Un’assenza che pesa. Per il secondo anno consecutivo La Settimana del Miele di Montalcino non è stata fatta. Un evento con quasi cinquanta anni di storia e che meriterebbe una riflessione approfondita su tanti aspetti. Ma adesso più che al passato bisogna pensare al presente, accendendo le luci dei riflettori su un settore che sta affrontando una crisi davvero grande. Il miele merita di essere rilanciato, proprio come la Settimana di Montalcino dedicata all’oro giallo.
“Consapevoli di essere da sempre la vetrina dei mieli toscani e italiani - ha dichiarato il sindaco Silvio Franceschelli in una nota stampa de Le Città del Miele, associazione di cui Montalcino fa parte - con la sua assenza La Settimana del Miele esprime vicinanza a tutti gli apicoltori delle diverse regioni italiane che stanno affrontando un’annata produttiva tra le più critiche degli ultimi due decenni, specie nella Regione Toscana. Montalcino a livello nazionale è tra le manifestazioni delle più note proprio per la sua storicità. La notorietà nazionale di Montalcino quest’anno la utilizziamo per evidenziare la criticità produttiva di miele della Toscana e di non poche altre regioni italiane”.
“L’annata è stata drammatica - commenta Duccio Pradella, presidente di Arpat, (Associazione Regionale Produttori Apistici Italiani) - la produzione non è arrivata a 10 kg per alveare ed a Montalcino penso ancora meno. Si è salvato il castagno, qua e là un po’ di millefiori e tiglio, totalmente assente le produzioni primaverili. Per tenere in vita le api e nutrirle le aziende hanno dovuto farsi carico di grossi costi di produzione. I problemi delle gelate di aprile hanno rovinato tutte le fioriture e messo in crisi gli alveari, da luglio in poi in molte zone la siccità ha completamente fermato i raccolti. E tuttora le api non trovano da mangiare e gli apicoltori sono costretti a intervenire per tenerle in vita. La zona di Montalcino ha sofferto molto. La Settimana del Miele che non è stata fatta? Capisco che c’è una parte espositiva che ovviamente risente della scarsità del prodotto. Ma è un peccato, parliamo di un evento storico. Dico che, ma questo in generale, bisogna sforzarsi di fare iniziative in grado di dare visibilità al settore. Parlare dei nostri problemi ed esporli all’opinione pubblica credo che ci possa aiutare molto. Il settore è in crisi, servono risorse. Se si vuole salvare le api bisogna aiutare le aziende”.
L’annata apistica 2021 è destinata a entrare nelle cronache storiche del settore come la più critica degli ultimi decenni. Le condizioni climatiche avevano già seriamente compromesso le produzioni primaverili di tarassaco e di ciliegio, con anche la quasi totale perdita della produzione di miele di acacia, causa un clima fortemente sfavorevole di sbalzi climatici di basse temperature e inaspettate gelate registrate sia al nord sia nel centro Italia. Una situazione che ha fortemente impegnato gli apicoltori a intervenire con soluzioni a vare di zucchero per sfamare le api e mantenerle in vita. Solo in Lombardia la mancata produzione di acacia registra un danno di oltre 30 milioni di euro: in media, un alveare ha prodotto tra 500 gr/1 kg contro i 20 kg degli scorsi anni. In regioni come l’Emilia Romagna e la Toscana la produzione di miele registra un calo del 95%. Una criticità che ha toccato anche i territori del miele del Sud con la produzione di miele d’arancio quasi azzerata in molte zone della Sicilia e una produzione media inferiore del 50%, così come per il miele di sulla.