Era il 29 maggio del 1985 e si giocava la finale di Coppa dei Campioni a Bruxelles, nello stadio Heysel. Disputavano la finale Juventus e Liverpool, le due squadre più forti d’Europa in quel momento. Prima della partita, nella curva dove erano stati sistemati, follemente, sia i tifosi della Juventus (per lo più famiglie, nessun ultrà) che quelli del Liverpool, si scatenò la violenza degli inglesi. Venne divelta la rete da pollaio, che pretendeva di dividere le due fazioni, e gli hooligans del Liverpool caricarono. I tifosi bianconeri arretrarono spaventati e la calca asfissiante iniziò a fare le prime vittime fra coloro che, caduti a terra, vennero schiacciati o non riuscirono a riemergere. La pressione della folla sul parapetto laterale della maledetta curva Z fece crollare il muretto, causando ulteriori vittime, ma dando anche sfogo. In pochi minuti, durante i quali le forze dell’ordine belga assistettero sostanzialmente inermi, morirono 39 persone.
“Proprio in quella maledetta curva eravamo anche noi - ricorda Alessandro Faneschi - Eravamo in cinque tifosi della Juve partiti da Montalcino per andare a vedere la finale: con me c’erano Giampiero Paccagnini, Massimo Machetti, Mauro Pieri e Alessandro Andreini. Io ero arrivato a Bruxelles in pullman, gli altri avevano viaggiato in aereo. Nel pullman insieme a me viaggiava anche Bruno Balli di Prato, una delle 39 vittime della strage ed anche Vincenzo Terzuoli di Buonconvento, che rimase ferito alla testa per aver ricevuto una sassata”. La partita si giocò lo stesso, per ragioni di ordine pubblico e per permettere alla polizia belga di organizzare il deflusso dei tifosi, potenzialmente ancora più pericoloso. La Juventus vinse 1 a 0, ma nessuno potè godere fino in fondo di quella vittoria. “Il ricordo è ancora vivo nonostante siano trascorsi 30 anni - conclude Faneschi - e, con la Juventus di nuovo in finale, le emozioni tornano inesorabilmente a galla”.
dati a cura di 3BMeteo
20 settembre 2024