Il 7 giugno, sotto il Loggiato di Piazza del Popolo, si è tenuta la presentazione del libro “Dimmi il soprannome… Ti dirò chi è”, volume che raccoglie circa 500 dei più noti soprannomi montalcinesi. Un’iniziativa promossa dal Lions Club Montalcino “La Fortezza” i cui proventi saranno totalmente destinati all’acquisto di attrezzature da donare all’Istituto Agrario di Montalcino. Ad introdurre il libro, su richiesta di Curzio Ciacci, è stato lo storico, che non è però riuscito a completare il suo intervento. “Sono rimasto stupito, per non dire irritato, certo addolorato, per il chiacchiericcio continuo e la disattenzione di molti dei presenti di fronte alla mia conversazione nella quale sono andato un po’ avanti, a fatica, per chiuderla sbrigativamente”, spiega Bonucci, che ha inviato alla Montalcinonews il suo discorso “affinché il mio piccolo sforzo e alcune semplici considerazioni che ho cercato di fare non se ne vadano al vento”.
Qua sotto riportiamo il testo integrale di Bruno Bonucci:
Sopra i soprannomi montalcinesi (7 giugno 2019)
Già nel 1965, come mi ricordava l’amico Pianigiani, i soprannomi dei Montalcinesi apparvero sul periodico IL Girotordo curato dall’Ente Permanente e Autonomo della Sagra del Tordo in una divertente lista così ordinata per tipologie: nobiltà e clero il re, il papa, il cardinale, il frate …; scienze occulte lo strego, il maghino …; affari esteri il Prussiano, l’Arabo, Bobis …; arti e mestieri il Musico, Bottecchia ….; difesa-esercito: il Soldatino, l’Ammiraglio …; anatomia umana e comparata Capona, Buzzino, Zampa, Orecchino…; oggetti d’uso comune Figurino, Tranvai, Canapo, Piombo… e infine l’affollata tipologia dei soprannomi fuori classifica con Baldoria, Bucicchio, Babbino, l’Anarchico, Pippari, Cimbello, Baciati, Finfi, Maggino, la Titillina… .
Oggi abbiamo questo lunghissimo elenco ordinato alfabeticamente. Il soprannome è un nome posto sopra, un epi-teto, risultato della scoperta o dell’invenzione spesso geniale di un’identità di cui diremo. Soprannomi storici sono il Barbarossa, l’imperatore Federico I sconfitto a Legnano dalla Lega Lombarda. Il turco Barbarossa che corse il Mediterraneo nel Cinquecento creandosi un dominio nella Barberìa; Canapone, il biondo Pietro Leopoldo II discendente di Maria Teresa d’Austria l’ultimo granduca spodestato nel 1859 cui più avanti accenneremo.
Con l’emigrazione i luoghi di nascita si facevano spesso soprannomi. Così fu per Angelo Merisi detto il Caravaggio, per Francesco Mazzola detto il Parmigianino. Dal colore dei capelli è il nome del pittore Rosso Fiorentino, grande interprete della maniera. Sodoma è il soprannome derivato dalla natura omosessuale al vercellese Antonio Bazzi, fattosi senese nel Cinquecento.
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Nella documentazione di storia montalcinese compaiono via via soprannomi come alcuni qui riportati.
Nel «Libro Stella» dei primi decenni del Seicento, proveniente dall’archivio dell’OPA della «Madonna della Porta al Corno», poi Madonna del Soccorso, s’incontrano questi lavoratori che cavano sassi nella cava di pietra esistente fino all’Ottocento davanti alla chiesa. Sassi utilizzati in quegli anni (1601-1625) nei quali si concludeva la costruzione della grande chiesa attuale:
Marcantonio detto Ravagiolo
giacomo detto il Cipollino
Francesco detto il Manganello
Gio. Battista detto il Mancino
Vittorio detto Forzone
Agostino detto il Morena.
Altri soprannomi più antichi: Bindo di Binduccio detto Balla della Villa a Tolli (1350 giu. 12), Giovanni di Francesco notaio, detto Cresta (1332 giu. 18).
E nel 1233 (nel Caleffo Vecchio, II) fra i giurati dei 5 popoli montalcinesi guidati nella Pieve dal podestà Lupo di Tinaccio a giurare fedeltà a Siena (fedeltà che durerà ben poco portando assedi e lotte fino alla tragedia di Montaperti), due Montalcinesi si dichiaravano il primo Giallontese e l’altro Nonceuòpo: due modi di dire, due soprannomi. Qualcosa di simile, nel 1972, nel reparto di Medicina del nostro ospedale: ricordo un arzillo convalescente di Buonconvento, mi parve un maestro di scuola, che gironzolava qua e là nei corridoi e gl’infermieri: «Avete visto Dio ragazzi?».
Tornando al «Libro Stella» (attenzione: “Tramontana Stella” era l’epiteto della Madonna usato nel proemio del libro dai deputati dell’OPA) vi s’incontra con grande sorpresa un Farfallino che viene pagato bene per aver lavorato, con due fabbri della famiglia dei Baratti, in occasione della festa della Visitazione del 2 luglio del 1617. Ma anche noi abbiamo avuto Farfallino e anch’esso un fabbro. E c’è di più. “Farfallino” per il fabbro del nostro tempo è una splendida antifrasi: il massimo della leggerezza, un volo, per dire un uomo poderoso che alla fucina, nella sua bottega, con la mazza in aria, il vivido ferro incandescente poggiato sull’incudine calava colpi precisi avvolto in un nugolo di scintille.
Se, caro direttore, non sono riuscito il 7 giugno a dire di Farfallino, ho voluto però soffermarmi, chiudendo in fretta, prima sul Canapo vetturale e poi sul Divo.
Con il suo barroccio Canapo viaggiava in su e giù da Montalcino a Torrenieri. Il suo soprannome derivato dalla canapa ma non per il colore dei suoi capelli come fu per il granduca Canapone Ritengo piuttosto che il nostro sia appartenuto ad una discendenza di funai, come lo sono stati prima i Luciani e poi i Casali. Questi li vedevamo al lavoro nei due tiratoi sotto le mura della Madonna. Gosto era uno stipite: sempre silenzioso nel lavoro. Andava però soddisfatto per la commissione, fattagli con premura dal Comune di Siena, di due grossi canapi per il verrocchio della mossa del palio.
Infine Il Divo. Di questo soprannome fu autore Adolfo Temperini, bibliotecario nonché proprietario e direttore del quindicinale Il Progresso. Era un monarchico acceso. Bravissimo e attivissimo, fu ovviamente avversario delle parti politiche che nel 1907 si coalizzarono nell’Unione: Liberali (Carlo Padelletti), Cattolici (Antonio Tamanti) e Socialisti (il Cavaglioni). Dura fu la polemica del Temperini contro don Arcangelo Traverso, coltissimo parroco di Sant’Angelo in Colle, mentore della parte cattolica, e soprattutto contro l’avvincente oratore, leader indiscusso dei Socialisti, l’avv. Marcello Tozzi del quale aveva presto avvertito il pericolo e che divenne allora Il Divo. Quando, vinte le elezioni (nello stesso anno l’ebreo Ernesto Nathan conquistava a Roma il Campidoglio), realizzate le riforme amministrative prevalse poi anche nel partito socialista montalcinese la componente del “socialismo rivoluzionario”. Marcello Tozzi non seguì nel 1913 il successo di Benito Mussolini e la sua avventura che attrasse invece il Temperini. Da allora visse a Genova con la sua cattedra universitaria di Diritto Internazionale della Navigazione.