Toscana, perse 20.000 aziende agricole in dieci anni

Montalcino, con il suo distretto agricolo che produce lavoro e un giro d’affari collegato anche al settore enoturistico straordinariamente rilevante, rappresenta forse un’eccezione, in una regione che, negli ultimi dieci anni, ha perso oltre 20.000 aziende agricole, passando da 72.686 a 52.146 (-28,3%). I dati arrivano dall’Istat e sono stati messi in risalto da Cia Agricoltori Italiani della Toscana durante l’assemblea regionale che si è svolta oggi a Firenze dal titolo “Salvaguardare l’agricoltura per salvare il futuro”. La Toscana, in un decennio, ha perso inoltre 640.111 ettari di Sau (Superficie agricola utilizzata) pari al -15,1% e 187.000 ettari di Superficie agricola totale (Sat), mentre la superficie boscata è passata al 33,6% rispetto alla Sau (Toscana al terzo posto dietro al Trentino e Liguria). Le società di persona sono il 7,9% e gestiscono il 22,2% della superficie agricole; le società di capitali sono il 2,7% e gestiscono il 11,9% della Sau.

“Costi di produzioni alle stelle, costi della produzione primaria fuori controllo; danni da selvatici e ungulati, crisi di mercato, aree interne abbandonate, emergenza idrica. Abbiamo visto scomparire l’agricoltura di montagna e lo spopolamento delle aree interne. Subiamo da sempre una marginalità minore rispetto ai nostri competitor della filiera agroalimentare; crisi di mercato, inflazione e speculazione. Abbiamo bisogno di un piano strategico nazionale che vada su proposte mirate rivolte ad una attenzione del ruolo dell’agricoltore all’interno della filiera, del bisogno di avere acqua per usi agricoli e civili, che incida sulla promozione e aiuti le aziende ad entrare nei mercati, a gestire la selvaggina, un piano che con concretezza vada a gestire i fondi a disposizione”, ha sottolineato il presidente Cia Toscana, Valentino Berni. “Sulle filiere agroalimentare bisogna implementare l’aggregazione di filiere aiutandole nella crescita con investimenti mirati riqualificanti anche e soprattutto partendo da piccoli investimenti atti ad inserire le piccole aziende in questo tipo di percorso e migliorare l’assetto organizzativo. Inoltre, le continue limitazioni UE nell’utilizzo degli agrofarmaci, mettono fuori competizione i nostri agricoltori rispetto a quelli extra UE”.

Di fronte alla fiammata del “carrello della spesa alimentare”, alcuni prodotti simbolo del Made in Italy agroalimentare hanno visto i listini crollare. In un anno prodotti agricoli, cibi e bevande sono aumentati sullo scaffale dell’11%. Nello stesso periodo anche il prezzo della pasta di semola di grano duro è cresciuto al consumo dell’11%. E mentre si verificava ciò, il prezzo del grano duro Made in Italy è crollato del 40%. Una situazione paradossale che impone un cambio di passo da parte delle Istituzioni per tutelare gli agricoltori e il loro reddito lungo la filiera. I margini per il raggiungimento dell’obiettivo ci sono. Dal campo alla tavola i prezzi crescono in media a tre cifre. Per fare qualche esempio: prendendo a riferimento il periodo agosto-settembre 2023: per un kg di pomodori 1,13 all’agricoltore e 3,73 euro il prezzo finale, aumento del +230%. Aumento del 246% anche per il latte: all’allevatore vanno 0,52 euro mentre il consumatore per comprare quel latte spende 1,80 euro.

Sulla carenza di risorsa idrica “dobbiamo avere acqua a disposizione ad un prezzo adeguato per garantire la competitività delle nostre aziende; dobbiamo fare le grandi opere che servono anche per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici tra bombe d’acqua a periodi di siccità”, ha sottolineato il presidente della Cia Toscana.

Non è mancato l’intervento sull’emergenza ungulati e selvatici. “Il problema va affrontato subito e risolto - ha affermato Berni -, devono essere utilizzati i mezzi appropriati a risolvere questa situazione non più sostenibile, non vogliamo proclami ma azioni mirate e dirette, controllo analisi rapida e successive soluzioni se non appropriate le precedenti. La gestione della caccia è un problema serio che riguarda tutte le aziende e mina la redditività delle aziende, gli animali devono essere riportati sotto la soglia di incidenza del danno strutturale che hanno creato e stanno creando alle aziende. Il lupo è diventato ormai da tanti anni un problema serio, non si è fatto nulla su questo problema per arginare la situazione, non è più procrastinabile la messa in atto di misure volte a ridurre la presenza di predatori nei nostri territori ne va della presenza dei nostri allevatori e dell’incolumità delle persone che vivono le aree rurali; non prendiamo neppure posizione sui canidi”.

Sul consumo di suolo “dobbiamo fare una legge che blocchi il continuo consumo: non possiamo rimandare una legge che vada a fermare il consumo di suolo, che blocchi le speculazioni ideate dall’agri-fotovoltaico e dall’incapacità di recuperare le aree urbane e industriali”, ha detto Berni, mentre sulle aree interne “serve una legge che incentivi il presidio del territorio soprattutto di quelle aree marginali che hanno bisogno della presenza dell’uomo per mantenere un equilibrio delicato”.

