Una collezione di statue in pietra dell’artista scozzese John Cass sarà in esposizione dal 31 maggio al 26 giugno nel chiostro del convento di Sant’Agostino, a Montalcino. L’iniziativa, dal titolo “Ancient Energy”, è presentata dalla Scuola Permanente dell’Abitare con il patrocinio del Comune di Montalcino.
“All’inizio della lavorazione del blocco il risultato finale non è chiaro - spiega John Cass, nato in Scozia ma residente in Toscana, vicino Grosseto - Attraverso l’incisione sulla superficie della pietra di schemi generati dall’intuizione, un volto o un corpo cominciano ad emergere e si genera così una moltitudine di interazioni; prima di raggiungere, per quanto possibile, un senso di riposo inappuntabile.
Le sue opere sono generate a partire da forme grezze e spigolose che accolgono il gesto amorevole, attento e deciso dell’artista il quale, così facendo, trasferisce alla materia la propria energia vitale. Le sue sono forme scultoree a tutto tondo, volti che non sono necessariamente espressione diretta dell’essere umano ma che riportano a qualcosa che esiste prima e al di là di noi, che penetra profondamente nell’animo, ci trapassa per uscirne immutato ed espandersi nel tempo e nello spazio. Un sentimento universale ed eterno. Cass modella la pietra e la rende viva, essa stessa è veicolo di emozioni che divengono universali nel gesto dell’osservatore che vi posa lo sguardo.
La scultura ha la capacità intrinseca di essere nello spazio e di occuparne una parte, è una presenza che non può essere ignorata, un corpo libero che si lascia contemplare da ogni punto di vista. Ed è così che il chiostro dell’antico Monastero di Sant’Agostino sarà animato da statue che sembrano dialogare tra loro quasi fossero giunte a noi da un’altra epoca. La scultura, forma d’arte al di là del tempo e della storia, la cui indiscussa durabilità ne è la conservazione attraverso i secoli, è il mezzo espressivo che l’artista ha scelto per un compito così arduo.
L’atteggiamento che ne emerge è quella che John chiama “posizione giocosa”, una situazione nella quale tenacia, forza e ragionamento spaziale caratterizzano l’approccio corretto allo spettro di pericoli ed opportunità sconosciute che si trova ad affrontare.
John non predilige una pietra piuttosto che un’altra. Il rapporto che di volta in volta instaura con il materiale è unico poiché ogni scultura è un lavoro di ricerca spontanea che l’artista compie al fine di far gradualmente emergere la forma completa, l’opera finita, comunque espressione di un atto creativo soggettivo e irripetibile. Ed è così che la malleabilità, la durezza, la lucentezza di ogni singolo blocco, sia essa pietra calcarea, marmo di Carrara, pietra dolomitica od Onice, concorrono attivamente alla definizione della forma definendo, in qualche misura, la firma energetica dei movimenti applicati e, alla fine, il risultato che ne deriva. La lavorazione della pietra richiede uno sforzo per allineare il proprio atteggiamento alla materialità che la caratterizza, riconoscendo l’insormontabilità del proprio compito con consapevole leggerezza. La materia è viva, risponde alla mano di colui che le parla, sia esso un gesto carezzevole o uno forte, brutale.
Le opere non sono espressione di me. In effetti molte cose che la mia soggettività vorrebbe definire rappresentano un impedimento al flusso generativo. La pietra sembrava essere il mezzo ideale in quanto la sua resistenza fisica combinata con il complicato compito cognitivo di scolpire una forma senza un insieme di parametri guida e con un potenziale illimitato di possibili trasformazioni, fornisce una sfida che richiede l’impegno di ogni facoltà a mia disposizione.
Il flusso di movimenti che sembra scaturire direttamente dalla parte più recondita e primitiva della mente è un sentimento ancestrale, uno stato psicofisico di sospensione dal presente; qualcosa che permette all’artista di essere fortemente produttivo e che ne guida la gestualità. John sembra impegnato in una sfida costante, mentre scolpisce pare riconciliare il proprio essere con se stesso e la terra, allineandosi al flusso vitale dell’universo che permea ognuno di noi. La tecnica utilizzata è quella dell’intaglio libero, a dimostrazione della grande capacità dell’artista che, senza indugi e supportato dalla conoscenza delle caratteristiche tecniche e della risposta fisica dei materiali, lavora senza l’ausilio di disegni preparatori o strumenti di misura. Gli strumenti utilizzati sono scalpelli a mano, martelli, smerigliatrici angolari, martelli pneumatici e trapani.
Il 31 maggio, giorno di apertura della mostra, è previsto un incontro con l’artista (ore 19). Durante il vernissage sarà offerta una degustazione da parte dell’azienda Piombaia.