Finalmente, dopo il countdown della settimana scorsa, per scoprire le prime 10 posizioni, oggi è uscita, nella sua interezza, la “Top 100” di Wine Spectator, la classifica più attesa nel mondo enoico, ed è arrivata, per Montalcino ed il suo Brunello, una pesante doccia fredda. Se, infatti, l’Italia risulta ben rappresentata in classifica con 19 etichette su 100, 3 in più del 2013 - Toscana e Piemonte in testa con 8 e 5 etichette ed una buona rappresentanza di territori che, sul panorama internazionale sono ancora tutti da scoprire (dalla Sicilia alla Valtellina, passando per Puglia ed Abruzzo) -, il Re del Sangiovese non compare in nessuna delle posizioni.
Unica etichetta che porta in alto il nome di Montalcino è Luce della Vite 2011 Toscana by Marchesi de’ Frescobaldi che si piazza alla posizione 47.
Anche se non è la prima volta che il Brunello resta fuori dalla prestigiosa classifica - 1993, 1997, 2001 e 2008 - questa assenza deve, senza ombra di dubbio essere analizzata e per i produttori e per tutto il territorio, deve costituire un motivo di riflessione e considerazioni. Appurato il fatto che l’assenza di etichette di Montalcino in classifica è sempre concomitante con annate non del tutto eccezionali per il Sangiovese e per Montalcino, è da capire perchè a Wine Spectator si siano “dimenticati” di inserire il Brunello. La poca coesione tra produttori, una promozione scollegata e poco mirata, la vendita indiscriminata e a volte sottocosto, o la svalutazione di un prodotto che, nonostante l’ottima qualità e la cura con cui i vignaioli a Montalcino lo seguono in ogni sua fase, se non correttamente “curato”, corre il rischio di perdere i suoi primati e di conseguenza anche il nome che negli anni si è saputo conquistare nei mercati mondiali. Queste sono solo alcune ipotesi, ma una certezza c’è: promozione, valorizzazione, marketing, progettualità e ricerca, ma anche salvaguardia, qualità, tutela, etica, condivisione e comunione di intenti costituiscono la realtà su cui si fonda la forza e l’efficacia di un brand che vuole essere competitivo e vincente sui mercati mondiali o anche solo mantenere salda al vertice la propria leadership. Ogni singolo elemento è importante ed imprescindibile e se anche uno solo di questi viene meno, l’effetto potrebbe essere disastroso. Il binomio “Cultura & Economia” deve essere alla base di un lavoro che abbia come obiettivo “fare sistema”. Solo coinvolgendo tutte le realtà del territorio e lavorando attraverso iniziative di largo respiro Montalcino ed il suo Brunello possono aspirare a mantenere la leadership mondiale conquistata negli anni attraverso il lavoro di uomini e donne illuminati.
Focus - La storia dei vini italiani nella c”Top 100” di Wine Spectator
Quella dell’Italia nella “Top 100” di Wine Spectator è una storia fatta di alti (molti) e bassi (qualcuno), con un filo conduttore ben preciso, ossia il “duopolio” di Piemonte e Toscana, le Regioni che, in questi 26 anni, hanno dominato la chart. Nel complesso hanno fatto meglio i toscani, anche se il merito va diviso tra diversi terroir e tipologie: fino al 1995, quando esplose il Brunello (sull’onda di una delle migliori annate di sempre, la 1990), erano soprattutto i Chianti e gli Igt (poi diventati “Super Tuscan”) a “tirare la carretta”, anche se nel 1993 fu il Piemonte a surclassare (11 a 3) i vini toscani, grazie alla vendemmia 1989 dei Barolo, tanto che furono ben 8 le etichette premiate.
Quasi sempre sopra i dieci vini presenti nella “Top 100”, il Belpaese ha però dovuto fare i conti con annate a dir poco negative: la performance peggiore fu nel 1997, quando la corsa si fermò a quota 4 etichette, ma non andò troppo meglio nel 1996, quando i premiati furono solo 6, e neanche nel 1989 e nel 1998, quando entrarono in classifica solamente 8 etichette tricolore. Il record nel 2002, con 21 vini in classifica (di cui 7 Brunelli, proprio come nel 1995), ma anche il 2011 è stata una grande edizione della “Top 100”, con 20 vini, di cui, manco a dirlo, 4 Brunelli, 3 Baroli, 2 Chianti e 2 Barbareschi … Ad eccezione di qualche sparuta incursione franciacortina o veneta, fino al 2000 non c’è stato spazio per nessun altra Regione che non fosse Toscana e Piemonte. In quell’anno, invece, fece la propria prima apparizione il Sud Italia, con un vino campano ed uno siciliano, e da allora in avanti il pluralismo non ha più abbandonato la rappresentanza italiana nella “Top 100” di Wine Spectator.