“È difficile riassumere così tanti anni di rapporto. Non è stata solo una collaborazione, lui ci ha proprio cresciuti. Ha scelto persone nelle quali vedeva delle qualità, ma nessuno di noi, tra cui Rudy Buratti e Pablo Härri che purtroppo non ci sono più, aveva idea dell’avventura in cui ci avrebbe coinvolto. È rimasto l’ufficiale degli Alpini pronto a reclutare persone fidate per scalare la montagna e portare sempre a termine un compito. Bisogna rendere merito e onore a Rivella. Da solo non avrebbe potuto fare queste grandi cose, ma noi, senza la sua guida, non saremmo i professionisti e gli imprenditori che siamo adesso”. Così Elizabeth Koenig, vicepresidente di Banfi Srl, ricorda a MontalcinoNews Ezio Rivella, primo enologo-manager del vino italiano, tra i “padri” dell’enologia moderna e protagonista dell’epopea di Banfi, che si è spento stanotte a Roma, all’età di 90 anni.
“Era il deus ex machina non solo della Banfi ma anche di Montalcino - prosegue la vicepresidente di Banfi Srl - mi ricordo bene la Montalcino dei primi anni ‘80, i giri nella jeep militare aperta. È stata un’avventura, ha tracciato la strada che ha portato dove siamo oggi. Ha avuto la visione, ma la visione ce l’hanno anche altri che magari si fermano davanti alle prime difficoltà. Lui no. Mi diceva che la vita era come un palcoscenico, che bisognava salirci e fare una rappresentazione al meglio delle proprie abilità”.
“Aveva perso una figlia, e forse era per questo che scelse diverse persone giovani. Per colmare un dolore forte, un dolore che non ha mai mostrato. Probabilmente ha cercato di realizzarsi anche attraverso di noi, che avevamo più o meno l’età della figlia”, sottolinea Koenig, che iniziò a lavorare a Banfi proprio come segretaria di Rivella. “Mi faceva fare il dettato per ore, sia in italiano che in francese, lingua che conosceva benissimo. Vorrei essere ricordata come la sua mano destra”.