Per quanto riguarda la promozione, ha aggiunto Berni, “per rendere una piccola azienda redditizia dobbiamo guidarla e accompagnarla fino alla vendita dei propri prodotti e la difficoltà inizia proprio in quel momento. Ma una concorrenza forte e spietata da anni è presente nel mercato e non lascia scampo: lo Stato e la Regione devono incentivare con iniziative di filiera corta comunità del cibo a creare sostenibilità per i piccoli agricoltori”.

Sulla gestione dei fondi comunitari “la strada è semplice e chiara mi sembra già tracciata: i fondi di sviluppo servono per sviluppare le aziende e visto che le aziende sono per il 90% medio piccole dobbiamo indirizzare gli investimenti per far sviluppare le aziende e non per creare sussistenza che porta l’azienda a un inesorabile declino. Abbiamo bisogno di una classe dirigente politica che si assuma le proprie responsabilità che dialoghi con i cittadini e si confronti con le parti sociali che entri nel merito delle problematiche”.

“Un momento importante anche perché abbiamo la partita dei fondi europei dove la Regione Toscana ha sull’agricoltura più di un miliardo di euro di disponibilità nell’arco dei sei anni che si indirizzano rispetto a quelli che sono gli investimenti e i supporti ad una attività sempre importante - dichiara il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani - attraverso l’agricoltura la possibilità di vedere una prospettiva di forte sviluppo, è evidente che dobbiamo esservi vicino nelle condizioni di lavorare e operare e conseguentemente, l’incontro di oggi ha una finalità propositiva di grande significato. Tante le questioni, ma posso assicurarvi una sensibilità e un interesse ed una testimonianza di ringraziamento nei confronti della Cia perché questa è una organizzazione forte, seria, che sa rappresentare i propri associati, ma sa anche intervenire e interloquire costruttivamente con le istituzioni proprio a beneficio delle attività di chi a questa associazione è legato”.

La tavola rotonda è stata moderata dal direttore Cia Toscana, Giordano Pascucci, con la partecipazione del sottosegretario al Ministero agricoltura e sovranità alimentare, Patrizio Giacomo La Pietra; la vicepresidente della Regione Toscana Stefania Saccardi e il presidente Cia Agricoltori Italiani Cristiano Fini. “Molti dei problemi citati da Berni - ha detto il sottosegretario La Pietra, derivano dalle politiche europee. Che, secondo noi, non sono andate incontro alle esigenze del mondo agricolo. Le proteste che ci sono oggi in altri Paesi: stanno protestando per situazione che questo governo sta già affrontando e che ha preso una posizione netta. Il merito è che questa volta c’è stata una operazione di squadra fra tutti i membri del parlamento italiano ed il governo, e questo ci ha permesso di cominciare ad essere fondamentali nelle scelte europee. Siamo andati in Europa portando le esigenze dei nostri agricoltori e allevatori, e abbiamo iniziato a dire no. Non siamo d’accordo alla diminuzione dei fitofarmaci in maniera così, aumentiamo la ricerca: non siamo contrari alla sostenibilità ambientale, ma dobbiamo contemporaneamente la sostenibilità economica delle nostre aziende. Sono convinto che dobbiamo riuscire a fare in modo che sia riconosciuto il giusto valore del prodotto che viene fatto dagli agricoltori, fino a oggi non è stata seguita questa logica”.

“Oggi siamo in grave difficoltà - ha detto la vicepresidente e assessora all’agricoltura Stefania Saccardi - perché intanto dobbiamo passare attraverso una programmazione nazionale, andare in Europa senza a volte la conoscenza delle singole regioni. Sono convinta di trovare ascolto nel Governo sotto questo profilo, però certamente è un meccanismo che non ci aiuta, che non ci aiuta nei cambiamenti e neanche nei cambiamenti climatici”. Nonostante le alluvioni in Toscana dello scorso novembre, l’emergenza idrica deve essere risolta: “Non abbiamo intenzione di tornare indietro sul fronte emergenza siccità, riprendendo il tavolo che avevamo aperto con le organizzazioni di categoria: stiamo cercando di diminuire la burocrazia per accelerare la realizzazione di invasi”. Sul reddito degli agricoltori”, ha aggiunto Saccardi.

“Abbiamo poco reddito e tanta emergenza - ha sottolineato il presidente Cia Cristiano Fini -. Siamo andati in piazza il 26 ottobre per manifestare il nostro disagio che si sta vivendo nelle campagne, per denunciare quelle che sono le emergenze e portare delle proposte. Credo che questo Governo abbia messo in campo tanta determinazione e noi abbiamo cercato di fare squadra: il tema è che abbiamo bisogno di avere più concretezza rispetto alle buone intenzione. Il piano strategico nazionale può essere davvero quel Piano in grado di dare sviluppo e prospettiva all’agricoltura, fatto di azioni concrete e che non lasci ad esempio le regioni da sole sul consumo di suolo, così come l’emergenza della fauna selvatica.  A dispetto di tutte le fake news - ha detto Fini - gli agricoltori non inquinano, rispettano da anni gli impegni ambientali anche mettendo a rischio i loro profitti; producono energie alternative e non sprecano acqua, ma la usano per produrre cibo di qualità. Senza agricoltura, il Made in Italy non può esistere e la sicurezza alimentare non ha garanzie; non c’è presidio del territorio e custodia del paesaggio, anche contro il dissesto idrogeologico; le aree interne si spopolano ed economia e società non sopravvivono. Abbiamo, dunque, buoni motivi per reclamare più attenzione per le nostre aziende agricole. Deve rimetterle al centro l’Italia così come l’Europa, che dovrebbe stare dalla nostra parte, invece di continuare a imporre norme e regolamenti dall’alto”.

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