È con lo Statuto cinquecentesco che a Montalcino si riesce ad ovviare al problema della conservazione di scritture comunali. Era accaduto spesso, infatti, che documenti utili non erano stati conservati, oppure si erano smarriti gli originali, o non era stato possibile consultare documenti archiviati in modo inopportuno. Questo stato di fatto aveva porvocato dei danni al Comune che non poteva esibire gli atti rogati per tutelare le proprie ragioni, con conseguenze anche sul piano economico. Attraverso, però il “nuovo” Statuto si provvede a risolvere il problema inserendo una interessante disposizione riguardo alla conservazione ed alla custodia dei libri e delle scritture del Comune. La norma spiega che si era reso necessario raccogliere i documenti in un libro chiamato “dei capitoli” o in un libro di cartapecora, perchè il Comune aveva sofferto i danni provocati dalla negligenza e dall’incuria di quegli ufficiali che non si erano preoccupati di tutelare gli interessi della città. Il capitolo descrive con precisione le modalità per la registrazione delle scritture, di cui doveva essere incaricato un notaio pubblico. Gli originali dovevano essere conservati con buona cura ed il loro contenuto doveva essere copiato nel Libro dei capitoli in modo che il Comune o chi ne avesse bisogno potessero usufruirne in caso di bisogno. La custodiadei volumi era affidata ad un notaio pubblico, ad un professionista. Egli era scelto all’interno del Consiglio Generale e riceveva questo incarico non per un periodo di tempo limitato - come accadeva per gli altri uffici comunali, che restavano in carica per alcuni mesi - ma per tutta la vita. Lo Statuto prevedeva che il libro e le altre scritture originali fossero custodite nella Cancelleria del Comune di Montalcino. Era vietato a chiunque consultarle: la visione era ammessa dietro licenza dei Priori ed esclusivamente alla presenza del custode-notaio. Si tratta di una serie di prescrizioni volte a garantire che il volume sfosse preservato alla consultazione indiscriminata ed ai conseguenti danneggiamenti.
Il codice legislativo regolava anche l’ipotesi in cui, per valersene, i rappresentanti del Comune avessero dovuto usufruire del testo. In questo caso il notaio, se era sufficiente, doveva farne una copia. Quando, invece, era necessario il trasporto a Siena delle carte originali, si attivava un procedimento articolato in più fasi. Inizialmente si doveva domandare una licenza ai Priori, che deliberavano sulla richiesta. In caso di esito favorevole, il cancelliere o il notaio dovevano registrare la deliberazione e “farne ricordo” in un libretto apposito, con indicazione dei dati utili, come la data, le generalità della persona a cui era consegnato l’originale, ed il motivo. Se gli originali non venivano restituiti al Custode, il detentore veniva “costretto e gravato” dagli ufficiali del Magnifico Capitano di Giustizia.
Al notaio veniva corrisposto dal Camerlengo del Comune un salario di trenta lire annue, mentre per il rilascio di copie ai particolari “sia soddisfatto di quello che ragionevolemente segli perverrà”. Infine gli Statutari si raccomandavano che il notaio si comportasse con buona diligenza nella custodia delle scritture. Un altro capitolo degli Statuti cinquecenteschi di Montalcino si occupava di sanzionare il comportamento di quel notaio che “maliziosamente o scientemente” avesse celato o negato una scrittura da lui stesso rogata alla persona a cui apparteneva. La sanzione era fissata in lire cento di denari, oltre a ciò, il notaio era tenuto ad emendare il danno provocato dall’occultamento delle scritture alla persona che le aveva richieste. Egli poteva liberarsi dal pagamento della sanzione solo dimostrando che la persona che domandava la scrittura non coincideva con la persona a cui il documento apparteneva.
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8 febbraio 2025 08:00