Visione e futuro: il messaggio che ci arriva da Ezio Rivella

La tavola rotonda dedicata ad Ezio Rivella“Ezio Rivella è stato un maestro, una leggenda per tutto il mondo del vino e del territorio di Montalcino. Insieme a mio padre John ha avuto sempre la visione, sin dagli anni Settanta. Cosa può esistere? Come può essere questo posto? Quando il territorio non era sviluppato, loro sognavano un luogo circondato dai castelli, con hotel, vigneti ovunque… Sognavano ed è stato incredibile, perché insieme erano come fratelli e sono stati capaci di creare qualcosa che non era mai esistito prima. Erano davvero dei visionari. Mi piacerebbe che oggi Rivella fosse con noi per dirci cosa vede da qui a dieci anni, cosa prevede per il futuro. Sono sicura che ci riuscirebbe, perché lui guardava sempre avanti. È stato come un secondo padre per me, pieno di amore, di attenzione. Ha davvero dato la vita per questo bellissimo territorio. Senza di lui non saremmo dove siamo oggi. Ringrazio lui, la sua famiglia e tutto il territorio di Montalcino”. Con queste parole, a MontalcinoNews, la proprietaria di Banfi Cristina Mariani-May ha ricordato il Cavalier Ezio Rivella, primo enologo-manager del vino italiano, tra i “padri” dell’enologia moderna e uno degli artefici dell’epopea Banfi, l’azienda leader del Brunello di Montalcino che ieri pomeriggio gli ha reso omaggio con una tavola rotonda al Teatro degli Astrusi, dal titolo “Ezio Rivella, Maestro di Futuro - Enologia, Mercato, Organizzazione”, e moderata dal caporedattore del Corriere della Sera Luciano Ferraro, al termine della quale la figlia del Cavaliere ha ricevuto in dono, direttamente sul palco, una bottiglia di Brunello di Montalcino.

La figlia di Ezio Rivella riceve la bottiglia di Brunello “Se fossi il sindaco di Montalcino non perderei un attimo a intitolargli una via o una piazza, come lui ce ne sono pochissimi altri nella storia di Montalcino - sottolinea Alberto Mattiacci, esperto di comunicazione e impresa, docente dell’Università La Sapienza di Roma e direttore di Sanguis Jovis, l’Alta Scuola del Sangiovese della Fondazione Banfi - a questo territorio ha dato più di quanto non gli venga riconosciuto, è il minimo sindacale intitolargli qualcosa, sarebbe un atto di generosità e di restituzione. Bisogna dargli l’eternità che merita, perchè se Montalcino è Montalcino il merito è anche di Ezio Rivella”. “Ho avuto l’onore di diventare amico del Cavaliere, ha usato lui stesso questa parola, in un’avventura che abbiamo fatto insieme - prosegue Mattiacci - l’ho invitato a mettere in forma di libro la sua storia, che a me sembrava straordinaria. Abbiamo passato tanto tempo insieme, il ricordo che mi porto di quella discussione è di una persona non giovane di età ma giovanissima nel pensiero. Mi ha insegnato che bisogna essere avanti con il pensiero rispetto alla realtà in cui si vive. È difficile incasellarlo in un unico ruolo, come tutti i grandi. Nel corso della sua carriera di manager è stato avanti moltissimo rispetto ai suoi tempi. Diceva che aveva studiato come enologo ma lui si considerava tutt’altro. L’insegnamento è che bisogna avere una solida base culturale e tecnica di partenza, ma dev’essere solo una base. Nei tempi che abbiamo di fronte, i progetti ambiziosi devono essere tante cose insieme. Era consapevole di essere avanti e sapeva che questo gli avrebbe creato molti problemi, perché generava resistenze in chi si rendeva conto di essere inadeguato”.

