I venti di guerra commerciale tra Stati Uniti ed Unione Europea destano preoccupazione e incertezza per i produttori di vitivinicoli d’Italia, e quindi anche per quelli del territorio del Brunello. Però, gli eventuali dazi al 200% su vino e alcolici, minacciati da Trump nel caso in cui i Paesi europei non facciano un passo indietro rispetto a quelli sul del 50% sul whiskey americano, annunciati a loro volta in risposta ai dazi sull’acciaio e l’alluminio promessi da Washington, non piacciono nemmeno oltreoceano, dove i vini europei, e italiani in particolare, sono sempre molto apprezzati, e vengono visti come un pericolo anche dagli importatori a stelle e strisce. Infatti, se le aziende europee temono ingenti perdite, anche sul mercato americano potrebbero esserci dei grossi contraccolpi.
“Può essere un problema per molti, specialmente per i piccoli importatori. I grossi importatori che formano conglomerati sono in qualche modo più tutelati anche se certo puoi fare scorte fino a un certo punto. Ma l’idea che questo possa aiutare i produttori di vino americani è sbagliata”. A dirlo è Hank Zona, esperto di vino e organizzatore di eventi con la sua società The Grapes Unwrapped basata in New Jersey, al Corriere della Sera, che fatto un sondaggio tra i commercianti di Brooklyn per capire qual è l’aria che tira negli Usa. “Un dazio del 200% - prosegue Zona - non aiuta l’America perché non ha la produzione per sostituire il nostro prodotto. Possono vendere qualche bottiglia in più dell’Oregon, ma per lo più sostituisci nazione con nazione. Sui bianchi fai entrare la Nuova Zelanda o il Cile, sui rossi l’Argentina. Ma non c’è un vantaggio reale per l’economia americana mentre a noi fa un grosso danno”.
Un tema importante, però, è che nessuno ancora può prevedere quale sarà l’entità del dazio. “Se mettono un dazio reale del 50% - spiega Maurizio Muzzetta, presidente di Fiere Italiane che organizza Vinitaly negli Stati Uniti -, soffriremo tutti: c’è chi si è organizzato facendo scorte e chi no, ma in qualche modo sopravvivremo tutti. Se mettono davvero un dazio al 200%, è chiaro che tutti quelli che lavorano con quel prodotto saltano in aria perché il mercato non l’assorbe. Non è pensabile, tranne che per qualche prodotto particolare. Il Prosecco, il Moscato, il Pinot Grigio non possono reggere a un dazio al 200%, perché ci sono i prodotti concorrenti di altre nazioni che non vengono tassate e che sono in grado di offrire prodotti similari a un prezzo che a quel punto che è la metà del nostro. Chiaramente per prodotti come il Barolo o come l’Etna che sono particolari e di nicchia, perderemo fette di mercato ma non vengono sostituiti. Noi italiani rispetto agli altri abbiamo una rete distributiva nella ristorazione molto forte, e costituiamo il 20% di tutta la ristorazione americana, quindi probabilmente riusciremo a tenere delle fasce di mercato”.