Sono passati quasi 40 anni da quando il fiorentino Paolo Coccheri, nel 1981, decise di fondare a Montalcino un’iniziativa teatrale senza precedenti in Italia, il “Festival internazionale dell’attore”, una serie di corsi e laboratori estivi che attrassero a Montalcino alcuni tra i più importanti docenti internazionali, che tennero lezioni alla presenza di centinaia di allievi giunti da ogni parte d’Europa. Coccheri, che riuscì a convincere l’amministrazione comunale ad espropriare e restaurare il settecentesco Teatro degli Astrusi, all’epoca di proprietà privata, richiamò artisti del calibro di Orazio Costa, Edmonda Aldini, Lele Luzzati, Lindsay Kemp, Cathy Berberian e il francese Yves Lebreton, che nei giorni scorsi è tornato a Montalcino per rivivere i luoghi e i personaggi di quel periodo così dinamico e vivace.
“È stato un momento unico nella mia attività professionale - ricorda Lebreton alla Montalcinonews - c’era un clima favorevole alla ricerca artistica, il direttore artistico Paolo Coccheri riuscì a portare personaggi di alto livello come Dario Fo, il gruppo di Grotowski e l’arlecchino di Strehler, Ferruccio Soleri. Ricordo una disponibilità incredibile del pubblico, che seguiva le attività con grande passione. Passione confermata quando nel 1986 produssi uno spettacolo personale, e si creò un bellissimo rapporto con la gente. Da allora non sono più tornato. Fino ad oggi. Sono rimasto sorpreso, è una città ben preservata, la campagna intorno non è stata brutalizzata dal cemento armato diversamente da altre realtà d’Italia. È stato un piacere ritrovare questa bellezza della Toscana”.
Lebreton, grande maestro del teatro corporeo con tantissimi spettacoli alle spalle, vive in Italia dal 1981, quando acquistò casa a Montespertoli, nel fiorentino, dove avviò un centro di formazione teatrale. “Ma da diversi anni mi dedico alla scrittura, perché è venuto il momento di mettere per iscritto l’esperienza accumulata per lasciare una traccia alle generazioni future. Lo spazio a Montespertoli, così, è diventato troppo grande. L’idea è di venderlo e comprare qualcosa da qualche altra parte. Dove? Non lo so ancora. Noi artisti siamo abituati ad essere dei nomadi, io ho viaggiato tanto per il mondo approfittando dell’assenza di barriere linguistiche del teatro fisico. Forse torno in Francia. Ma nel mio cuore resta Montalcino, sono andato a visitarlo anche per vedere che aria tirava. Continuo ad insegnare, tengo dei laboratori un po’ ovunque, di certo non ci sarebbero problemi a farli pure a Montalcino”.