“Rivella lo vorrei mettere in relazione ad altre due persone - afferma Alessandro Regoli, direttore di WineNews -, mai da dimenticare, come Franco Biondi Santi e come Francesca Colombini Cinelli. Senza queste persone questo territorio non sarebbe esistito. Li chiamo il Cavaliere, il Dottore e la Signora, sono tre figure mitologiche. Nella nostra precedente vita noi di WineNews abbiamo collaborato con tutti e tre. Avevano visioni diverse ma la pensavano allo stessomodo sul bene del territorio, con collaborazione e sinergia, non con invidia e gelosia”.

La tavola rotonda dedicata ad Ezio Rivella“Senza il Cavaliere non sarei qui ora - esordisce Rodolfo Maralli, presidente di Banfi srl e della Fondazione Banfi - sono entrato in azienda nell’ottobre 1994, passai in vacanza e lasciai il curriculum. Il caso vuole che il giorno dopo l’allora direttore marketing dà le dimissioni e il Cavaliere vede il curriculum sulla scrivania e mi chiama. Non sapevo quanto fosse importante, ma dal colloquio capii lo spessore del personaggio. Non avendo una cultura vinicola, decisi di prendere io la palla. Liedholm (allenatore di Milan e Roma, tra le altre, ndr) diceva “se la palla ce l’abbiamo noi non ce l’hanno gli avversari”. Quindi feci in questo modo. A lui piaceva la mia verve, voleva qualcuno che portasse la comunicazione ad alti livelli. Mi aspettavo una figura tecnica: un grande enologo presidente dell’associazione mondiale degli enologi per nove anni consecutivi, uomo del Comitato Vini Doc italiani, uomo della politica e delle istituzioni. Ma in realtà era un uomo attentissimo alla comunicazione. Leggeva tutte le circolari che facevo e con la sua penna rossa mi portava delle osservazioni. Mai delle critiche, ma delle osservazioni per migliorare. Diceva sempre che costruire il successo di un’azienda è difficilissimo mentre è facilissimo perderlo, quindi va alimentato. La Fondazione Banfi nasce anche con questa finalità. Il vino bisogna raccontarlo, bisogna crearci una cultura vera e diffonderla. Questo era il suo messaggio. Era un enologo moderno, un enologo manager. Al suo funerale, a gennaio, Riccardo Cotarella ha detto: “non sarei stato qui senza Rivella”. Perché Rivella ha sdoganato il ruolo dell’enologo”.

La tavola rotonda dedicata ad Ezio Rivella“Ezio Rivella mi chiamò nei primissimi anni Ottanta per fare nuovi impianti. Per me è stata una delle più grandi esperienze personali del mio campo. Ho dovuto sperimentare tanto e facemmo anche degli errori, perché non conoscevamo molto bene i terreni. Ma lui era un uomo ottimista, diceva che gli errori sono determinanti per evitare di farne altri più gravi - ricorda Attilio Scienza, docente di viticoltura all’Università di Milano, presidente di Sanguis Jovis e tra i massimi esperti del settore - la sua presenza fu anche importante quando divenne presidente dell’Assoenologi. Aveva una grande capacità visionaria, sapeva guardare lontano e trasportalo nella realtà. Ti sapeva dire cosa sarebbe successo nel giro di cinque anni sul mercato americano e asiatico, ma aveva gli strumenti per dire: “dobbiamo partire adesso con qualcosa”. Questa era la sua grande forza. È stata una grande lezione, perché ho capito che serve la teoria, ma serva anche molta pratica”.

Cristina Mariani May, alla guida di Banfi, assieme ad Elizabeth Koenig“È stato un grande personaggio, non solo un grande enologo ma anche un grande manager, che ha precorso i tempi. Ha realizzato, col finanziamento della famiglia Mariani, questo importante progetto che ha dato aiuto e lustro ai produttori di Montalcino. Se siamo dove siamo una parte del merito è anche suo - dichiara Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello - non sempre i grandi personaggi vengono capiti in patria, e va detto che aveva anche un carattere che non aiutava. Ha dato tanto, forse non è stato capito bene e mi dispiace. Però i fatti gli hanno dato ragione, ha dimostrato di essere un grande uomo. Tutti vorrebbero nelle aziende un grande manager come lui, a tutto tondo”.

