La storia della famiglia Della Gheradesca è sempre stata intrecciata con quella delle grandi storiche famiglie del vino, ma non era mai finita in bottiglia e in etichetta. Fino ad oggi, perché grazie alla collaborazione tra Prosit Group, guidato da Sergio Dagnino (che controlla la Cantina di Montalcino, unica realtà cooperativa del territorio del Brunello) e il conte Gaddo della Gherardesca, si apre questo nuovo capitolo di storia enoica, con l’arrivo del “Della Gherardesca Brunello di Montalcino 2019”, oltre ad un Bolgheri, un Rosè e un Vermentino. “Il Brunello di Montalcino è un vino che ho sempre rispettato, che ha aperto, prima di Bolgheri e prima di altri, i mercati del mondo, quindi era abbastanza automatico riuscire a coniugare le due aree, anche perchè poi volevo affermare, con questa mia collaborazione, la toscanità - spiega Gaddo della Gherardesca a WineNews - io ho sempre amato la Toscana. A Milano, dove vivo da molti anni, mi prendono in giro, dicendo che sono un partigiano della Toscana, ma è difficile non esserlo, basta guardarla. C’è tutto, c’è la bellezza, la storia, l’eleganza, il paesaggio, il mare, la montagna e i grandi vini. Mi piaceva fare questa operazione”.
Perchè, a 74 anni, della Gherardesca è voluto diventare anche produttore di vino? “Dopo 74 anni ad aver bevuto sempre il vino degli altri, ho deciso di restituire qualcosa - risponde - avendo tra i miei parenti persone come gli Antinori e gli Incisa della Rocchetta, persone di una grandissima rilevanza nel mondo del vino, avevo sempre detto che in una famiglia se qualcuno fa il vino qualcun altro lo deve bere, perchè se tutti producono i conti non tornano. Ma, ad un certo punto, ho poi deciso di mettermi a produrre, devo dire stimolato da Prosit Group, e da Sergio Dagnino. Sicuramente non l’avrei fatto da solo: una delle cose fondamentali nella vita è l’umiltà, pensare di saper fare tutto da soli è da stolti. Io il vino l’ho sempre amato, l’ho sempre saputo apprezzare, vengo dalla terra, la mia famiglia c’è stata sulla terra 12 secoli, ma ho sempre avuto rispetto di chi il vino lo faceva, apprezzandone le qualità. Ho incontrato Prosit Group, mi ha proposto questa collaborazione… E così siamo partiti”. Con un progetto enoico che non si ferma alla produzione del “rosso” del cuore del Conte, il Bolgheri, ma lo vedrà produrre anche Brunello di Montalcino. “Prosit Group ha la Cantina di Montalcino, che è in provincia di Siena. In fin dei conti la mia famiglia, il castello più vicino a Siena era Frosini, e quindi toccavamo i lembi del Senese, eravamo confinanti, abbiamo avuto diversi diverbi, ma anche diverse alleanze. La moglie del Conte Ugolino (quello cantato nella Divina Commedia di Dante, ndr), era Margherita Pannocchieschi d’Elci, di una grande famiglia senese”.
E sul perchè la scelta del partner è ricaduta su Prosit Group, Gaddo Della Gherardesca, che non gira intorno alle parole, spiega: “qualcuno mi ha chiesto perchè non ho affittato le vigne, ma io le vigne le affitto a chi me le chiede, come a mio cugino Lodovico Antinori, altro grandissimo personaggio del vino mondiale. A me questo progetto lo ha chiesto Prosit Group, mi è piaciuto, mi è sembrato utile per far decollare quelle aziende che hanno qualità, ma sono troppo piccole per accedere al mercato, mettendole tutte a fattor comune, e ho accettato la loro proposta. Ed ora inizia questo cammino. Ho 74 anni e non so per quanto potrò portarlo avanti, ma in casa nostra si muore molto anziani, quindi spero di avere davanti molto tempo. E poi parte dalla terra, e noi Della Gherardesca, per quanto siamo cittadini del mondo, siamo sempre appartenuti alla terra. Gente che vive da 12 secoli in un posto non può cambiare perchè vive da 30 anni a Milano. Io sono sempre residente del Comune di Castagneto Carducci, e vivo a Milano dal 1979. Non si rinuncia alle origini, perchè, secondo me, sapere da dove viene ti aiuta a sapere dove devi andare. Tutto questo l’ho fatto anche per rispetto ai miei antenati che hanno sviluppato l’agricoltura già nel Seicento, rispetto per mio nonno che fece un vino bianco, Castello di Donoratico, molto buono, ma in tempi in cui il vino costava nulla, quindi ho cercato di rendere merito a questa lunga storia, facendo anche io la mia parte. Che sarà una parte modesta, nulla di straordinario, ma l’importante come diceva De Coubertin è partecipare, poi si cerca anche di vincere”.
“L’importanza di questa partnership per Prosit Group è strategica, volta a consolidare la posizione di player di mercato innovativo: portare avanti la produzione di vini che riflettono l’eccellenza del terroir di Bolgheri e delle altre icone Toscana è un messaggio importante per coloro che cercano opportunità nel settore vinicolo con una forte identità territoriale - ha detto Sergio Dagnino, ceo & founder Prosit Group nel presentare il progetto al Castello di Bolgheri, di proprietà di Gaddo della Gherardesca - si tratta di una partnership innovativa che mette al centro una nuova produzione vinicola in un territorio prestigioso, capace di offrire prodotti di grande valore. Il nostro modello di business si sposa perfettamente con la tradizione e la visione di una famiglia storica che ha sempre saputo rendere ogni unione speciale, oltre che con l’attitudine di Gaddo a guardare sempre avanti. Questa nuova partnership all’insegna della collaborazione e dell’essere parte di un tutto, ci porta verso nuovi orizzonti e nuove prospettive di investimento nel settore”.
La famiglia Della Gheradesca vanta dodici secoli di presenza importantissima sul territorio di Bolgheri, reso luogo di grande agricoltura prima e di grande vino, da altri, ma su molte delle terre di proprietà dei Della Gherardesca. Che Bolgheri l’hanno resa immortale, creando, con l’opera del Conte Guidalberto della Gherardesca nell’Ottocento, quel Viale dei Cipressi “che a Bólgheri alti e schietti, van da San Guido in duplice filar”, resi celebri dal grande poeta Giosuè Carducci, che oggi sono icona e simbolo di una delle denominazioni più importanti d’Italia. “Il Viale è fatto di cipressi perchè Guidalberto della Gherardesca aveva provato con altri alberi, che, però, venivano mangiati dai bufali, e quindi alla fine si optò per questo albero che nessuno mangia”, conclude Gaddo Della Gherardesca.