“Le origini di un vitigno sono tanto più lontane nel tempo e misteriose, quanto più numerosi sono i suoi sinonimi. Pochi vitigni hanno tanti sinonimi, corretti o errati, quanti il Sangiovese”, così Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura al mondo, introduce “Il romanzo del Sangiovese”, ultimo lavoro dello scrittore toscano Andrea Zanfi, un volume multimediale e interattivo che racconta la storia, la fortuna e le “disgrazie” dello storico vitigno caro a Montalcino ed alla Toscana intera - “il trasformista per eccellenza che si veste da Morellino, Monteregio, Montecucco, Brunello, Nobile, Chianti e anche da Romagnolo, l’immagine del vino rosso italiano, il vino per eccellenza”, come si definisce lo stesso Sangiovese in “prima persona” (questa la particolarità del romanzo) - intrecciando più linguaggi comunicativi, dalla scrittura al cinema, dalla fotografia alla rete (www.leterredelsangiovese.com) ai Qr-code, dedicato al “Dottore” del Brunello Franco Biondi Santi, scomparso l’aprile scorso.
Protagonista assoluto del suo romanzo (edito da Salvietti e Barabuffi Editore, 304 pagine, € 50,00), il Sangiovese “umanizzato” diventa personaggio - che in realtà è lo scrittore - e in viaggio tra i molteplici terroir, si racconta, racconta la sua vita, i luoghi di nascita, gli incontri ed i territori del suo peregrinare, “svelando anche qualche scomoda verità sul suo passato e sul suo presente”, e dialoga con coloro che lo coltivano e lo conoscono da vicino, tra aneddoti ed episodi particolari, tra la Toscana e l’Emilia Romagna, dalla Maremma a Montalcino, da Montepulciano al Chianti, fino a raggiungere la Romagna. Tra i produttori di 65 aziende, non potevano mancare certo le cantine di Montalcino: ci sono, infatti, Tenuta Col D’Orcia e Banfi, Poggio di Sotto e la Tenuta Greppo Biondi Santi, Il Marroneto con Borgo Scopeto e Caparzo, Siro Pacenti e Val di Suga-Tenimenti Angelini solo per citarne alcune.
Focus - “Il romanzo del Sangiovese” è dedicato a Franco Biondi Santi, che così racconta il suo rapporto con “il” Sangiovese: “Ad maiora …”
“Una giornalista americana scrisse, qualche anno addietro, che considero il Brunello come mio fratello. Devo dire che quell’affermazione non mi dispiacque perché è veritiera, basandosi proprio sul fatto che vivo a suo stretto contatto fin dal 1922, dall’anno in cui nacqui, quando mio padre, straordinario tecnico agrario, comprò da Gontrano, suo fratello, l’altra metà dell’attuale azienda di famiglia, il Greppo, dopo averla ereditata solo in parte alla morte del nonno Ferruccio. Per 45 anni dedicò la sua vita al Sangiovese ed è facile, quindi, comprendere come io abbia usufruito del suo sapere e respirato vino, calpestato zolle e camminato fra queste viti, imparando a riconoscere quale sia l’uva adatta per realizzare un grande Sangiovese.
Così si è venuto a costruire un rapporto familiare con questo vitigno, verso il quale nutro rispetto e assoluta riconoscenza, inculcatami da chi mi ha preceduto e ha tracciato quella via, pura e originale, che ancora oggi è il caposaldo della filosofia produttiva con cui s’identifica il pensiero dei padri fondatori di questo areale vitivinicolo, unico al mondo. Ma concomitanze di eventi e una maggiore insipienza, più che una vera e propria erudizione verso il Sangiovese, ha trasformato questo areale, seminando nei numerosi produttori una spasmodica frenesia commerciale sempre più arrogante e poco incline al rispetto delle regole, fino al punto di voler modificare ciò che lo Stato italiano avevo codificato in un disciplinare di produzione basato proprio sulla tecnologia di cantina sperimentata e collaudata da mio padre per oltre quarant’anni” (http://www.ilsangiovese.com/it/aziende/biondi-santi).