“I primi ricordi che mi legano al Cavaliere risalgono agli anni Novanta, quando ero presidente del Consorzio del Rosso di Montalcino - sottolinea Giancarlo Pacenti, alla guida della cantina di Brunello Siro Pacenti - avevamo visioni diverse del mondo del vino ma è stata un’esperienza estremamente interessante. Rivella era un uomo di grande levatura, chiaro, preciso, schietto, diceva le cose in maniera diretta, senza girare mai intorno agli argomenti e questo l’ho apprezzato tantissimo. Poi ci siamo rincontrati, quando aveva lasciato Banfi ed era diventato presidente del Consorzio del Brunello, mentre io ero il vicepresidente. Abbiamo collaborato, ho imparato tantissimo. La più grande eredità che ci ha lasciato, a mio avviso, è come tenere in piedi un’azienda. Qualunque sia l’impostazione dell’azienda, se dedita ai grandi numeri o più attenta alla qualità, c’è sempre bisogno di un’organizzazione estremamente precisa e coerente. Montalcino probabilmente è andato in una direzione che non era esattamente quella immaginata da Rivella. Per come l’ho conosciuto, aveva idea abbastanza nette e anche abbastanza diverse da quello che poi è stato lo sviluppo degli ultimi vent’anni. Avrebbe impostato le cose in maniera diversa”.

La tavola rotonda dedicata ad Ezio Rivella“Non ho avuto modo di lavorare con il Cavaliere, ma la sua presenza ha creato un alone di innovazione e di potenza di Banfi sul piano della ricerca, della capacità di saper stare sul territorio, facendo da capofila, condividendo tanto con altre aziende - dice Gabriele Gorelli, primo Master of Wine italiano - il rapporto personale è nato molto tardi. Dopo la mia prima intervista a WineNews, quindi nei primissimi mesi del 2021, dopo che sono diventato Master of Wine, mi aveva mandato una mail estremamente energetica, di complimenti. Mi aveva messo in guardia da alcuni comportamenti che il mondo del vino italiano ha con chi ha successo. È nata una bella relazione, che ho sfruttato per poter costruire il racconto del Tempio del Brunello. Quello che posso dire di lui, in tempi più recenti, è che era un uomo pragmatico, di metodo. Con obiettivi che non erano scritti nella pietra, ma potevano cambiare adattandoli ai tempi. Quindi una caratteristica che assocerei al futuro. Un’altra sua caratteristica necessaria per affrontare il domani è proprio quella di essere uomini di relazione e in questo senso serve la multidisciplinarietà che ti fa avere argomenti di fronte a persone che non sono del tuo ambito. Sarebbe stato troppo facile avere competenze meramente verticali, cioè conoscere il vino ma non avere grandi capacità di unire i puntini frequentando altre persone. Ha dato veramente un esempio e ha stabilito di far crescere e nascere un’azienda per farla essere globale”.

La tavola rotonda dedicata ad Ezio Rivella“È difficile parlare dopo una platea così qualificata di accademici e di tecnici - dice Elizabeth Koenig, vicepresidente di Banfi srl - Ezio Rivella diceva sempre che la vita è come un teatro, e aveva il dono della sintesi. Ci ha lasciato tutta una serie di massime: “Patti chiari e amicizia lunga”, “Cosa fatta capo ha”, “Il buongiorno si vede dal mattino”. Un collega recentemente ha aggiunto anche “l’importante è esagerare”. Era un uomo con una comunicazione sempre diretta e sostenuta, un sì era sempre un sì e un no era sempre un no”.

