Con il Cavaliere del Lavoro Ezio Rivella se ne va l’ultimo dei grandi “saggi” di Montalcino, che dialogavano tra loro, e che, con Franco Biondi Santi, “custode” dell’invenzione del Brunello da parte della sua famiglia nella Tenuta Greppo alla fine dell’Ottocento, e con Francesca Colombini Cinelli, la “signora” della Fattoria dei Barbi, pioniera nel puntare sull’enoturismo e sulla cultura (con il prestigioso Premio Barbi Colombini e gli intellettuali che ha portato nel territorio), mentre il celebre rosso iniziava a conquistare i mercati del mondo proprio grazie ad Ezio Rivella, hanno contribuito a farne un “unicum” ancora oggi. Per questo motivo, forse, sarebbe opportuno ricordare Rivella in maniera indelebile. “Montalcino dovrebbe intitolargli almeno una via: senza di lui Montalcino non sarebbe stato come poi è diventato”, sostiene Alberto Mattiacci, docente dell’Università La Sapienza di Roma e curatore del libro scritto dallo stesso Rivella, “Io e Brunello - Come portai Montalcino nel mondo”, edito nel 2008 da Baldini Castoldi Dalai.
“Di lui - ricorda Mattiacci - mi resta l’idea di un uomo che partiva da una grande competenza tecnica per arrivare ad una visione a 360 gradi del vino, compresi tutti gli aspetti di comunicazione, che non è un “di più”, ma è il trasferimento del valore intrinseco del prodotto alla gente. È sempre stata una sua ossessione: Ezio Rivella sapeva che fare un buon vino è metà dell’opera, perché se non riuscivi a far capire il suo valore, la sua storia, l’esperienza che poteva dare il berlo mancava un pezzo. Scrivendo il libro delle sue memorie la cosa che mi ha colpito è che questi ragionamenti li faceva già negli Anni Settanta del Novecento”.
Da presidente del Consorzio del Brunello, Rivella commissionò a Mattiacci uno studio sull’equilibrio di mercato tra Rosso di Montalcino e Brunello di Montalcino. “Voleva far capire anche come questi due vini fossero prodotti diversi con dignità diverse - sottolinea il docente dell’Università La Sapienza - nel presentare lo studio si parlò di marketing e comunicazione. La gente, anche alcuni produttori, mi presero a male parole, alcuni pensavano che questa roba fosse “alternativa” alla qualità e alla purezza del prodotto. Invece lui era già oltre, aveva la capacità di vedere orizzonti che gli altri non vedono. Questo il professionista Ezio Rivella. Dell’uomo, che ho conosciuto, ed a cui mi ispiro molto - continua il professor Alberto Mattiacci - ricordo che prima ti studiava, ma se ti riconosceva un valore ti metteva subito al suo pari, cercava il valore delle persone e le metteva in condizioni di esprimerlo. È una cosa che molti imprenditori del vino di oggi, e molti di coloro che guidano i Consorzi, dovrebbero imparare”.