Italiani, altospendenti, amanti del gusto e della natura. È l’identikit del turista nel mirino di Montalcino per l’estate 2020, ora che le aziende simbolo del vino riaprono le porte e insieme a loro l’ospitalità dell’iconico borgo toscano, che nel 2019 ha registrato oltre 180.000 eno-pernottamenti tra italiani e stranieri. Una meta epicentro del turismo del vino, dove le sue cantine aperte alle visite (su prenotazione e in sicurezza) fanno squadra con le strutture di accoglienza: una ogni 35 abitanti, tra alberghi, agriturismi, wine relais, ristoranti, locali con attività di somministrazione e ovviamente aziende vitivinicole, pronti ad accogliere una domanda sempre più nazionale e sempre più orientata verso lo Stivale.
“Siamo consapevoli che non sarà facile modificare in breve tempo i target dell’hospitality in un luogo in cui i 2/3 delle presenze sono di norma straniere, e di queste la maggior parte è extraeuropea - ha detto Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino -. Ci conforta però il dato dello scorso anno, che ha visto un aumento dei turisti italiani di quasi il 5%, e guardiamo con molto interesse all’ultimo sondaggio di Enit dal quale emerge che 9 italiani su 10 hanno intenzione di trascorrere le proprie vacanze nel Belpaese”. Secondo l’indagine dell’Agenzia nazionale del turismo infatti, oltre il 90% degli italiani che hanno già scelto la loro meta resterà in Italia, con particolare attenzione alle proposte naturalistiche (principale motivazione per il 30% degli intervistati), enogastronomiche (13,6%) e di turismo esperienziale sul territorio (11,2%). Un matching favorevole per un comprensorio coperto per il 50% da boschi, che fa della biodiversità un alto valore aggiunto.
Secondo le rilevazioni della Regione Toscana, la leva enoturistica di Montalcino si è dimostrata un asset fondamentale non solo per le imprese del vino ma per tutta l’economia del territorio, con un incremento delle presenze del 132% solo nell’ultimo decennio. La leva di un brand globale come il Brunello - unita al Patrimonio dell’umanità della Val d’Orcia e allo stretto legame con la storicità del suo comune – ha determinato una crescita esponenziale degli arrivi, in particolare degli eno-appassionati extraUe a partire dagli Stati Uniti (+178% dal 2009 al 2019), di gran lunga in testa per provenienze, seguiti dalla Germania (+213%) e dal Brasile, che con oltre 10.000 presenze ha incrementato gli arrivi sul periodo del 910%. Tra gli italiani, attratti non solo dal vino ma anche dalle produzioni artigianali come zafferano e miele, record di presenze per la Lombardia, seguita da Lazio, Toscana, Veneto ed Emilia Romagna.