Focus: gli interventi alla tavola rotonda dal titolo “Ezio Rivella, Maestro di Futuro - Enologia, Mercato, Organizzazione”

Rodofo Maralli

“Il valore del ricordo per noi di Banfi è importante. Si possono avere opinioni diverse, ma il suo ruolo è indubbio. Quello che ha fatto per il territorio è patrimonio di tutti. Ogni volta che stappo una bottiglia di Brunello sento quello che ha fatto Rivella. E’ stato il primo enologo manager, moderno, ha portato la comunicazione nel mondo del vino. Da lui fui assunto nell’ottobre 1994, ero intimorito perché era già lui, era già Ezio Rivella. Sapevo poco di vino, ma volevo il posto di direttore marketing di Banfi. Mi faceva domande, gli dissi che ne sapevo poco e mi rispose che era meglio così. Oggi abbiamo anche gli studenti della Sanguis Jovis Summer school. Quando la creammo Rivella mi chiamò per dirmi che era una bella idea. Ripeteva sempre dei mantra, costruire e un brand è difficilissimo, perdere il successo è facilissimo. Il Brunello oggi è uno dei più importanti al mondo. Sarà sempre così se sapremo alimentare questa fiamma”.

Alessandro Regoli

“E’ stato uno dei padri della moderna enologia, una figura nata grazie a lui tra i personaggi più in vista del panorama vitivinicolo. E’ stato Cavaliere della Repubblica, nominato da Sandro Pertini. Più di ogni altro ha traghettato il vino italiano da bevanda ordinaria fino a massima espressione di territorialità. Operò ovunque: è stato la guida di Assoenologi; è stato alla guida delle migliori imprese italiane con Associazione Italiana Vini; è stato anche a capo del Comitato Nazionale Vini. Suggeriva disciplinari di produzione accurati e allo stesso tempo progettava cantine moderne. Negli anni Settanta diede il via all’impero Banfi insieme alla famiglia (prima italiana e poi americana) Mariani, avviando il Brunello verso il mercato americano. Un antesignano, un autentico maestro del vino”.

Attilio Scienza

“Ho incontrato il cavaliere nei primi anni Ottanta. L’azienda aveva assunto in quegli anni una prospettiva diversa rispetto a quella che ha adesso. Mi chiamò e mi disse che gli dovevo dare una mano per dei vigneti nuovi. Il primo problema che affrontammo fu la modesta conoscenza dei suoli e purtroppo nella lavorazione dimenticammo l’aspetto della salinità. C’erano delle grandi macchie in cui non si sviluppava la vite, facemmo di tutto per risolvere il problema, fu un’esperienza agronomica colossale. Rivella affrontava le situazioni in modo incredibile, se c’era un problema lo voleva risolvere subito. Cominciava ad affermarsi il Sangiovese e lo cominciammo a piantare, ma nessuno lo aveva sviluppato. Lui finanziò tutto, compresi vitto e alloggio, e per noi giovani ricercatori fu meraviglioso”.

Giancarlo Pacenti

“Quando ho conosciuto Rivella, Banfi era già un’azienda collaudata. Aveva già un taglio di perfetta organizzazione e le polemiche erano già passate. Banfi aveva spostato il suo progetto e si vedeva una Montalcino che stava crescendo in maniera rapida e forte, la crescita di un territorio di questo tipo è più unica che rara. L’arrivo di Banfi stava dando dei risultati positivi, a questo si è sommata la spinta di produttori locali, la mia generazione, che da quella spinta aveva l’idea di portare il Sangiovese ai massimi livelli nel mondo. Il traino di Banfi è stato determinante per la presenza sul mercato. Allo stesso modo altre 25 aziende hanno compreso bene qual era il percorso e hanno dato un’ulteriore spinta al percorso”.

