“Uno sguardo al passato è sempre utile, qualsiasi cosa si faccia e, quando i temi sono l’agricoltura, il territorio, la produzione ed il paesaggio, allora, questo sguardo diventa addirittura indispensabile. Si può incorrere, a volte, nell’equivoco di pensare al paesaggio come ad un qualcosa di arrivato a noi naturalmente. Non è così: il paesaggio è la costruzione del lavoro dell’uomo e la lo studio della storia dell’agricoltura, dell’alimentazione e del modo in cui l’uomo ha costruito il paesaggio è un modo per comprendere che il paesaggio stesso è un’invenzione proprio dell’uomo e se vogliamo preservarlo dobbiamo mantenere e sviluppare quelle determinate attenzioni che hanno contribuito a creare un determinato spazio. Questo discorso vale per tutti i territori ma, in particolar modo, vale per luoghi come Montalcino che sul paesaggio e sul territorio costruisce e ha costruito la sua identità.
Costruire il futuro è sempre una sfida. Uno storico come me non può avere l’ambizione di dettare la linea per il futuro ma può fornire il contributo di una riflessione storica su quello che siamo stati, e come questo ha influenzato ciò che ora siamo.
Parlare di agricoltura passata nel XXI° secolo ha senso non per guardare indietro nostalgicamente ma serve per capire che questi spazi sono il frutto del lavoro di chi ci ha preceduto.
Stiamo vivendo una controtendenza: sono molti i giovani, infatti, che hanno scelto la campagna occupandosi di agricoltura e viticoltura e questo è molto importante perché, in un momento come quello che stiamo vivendo, significa che vale la pena puntare su questo settore.
L’insegnamento dello storico può essere quello di ribadire con forza che fare agricoltura non significa sfruttare l’onda di mercato o una moda, ma contribuire a costruire un paesaggio che rappresenta un investimento sul futuro. Quando parliamo di futuro, poi, parliamo di qualcosa che ci riguarda. La storia è qualcosa che si muove, e che continuerà a muoversi”.
Così, ai microfoni della MontalcinoNews, Massimo Montanari, professore ordinario del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università degli Studi di Bologna, ha spiegato l’importanza di guardare al passato per capire il presente e costruire il futuro dell’agricoltura.
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