruciali per i territori rurali, e consolidare la crescita dell’export agroalimentare Made in Tuscany”. “Dal campo alla tavola - prosegue - la differenza non va all’agricoltore, ma alla distribuzione, al trasporto, al confezionamento, al packaging, conservazione (frigoriferi) senza dimenticare la parte della logistica. È necessario alzare il ricavo di chi quel prodotto lo realizza, assicurando ogni giorno cibo sulle nostre tavole”.
Con 100 kg di grano si producono 90 kg di farina, con i quali si fanno 108 kg di pane, fa notare Cia Toscana. Quel pane costa al consumatore 380 euro, ma quel grano (che è stato utilizzato per la farina) è stato pagato al produttore solo 25 euro. E mentre un produttore prende 35 centesimi per un chilo di grano duro (pagato bene), un pacco di pasta costa 2,08 euro, con un aumento del 494% dal campo alla tavola. Stessa dinamica sul latte: all’allevatore vanno 52 centesimi al litro, ma il consumatore per comprarlo spende 1,80 euro (+246%). Vale anche su frutta e verdura: i pomodori passano da 1,13 euro al chilo all’origine a 3,73 euro al consumo (+230%); le mele da 50 centesimi a 2,43 euro al chilo (+386%); le pere da 1,64 a 3,55 euro al chilo (+116%); Il risultato è un calo del 60% del reddito netto delle imprese agricole, che fanno sempre più fatica a coprire i costi di produzione in continua ascesa (+16 mila euro nell’ultimo anno per azienda). Contemporaneamente sono venuti al pettine anche i nodi della PAC: sempre meno conveniente per l’azienda agricola toscana.
“Le proteste degli agricoltori evidenziano dei problemi che per la Cia Toscana non sono una novità - sottolinea Berni - ma oltre alle proteste servono le proposte. Quelle proposte che la politica deve prendere in considerazione, a partire dai danni strutturali che da sempre abbiamo, dalla gestione dell’acqua alla fauna, fino ad arrivare alle drammaticità all’interno della filiera. Una filiera che, lo ripeto, ha bisogno di dare il giusto reddito agli agricoltori e non si può più permettere di disinteressarsi del reddito della produzione primaria. Abbiamo evidenziato, nero su bianco, alcune proposte serie e concrete che devono aiutare le piccole e medie imprese agricole, che sono l’ossatura fondamentale del nostro comparto agricolo. Con la loro qualità, la loro capacità e resilienza e la capacità di stare in territori marginali ed aiutarci a mantenerli. Questo è l’obiettivo principale della Cia, questo è ciò che stiamo facendo e le proposte concretamente le portiamo su tutti i tavoli istituzionali. Ora attendiamo le risposte: Regione Toscana, Governo, Europa, se ci siete battete un colpo e non dare i contentini delle ultime settimane. Alla Regione chiediamo azioni dirette per l’agricoltura toscana e soprattutto una pressione più incisiva nei confronti del Governo, che fino ad oggi si è limitato a risposte insufficienti (esempio: esenzione Irpef e solo proroga assicurazione trattori fermi), e verso l’Europa che ha soltanto derogato per appena una campagna agraria l’obbligo della tenuta a riposo del 4 per cento dei terreni coltivabili. Serve fare di più, molto di più, con estrema urgenza”.