Integrazione, melting pot e forza lavoro: a Montalcino ci sono

Un panorama di MontalcinoTempo di Vinitlay, la rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 6/9 aprile; www.vinitaly.com), ed il vino diviene il re incontrastato per tutti gli appassionati, gli esperti e gli operatori del settore. Ad animare la conversazione, oggi è il magico nettare, eccellenza Made in Italy che miete successi in tutto il mondo, prospera anche grazie al lavoro di migliaia di stranieri, in tutti i rami della sua produzione, produttori essi stessi, o occupati nel suo indotto: rappresentano una risorsa vitale per la sua economia. A dirlo, i numeri dell’inchiesta “Versa il melting pot nel bicchiere” di www.winenews.it, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere. Nei Comuni-campione dell’indagine, tra i più importanti e famosi dell’Italia del vino, tra questi non poteva certo mancare il territorio di Montalcino e del Brunello, gli stranieri arrivano spesso a costituire il 10% della popolazione totale (con punte anche del 14%), dato più alto della media italiana, in cui l’incidenza percentuale degli stranieri sulla popolazione complessiva si attesta al 7,4% (rilevazione Istat al 1 gennaio 2013).
La presenza degli stranieri nei Comuni dell’Italia del vino è fotografata da una percentuale che registra come nei principali distretti del vino italiano vivono persone provenienti da tutti i Continenti, che hanno deciso di trasferirvi vite, affetti, costumi ed abitudini, per lavorare in tutte le professioni, tra chi lavora in vigna, chi fa il manager, la segretaria, il responsabile commerciale, l’enologo, e, naturalmente chi fa il vigneron, perché ha deciso di investire nel vino, accanto a chi, altro grande bacino di occupazione per i lavoratori che arrivano da oltre confine, lavora nel turismo, dai ristoranti agli alberghi, dalle enoteche ai negozi. In un settore, come quello del vino, che conta in Italia 380.000 imprese vitivinicole produttrici (il 23% della filiera agricola) e impiega 1,2 milioni di persone con l’indotto primario per una produzione che supera il milione di etichette (elaborazione dati Servizio stampa Veronafiere/Vinitaly) e un fatturato annuo di 12 miliardi di euro (dati Agrinsieme), la presenza degli stranieri è fondamentale. E si fa sentire: analizzando la presenza straniera in oltre 50 tra i più importanti Comuni dell’Italia del vino, campione dell’inchiesta WineNews si scopre una percentuale molto spesso superiore al 7,4% di incidenza degli stranieri sulla popolazione italiana (rilevazione Istat al 1 gennaio 2013). Una percentuale che arriva anche fino al doppio (14%), in Toscana, tra i vigneti di Brunello a Montalcino e di Morellino a Scansano, tra i filari dei vini trentini a San Michele all’Adige, ed altoatesini a Bolzano, e nella “patria” del Lambrusco a Modena; che si assesta intorno al 12%, da Barolo a Barbaresco a Guarene, in un’altra importante regione del vino italiano come il Piemonte, ma anche in Friuli, a Casarza della Delizia e, ancora in Toscana, a Suvereto; passando per il 10%, in media, che si registra in Comuni come Castelvetro di Modena, i trentini Lavis e Mezzocorona, a Jesi, dove nasce il Verdicchio marchigiano, e a Valdobbiadene, cuore del Prosecco, a Manzano nei Colli Orientali del Friuli e a La Spezia nelle Cinque Terre; che va dall’8 al 9%, in grandi terroir come Bolgheri, a Castagneto Carducci, nel Chianti Classico a San Casciano in Val di Pesa, e del Sagrantino a Montefalco, passando per quelli del Nobile a Montepulciano, della Vernaccia a San Gimignano, in Valtellina a Sondrio e delle bollicine di Franciacorta ad Erbusco, ma anche a Bardolino ed Orvieto, Morro d’Alba e ad Aosta, fino ad Appiano sulla Strada del Vino ancora in Alto Adige; una percentuale che, infine, è di poco superiore alla media nazionale in Veneto, tra i vigneti dell’Amarone della Valpolicella a Negrar e del Soave a Soave, e, nelle Marche, ad Offida, dove nasce il Rosso Piceno.
E Montalcino, oltre a rappresentare uno dei territori del vino più famosi e apprezzati in Italia e nel mondo, è esempio di accoglienza e integrazione razziale, a tutti i livelli. Un piccolo melting pot che in questa comunità di poco più di 5.000 abitanti sembra funzionare perfettamente: mai un problema di ordine pubblico, mai un episodio di criminalità, mai una tensione. Qui vige la cultura della legalità, gli immigrati sono tutti regolari e tutelati da veri contratti di lavoro. I protestanti vivono gomito a gomito con i musulmani, i cattolici con gli ortodossi, e le vie del paese sono una babele di lingue diverse. Per non parlare delle scuole, in cui studiano insieme bambini di molteplici etnie.

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