“Le nostre tradizioni più forti sono quelle che hanno le radici più solide e talvolta pure complesse. Quando si pensa al presepe della Natività viene quasi automatico tornare alla tradizione dei grandi presepi napoletani del XVIII secolo che hanno visto un moltiplicarsi infinito di personaggi e di folklore attorno alla grotta”. Così il grande e compianto storico dell’arte Philippe Daverio ha raccontato, qualche anno fa, sul quotidiano “Avvenire”, le origini del presepe, un “teatro umano e divino” che, insieme all’albero, e forse anche di più, è la tradizione più consolidata legata al Natale e, quindi, alla nascita del bambino Gesù. A Montalcino in questi giorni, la rappresentazione della Natività si può ammirare in tantissimi santuari del territorio, da Sant’Agostino a Sant’Egidio, dalla Madonna del Soccorso alla Concattedrale, fino a Restituire Affacci, dove sono esposti i presepi di tutto il mondo di proprietà di Elisabetta Palmi.
“Si tratta - scrive ancora Daverio - d’un auspicio didattico realizzato dalle abili mani degli artisti e delle dame di corte che s’impegnavano con sommo divertimento ad organizzare il complesso teatro plastico. Il che riporta il presepe stesso alla invenzione teatrale vera e propria di san Francesco, quando prese la gente comune di Greccio vicino a Rieti e la coinvolse in una recita che celebrava la notte di Betlemme. Correva l’anno 1223 e papa Onorio III aveva autorizzato l’evento. È sempre bene ricordare che Francesco era per metà francese meridionale occitano (donde il suo nome!) e come tale educato nella cultura fine della prima poesia cortese. Dava egli rilievo ad una tradizione già ben ancorata che trova i suoi primi esempi in alcune sculture oggi conservate nel Museo Bizantino e Cristiano di Atene, fra le quali si scorge un buon pastore di derivazione apollinea, con pecorella a tracolla, e una rappresentazione d’una greppia con bue e asinello, ma senza i personaggi della Madonna e di Giuseppe”.
“È nel mescolare questa tradizione d’oriente - spiega Daverio -, a Roma che nacque il presepe vero e proprio, ivi compresa la parola che deriva dal latino prae saepes, cioè il luogo dinnanzi al recinto dove si tenevano le greggi. Nella tradizione pagana romana si celebrava una festa di famiglia, sin dalla più profonda antichità, quando i bimbi lucidavano le statuette dei lares familiares, gli antenati protettori, per porle in una nicchia domestica dove venivano addobbate con decori di natura, fra i quali potevano apparire anche altri personaggi confezionati appositamente e illuminati da piccoli lumi ad olio. In quell’occasione ci si scambiavano piccoli doni. La festa di chiamava sigillaria e avveniva circa il 20 dicembre. La genialità della prima cristianità, finalmente ammessa dall’impero, fu esattamente quella di sovrapporre alle tradizioni passate la nuova tradizione nascente. In questo senso saranno poi esemplari i dipinti del Rinascimento quattrocentesco, quando andranno a raffigurare la Sacra Famiglia sotto le rovine degli archi romani antichi. Nel frattempo le recite di Francesco avevano preso la piega fantasiosa del Medioevo finale e la Controriforma si trovò nell’obbligo di ridare alla celebrazione una forma più contenuta. Francesco Brandani prende la palla al balzo e realizza immediatamente il teatro scultoreo d’un presepe ad Urbino, semplice e povero, in stucco, dove i personaggi sono quasi in grandezza naturale”.