“Ho sempre ritenuto che la difesa dei piccoli comuni non è l’angolo dei buoni sentimenti, ma sia una scommessa centrale per l’Italia”. Così Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e attento osservatore delle dinamiche del made in Italy, in una lunga intervista a WineNews.it sui temi dell’enoturismo, dell’overtourism e del mantenimento del senso di comunità all’interno dei piccoli borghi. Tutti argomenti sempre più cruciali per Montalcino, il mondo del vino e l’Italia in generale.
“Se Kamala Harris va a cena con Barack Obama e ordina un vino italiano - afferma Realacci -, lo fa perché pensa all’Italia e pensa all’intreccio tra storia cultura, natura, tradizioni e borghi. Il nostro paese deve collegare la sua capacità economica e il vino è un ambasciatore formidabile, ma per farlo serve la tenuta delle comunità. Se vogliamo un futuro turistico per queste zone bisogna avere sevizi che accompagnano la vita dei cittadini e degli abitanti, servizi sanitari e scolastici. Questa prospettiva deve essere attraente per i giovani. Un futuro che è più forte perché ha radici nella parte migliore del nostro passato”.
Ormai si assiste sempre di più al fenomeno dello spopolamento dei piccoli centri in favore degli affitti brevi. “Non bisogna lavorare solo sul terreno delle regole, anche se è necessario pure quello - spiega Realacci -. Quando i centri si spopolano, perché diventa più conveniente creare appartamenti per bed & breakfast, alla lunga si indebolisce anche la capacità di un territorio di esprimere emozioni e suggestioni, che sono motivi per cui la gente viene in Italia. Bisogna essere rigorosi nel considerare una priorità il mantenimento della residenza e delle attività produttive nei centri. Questo vale ancora di più nei piccoli centri”.
I piccoli centri si trovano a dover fronteggiare l’overtourism. “La capacità di affrontare questo fenomeno - prosegue Realacci - è legata al fatto al di proporre forme diverse di turismo che si reggono non solo su riprodurre ovunque le stesse caratteristiche di servizi dei Caraibi, ma sull’incrociarsi con la cultura produttiva dei paesi e del nostro Paese in particolare. La risposta è un di più di identità produttiva italiana che sposa anche le nuove tecnologie”.
C’è poi il problema della standardizzazione economica. “E’ un pericolo, però la risposta è legata alla crescita a una cultura dell’orgoglio - spiega Realacci -. Percepire l’esistenza dei prodotti del territorio come una scommessa sul futuro. Il vino per me è la metafora dell’Italia. Non è che i vini australiani non sono buoni, ma l’evocazione dei vini italiani ha a che fare con quei territori che sono percepiti come vivi”.