“Le nostre tartufaie sono ancora produttive, ma i cambiamenti climatici ci mettono a dura prova e devono farci riflettere. Alternano lunghi periodi di siccità a bombe d’acqua che non sono certo salutari. Il tartufo avrebbe bisogno delle stagioni di una volta. Quest’anno sembrava una stagione perfetta, in realtà è stata molto complessa. La seconda metà del mese di settembre e i primi giorni di ottobre si raggiungevano 32°. Quei pochi tartufi che trovavamo erano i fioroni, che troviamo d’estate. Se di fronte a questi cambiamenti climatici non sottolineiamo l’impegno dell’uomo, rischiamo non dico di non avere più tartufo bianco ma di registrare sempre di più una sua diminuzione. Sarebbe un dramma, perché è il valore aggiunto di questo territorio”. A parlare è Paolo Valdambrini, presidente dell’associazione Tartufai Senesi, a pochi giorni dalla chiusura della Mostra Mercato del Tartufo Bianco di San Giovanni d’Asso. “È sotto l’occhio di tutti che in base ai cambiamenti climatici la produzione del tartufo si sposta nei paesi dell’Est Europa - osserva Valdambrini nel suo intervento all’incontro sul tartufo promosso il 20 novembre da Confagricoltura Siena - perché quel tartufo deve entrare nel mercato italiano? Le altre mostre mercato sono gestite dai commercianti, ma la nostra filosofia è un’altra: non si può fare una festa del tartufo in un posto X promuovendo un tartufo comprato in Croazia. Ma chi se ne frega! È l’ora di finirla di far credere cose non vere”.
“I nostri legislatori fanno leggi generiche e non prendono in considerazione questi aspetti - prosegue Valdambrini - dicono: il tartufo nasce spontaneo, il tartufo devono raccoglierlo tutti, mettono in discussione la proprietà privata. No, il tartufo lo devono raccogliere professionisti, nasce in terreni che sono proprietà privata. Se non si mantengono i terreni, si rischia di non avere più tartufi nei nostri territori. Il tartufo è un fungo, ha bisogno di sole e acqua, ha bisogno delle stagioni come erano una volta. Adesso il tartuficoltore è portato a fare un insieme di lavori che sono a tutti gli effetti dei lavori agricoli: l’irrigazione, le potature, le sarchiature, la regimazione delle acque. È inutile che la Regione Toscana mi dica che è un hobby, che il tartufo bianco non nasce in territori agricoli. Non è vero. È possibile inserire le tartufaie nel fascicolo aziendale Artea e il rapporto tempo/lavoro è lo stesso di un oliveto, un vigneto, un seminativo. E allora non può essere un hobby. Il tartufo è un prodotto apprezzato e stimato in tutto il mondo. I turisti vengono da noi apposta ad assaggiarlo, a degustarlo e a vedere come si raccoglie. Tutto questo va messo ad economia”.
“Contesto le norme nazionali e regionali perché vanno contro il nostro principio - aggiunge il presidente dei Tartufai Senesi - siamo in bagarre normativa tra libera cerca e tartuficoltura, nessuno fa un chiarimento. Libera cerca per me vuol dire abbandono del territorio e distruzione, vuol dire evasione fiscale. Tartuficoltura significa presiedere, mantenere e accudire un territorio. Ci sono tante azioni contro la nostra associazione, prendiamo un sacco di sanzioni, siamo sotto attacco e non viene riconosciuta la nostra attività. Lancio una provocazione: se questo sistema continua valuteremo se chiudere l’associazione e aprire una società agricola, con gli stessi ideali e nello stesso territorio, in accordo con le associazioni di categoria”.
“Abbiamo sottoscritto un accordo col Bettino Ricasoli, in vista dell’Agrario di San Giovanni d’Asso - conclude Valdambrini - i ragazzi collaboreranno con i nostri soci nella manutenzione e nella coltivazione delle aree tartufigene del tartufo bianco. Perché noi siamo propositivi, a favore del lavoro e del rimboccarsi le maniche”.