Ciò che più colpisce di Marino Lucherini al primo sguardo, sono proprio i suoi occhi: azzurri come il cielo limpido e pulito quando a Montalcino tira la tramontana. Con umiltà e semplicità, ti racconta di esser nato il 6 dicembre 1923 in campagna, al Poggiarellino, e, figlio di mezzadro, di aver vissuto con i suoi genitori al servizio di storiche famiglie del territorio. Ma anche del suo più grande rimpianto, quello di aver dovuto lasciare la scuola una volta trasferitosi a CastelGiocondo, dagli Angelini, all’epoca, negli anni Trenta del Novecento, assai difficile da raggiungere con i mezzi a disposizione, e di aver fatto di tutto, insieme alla moglie che di mestiere faceva la tata, perché suo figlio invece si laureasse, cosa per la quale gli è stato sempre grato. Ma da autodidatta mentre guardava le pecore e grazie alla scuola serale del maestro Mario Lamoretti nell’odierno Palazzo del Comune di Montalcino, in Piazza Cavour, questo non gli ha impedito di sviluppare una delle più grandi passioni della sua vita: la lettura, di romanzi storici in particolare, da “I promessi sposi” a “I tre moschettieri”, da “Ventimila leghe sotto i mari” a “Ettore Fieramosca”, tanto che a 94 anni è stato il lettore più anziano della Biblioteca Comunale di Montalcino.
Anche se la campagna ha significato duro lavoro, fatica e rinunce (ma anche il farsi le ossa per andare a lavorare alla manutenzione della ferrovia per la Maremma tra gli anni Sessanta e Settanta e, come operaio edile nel restauro del nuovo Palazzo del Comune tra gli anni Settanta e Ottanta) l’ha sempre amata, partecipando ogni anno alla vendemmia e alla raccolta delle olive, e conoscendo per filo e per segno soprattutto i suoi boschi, dove con moglie e figlio ha abitato in una capanna facendo il taglialegna. E tanto da essere soprannominato in famiglia “L’uomo che piantava gli alberi” come il romanzo dello scrittore francese Jean Giono, perché lo faceva davvero e per il grande rispetto per la natura che nonno Marino ha saputo trasmettere fino alle sue bisnipoti. Anche coltivare gli orti fuori le mura e, fino a poco tempo fa, un fazzoletto di terra sotto casa, tra pomodori, carciofi e fiori di zucca, da vero intenditore, nel rispetto assoluto della stagionalità e della biodiversità, dalla semina al raccolto, è stata un’altra delle sue grandi passioni.
Come quella, non ultima, per un buon bicchiere di vino, uno al giorno, consumato rigorosamente ai pasti anche adesso. Perché è nella natura di noi abitanti di Montalcino, e il dono più prezioso che la terra ha regalato a questo territorio tanto bello e fortunato, dice, e che per questo ha bisogno di molta cura e rispetto da parte di tutti. Oggi, come da 100 anni a questa parte, grazie a tutti coloro che, anche nel loro piccolo, hanno contribuito e contribuiscono a farlo. Con i migliori auguri.