Fabrizio Bindocci

“Effettivamente il cavalier Rivella sapeva essere anche abbastanza antipatico. Fa parte del gioco, non tutti possono avere la stessa idea. Il binomio Mariani-Rivella fu vincente, Mariani metteva i soldi e Rivella le intuizioni geniali. Un grande personaggio che aveva alle spalle una famiglia importante. Questo ha consentito di aprire il mercato americano. Il suo progetto prevedeva non solo nuove vigne e i cambiamenti, ma anche cantine e tecnologie, per buona parte delle nostre aziende era qualcosa di innovativo. Montalcino è andata avanti ed è cresciuta grazie a lui. Aveva la capacità di vedere lontano, era lungimirante, frutto dei suoi studi. Sono uno che ha veramente apprezzato il suo modo di essere, era una persona brusca ma aveva i piedi piantati per terra. Quando parlava aveva un costrutto, era un uomo di sostanza, abbiamo avuto discussioni ed incontri, ma ho sempre trovato in lui una capacità di farti superare dei momenti di difficoltà senza fartelo pesare”

Alberto Mattiacci

“La parola che associo a Rivella è ‘rigore’. Nel suo lavoro di tecnico era un uomo rigoroso, nella sua capacità di visione aveva capito che il prodotto era importante ma sarebbe diventato sempre meno importante nel conquistare i mercati, a differenza della comunicazione, che avrebbe avuto un ruolo sempre più centrale. Portare una visione della comunicazione rigorosa fu veramente un grande cambiamento. L’idea del libro è stata mia perché frequentavo l’azienda, sono sempre stato accolto con grande amicizia. Cominciai a collaborare con il Cavaliere, bastava passare cinque minuti con lui per capire che era un personaggio. Lanciai l’idea un giorno a pranzo e lui accettò. Ci incontravamo a Roma e parlavamo della sua vita, gli mandavo degli appunti e lui mi dava la sua opinione. Fu facile alla fine trovare un editore. Questo libero è un excursus della sua vita e contemporaneamente della storia di Montalcino”.

Gabriele Gorelli

“Per motivi anagrafici il mio rapporto con il Cavaliere è diverso rispetto agli altri. Mi scrisse una mail dopo l’intervista ad Alessandro Regoli su WineNews, mi disse che l’Italia è piena di invidiosi che vogliono battere in testa agli emergenti. Ho sfruttato questa relazione quando abbiamo ricostruito il Tempio del Brunello. Era un maestro di futuro. Nel suo caso parlerei di metodo, spesso si fa un investimento su un prodotto senza accompagnarlo con dei contenuti che invece sono rilevanti. Montalcino è dappertutto, ma il Brunello è solo qui”.

Alessandro Regoli

“Rivella ci ha fatto capire che il vino è un medium del territorio, che non va raccontato solo come vino, ma come paesaggio e come natura. Era sì rigoroso ma era anche un sognatore e un visionario. Solo gli idioti e i morti non cambiano mai idea, succede a tutti di sbagliare, ma quando te ne accorgi cambi e poi crei qualcosa che è sotto gli occhi di tutti. Per cambiare idea bisogna prima costruirla, per farlo bisogna essere bravi, bisogna organizzare persone e percorsi. Sei mesi prima della morte, prima di staccare il cellulare, mi ha dato delle memorie, mi ha raccontato in sintesi la storia della sua vita, fin da quando era nella stessa scuola enologica di Renato Ratti, Michele Chiarlo e Giacomo Tachis. Queste non erano persone normali, hanno creato un settore, lo hanno fatto vivere. Rivella era un capitano d’impresa vera che conosceva anche il territorio dove operava. Lo vorrei mettere in relazione ad altre due persone, mai da dimenticare, come Franco Biondi Santi e come Francesca Colombini Cinelli, senza queste persone questo territorio non esisteva. Li chiamo il Cavaliere, il Dottore e la Signora, sono tre figure mitologiche. Nella nostra precedente vita noi di WineNews abbiamo collaborato con tutti e tre. Avevano visioni diverse ma la pensavano allo stesso modo sul bene del territorio, con collaborazione e sinergia, non con invidia e gelosia. C’era poi la politica, tutti ricordano Ilio Raffaelli ma non va dimenticato Mario Bindi, che ha fatto una cosa importante: li ha fatti dialogare, convivere nella loro diversità, una diversità che era ricchezza”.

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