“Montalcino sta diventato una scatola vuota, i turisti non sanno cosa fare qui. Se non c’è niente, alla fine nessuno viene più a visitarla. Se continua così sarà una catastrofe”. A parlare è Bert Treffers, storico dell’arte olandese, tra i massimi esperti di Caravaggio, che da quasi trent’anni trascorre lunghi periodi a Montalcino e conosce bene le dinamiche del territorio. “In tante città tutto è commercializzato, si perde parte del carattere specifico del luogo. Tempo va proposi di creare una Firenze di plastica a Osmannoro, così il vero centro di Firenze, estremamente elegante e raffinato, si sarebbe salvato dalla distruzione della massa – è la premessa di Treffers – l’invasione di bus turistici non serve a nessuno, né all’economia del paese e nemmeno ai turisti. Che scendono, percorrono Montalcino in 30-40 minuti e vanno via”. La scatola vuota è l’idea più terrificante, sostiene lo storico dell’arte, che cita i precedenti della Russia dell’Ottocento. “Quando la zarina andava in giro, le città venivano costruite per l’occasione con delle facciate di cartone demolite una volta che poi andava via. Non voglio che Montalcino si abbassi a questo stato. La vita in una città è cruciale per dare valore al proprio prodotto, in questo caso il vino. Quando si compra una bottiglia di vino in una città con un bellissimo passato, si aggiunge un valore extra al prodotto”. È qui che Treffers lancia una proposta, quella di investire pesantemente e convintamente sulla cultura. “Negli anni Ottanta pensai a un progetto, un sogno impossibile da realizzare in quel momento, ma adesso sarebbe un peccato non sfruttare la situazione economica di questo territorio. Si tratterebbe di recuperare il patrimonio sparso nel mondo e allestire una mostra, in modo da restituire la Montalcino di una volta e il suo vero valore artistico, che in questo momento non si può constatare vista anche la chiusura di alcune chiese. Il primo passo sarebbe creare un comitato, un gruppo di specialisti, con la regia dell’amministrazione comunale, per pianificare un progetto triennale, e poi lavorare con altri istituti, come l’Università di Siena. L’importante è creare un’idea di città, di un centro urbano che faccia rivivere il ruolo culturale, artigianale e spirituale che aveva nel Medioevo. Sarebbe un modo formidabile per ridare valore a una città che amo follemente. Mi auguro che sia il coraggio di muoversi in questa direzione”.
“Forse è troppo tardi, ma forse è ancora possibile”, prosegue Treffers, che chiama in causa il mondo del vino. “È interesse dei produttori aderire a un progetto del genere. Il vino è un prodotto di cultura, un prodotto che ha un significato nella tradizione cristiana. Combinare il Bacco di Caravaggio con il Vinitaly è stata una buona idea, anche se sviluppata male perché non è stato capito il significato dell’opera d’arte”. In ogni caso, Treffers sarebbe pronto a dare una mano. “Ho 75 anni e due saggi da scrivere che non sono sicuro di finire, ma sono sempre disponibile. Ho un po’ di esperienza con le mostre in Italia. Se potessi vivere una mostra del genere sarebbe la realizzazione di un sogno. La città lo merita ma per meritarlo bisogna lavorare”.
Pochi anni fa Treffers dedicò a Montalcino un libro, 60 pagine in cui ripercorre quello che lui definisce “luogo dell’anima”, tra le strade, le piazze, i negozi, le abitudini e l’atteggiarsi della gente. “Nel 2018 mi hanno fatto concittadino di Montalcino. Quando torno mi sento a casa – spiega – non passa una giornata in Olanda che non penso a Montalcino”. Lo scorso settembre, nell’ambito del Laboratorio di Storia Agraria, è stato insignito del premio Città di Montalcino dedicato alla cultura e alla comunicazione, due concetti fondamentali per lo storico dell’arte olandese, che dichiara di ispirarsi a Montalcino nel suo lavoro, uno stimolo continuo che lo aiuta anche a capire l’arte. “Da storico dell’arte ho sempre pensato che trattare la pittura in modo astratto è completamente sbagliato. Ho sempre voluto ricreare l’ambiente in cui lavorava l’artista, in questo caso Caravaggio. Ricreare il luogo fisico ma anche spirituale, perché Caravaggio faceva quadri di chiesa. Inoltre, è sbagliato per uno studioso chiudersi nella propria stanza. Non capisci la verità della vita normale. Amo stare in biblioteca, ma dopo un paio d’ore scappo e vado in piazza, per chiacchierare con la gente. Qui a Montalcino l’ho sempre fatto. Lavoro e scrivo ogni giorno per due-tre ore, poi esco e vado in Fiaschetteria. L’atmosfera umana di Montalcino mi ha aiutato a capire l’arte di secoli fa”.
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