La storia di “Brunella” ormai la conosciamo tutti. Correva l’anno 2007 quando avvenne la scoperta della balena fossile nel territorio di Poggio alle Mura. Da qualche tempo sono iniziati i lavori di restauro di questo esemplare la cui età è stata stimata intorno a quattro milioni di anni. Il progetto “Brunella” è un esempio che funziona del rapporto tra pubblico e privato. L’accordo tra la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio - promotrice del percorso - l’Istituto di Studi Archeoantropologici, che mette in campo le proprie competenze specialistiche e nell’organizzazione delle attività e, ovviamente, l’azienda Banfi senza il cui contributo economico il progetto non sarebbe nemmeno partito, sta dando i suoi frutti. La possibilità di usufruire dell’Art Bonus è stato un ulteriore volano per far decollare il “cantiere” a Castello Banfi, con il laboratorio che non è solo una sfida scientifica ma anche un pezzo di storia da scoprire del territorio. Perché lo studio di “Brunella” documenta, di riflesso, anche l’ evoluzione dei posti dove viviamo.
Ma il merito dei protagonisti di questa storia è stato anche quello di coinvolgere il territorio. Questa mattina gli studenti del “Comprensivo” hanno infatti sommerso di domande il ricercatore Michelangelo Bisconti, collaboratore del San Diego Natural History Museum, che non si aspettava di certo tutta questa attenzione. Brave le insegnanti che hanno preparato gli alunni stimolandone la loro curiosità anche se, si sa, il feeling che c’è tra i giovanissimi e la scienza è ben solido. Ma se il teatro è stato il luogo dove si è parlato dell’evoluzione del progetto “Brunella” al mattino, poche ore più tardi a Castello Banfi l’architetto Anna Di Bene, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo, ha inaugurato ufficialmente l’iniziativa ‘Cantiere aperto’, con le prime due giornate di visite guidate gratuite previste per domani e domenica dalle ore 10 alle 12.30 e dalle ore 14.30 alle 17. Siamo andati a Poggio alle Mura per vedere a che punto siamo con il laboratorio. E subito abbiamo scoperto che ci sono state 800 visite nei mesi scorsi. “Brunella”, insomma, piace. “Brunella è stata trovata qui e qui vive - dice Anna Di Bene - la ricerca scientifica ha messo in moto una filiera culturale e sta stimolando il senso di appartenenza a un territorio. Non finirà con i lavori di restauro perché ci sarà un seguito, come la ricostruzione del fondale marino”. Jacopo Tabolli, funzionario archeologo di zona spiega come “il livello di conservazione è eccezionale. L’obiettivo è quello di riportare alla luce integralmente il reperto”. E le nuove tecniche tridimensionali possono dare una mano ad ottenere un risultato eccellente.
Michelangelo Bisconti conosce bene il panorama scientifico europeo, “questo è un caso raro non solo in Italia ma anche nel Vecchio Continente. L’anno prossimo vogliamo finire il laboratorio ma poi le iniziative resteranno qui: pensiamo a tante cose, progetti multimediali, coinvolgimento delle scuole ed altro ancora”. Abbiamo incontrato un team di lavoro affiatato e affidabile e soprattutto con una grande voglia di vincere questa scommessa. Già perché presto si lavorerà su altri reperti ancora rinchiusi nelle casse e in questo mestiere anche i dettagli possono fare la differenza. Giuseppe D’Amore, Roberta Scotton, Sylvia Di Marco, Renzo Bigazzi (insieme a Bisconti) sono dei professionisti validi. “Brunella” è nelle loro mani, ma già adesso hanno raggiunto una prima vittoria. Fate un giro nei prossimi giorni a Castello Banfi e osservate i lavori, chiedete e siate curiosi: ne varrà sicuramente la pena. E chissà che un progetto del genere, in Italia così poco diffusi al contrario che negli Usa, su cui Banfi ha deciso di scommettere non possa essere da esempio per altri. Sarebbe un altro centro.