Massimo Losappio e Montalcino, riflessioni sul territorio

Massimo LosappioÈ Marsilio Ficino, filosofo della metà del Quattrocento e massimo rappresentante dell’Umanesimo fiorentino, che ci guida nelle varie fasi del convegno su Massimo Losappio - che si è svolto venerdì 16 marzo, negli affascinanti locali della Fortezza - e che ci aiuta a capire il legame tra uomo e terra. Proprio quel legame che ha caratterizzato ogni aspetto della vita del chirurgo, e vignaiolo,  tanto caro a tutta la comunità di Montalcino.  “L’anima … è tale da cogliere le cose superiori senza trascurare le inferiori… per istinto naturale, sale in alto e scende in basso. E quando sale, non lascia ciò che sta in basso e quando scende, non abbandona le cose sublimi”. Ed era proprio questa l’anima di Massimo, che, nonostante svolgesse una professione tra le più nobili, amava la terra alla quale si dedicò instancabilmente e con la stessa forza e passione con cui si dedicava alla chirurgia. Massimo Losappio, da vero e proprio chirurgo di frontiera, come è stato definito, affrontava qualsiasi caso clinico gli si presentasse, con uno stile del tutto particolare: instaurando un rapporto profondamente umano con i propri pazienti, e di sostegno, che andava oltre il mero livello professionale. E Montalcino, come ha ricordato la signora Francesca Colombini Cinelli, ebbe un ruolo fondamentale nella vita e nella carriera di Massimo Losappio, fiorentino di nascita, ma adottato e amato da Montalcino e dalla sua comunità. È la città, infatti, che stimola intellettualmente il chirurgo, e diffonde in lui un amore sviscerato per questo territorio, tanto che, ammalatosi di una sorta di mal d’Africa, non solo si trasferisce a Montalcino, ma si lega profondamente a questo territorio, tanto da iniziare anche a produrre vino. “Esistono concetti fondamentali che - ha sottolineato il giornalista Carlo Cambi - devono guidare coloro che operano su un territorio vinicolo come Montalcino: il buon senso e la consapevolezza che l’unione fa la forza, e Massimo Losappio è stato esempio e promotore di questa filosofia”. Purtroppo, però, come ha evidenziato Ilio Raffaelli, storico sindaco di Montalcino e amico di Losappio, lo spirito e l’animo dei cittadini di Montalcino è un po’ cambiato: da abili combattenti che si univano per contrastare qualsiasi tipo di assedio, a individui stanchi di resistere e fare squadra. L’incontro, che si è svolto proprio all’interno della Fortezza, simbolo di forza e appartenenza, è sembrato essere quasi un’allegoria che ha fatto eco a quanti, durante la presentazione di Massimo Brunello 2006 di Villa Le Prata, hanno voluto ricordare Massimo Losappio, attraverso un messaggio di appartenenza al territorio e, soprattutto, di unità e senso comune. “Vino è fatica, anche intellettuale, sudore e contatto diretto con la terra, con la sua storia e Massimo – ha concluso Carlo Cambi - rappresentava intimamente questo senso di appartenenza, trasformandosi da straniero a vero e proprio “vessillifero” di Montalcino”.

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