Un venerdì pomeriggio che ha radunato tanti montalcinesi sotto il “Cappellone”. Una prima volta, quella della location, giustificata da una doppio evento: l’opera firmata da Annibale Parisi che andrà ad impreziosire la bacheca di uno dei quattro Quartieri di Montalcino che si sfideranno domenica in occasione del torneo di tiro con l’arco (atto finale della Sagra del Tordo n.64) e gli affacci sulla Val d’Orcia e la Valle d’Ombrone tramite l’ex locale dell’Asga, lavoro progettato e diretto dall’architetto di Montalcino Adele Piccioni (di cui parliamo in un articolo a parte).
La presentazione è iniziata con gli interventi del delegato alle Feste Identitarie Alessandro Nafi e del sindaco di Montalcino Silvio Franceschelli. Non c’era Annibale Parisi, artista riservato e che non ama le luci dei riflettori ma piuttosto far parlare le sue opere. Ha preferito così e la scelta, ovviamente, merita rispetto. Come è noto l’amore di Annibale Parisi per Montalcino è forte e un messaggio lo ha comunque mandato al pubblico presente attraverso la nipote Matilde Pieri, bravissima ed a tratti commovente in un discorso a cuore aperto che ha strappato meritati applausi. Esattamente come l’opera di Annibale Parisi, il cui valore sarà di ulteriore stimolo per gli arcieri a primeggiare al Torneo di tiro con l’arco di domenica.
Focus - La presentazione dell’Opera di Annibale Parisi da parte di Maddalena Sanfilippo, assessore alla cultura del Comune di Montalcino.
Quest’anno è la volta di Annibale Parisi, l’artista chiamato a realizzare l’opera per il quartiere vincitore della sessantaquattresima Sagra.
Annibale, nato a Palermo da padre siciliano e madre toscana, è montalcinese da sempre.
Eclettico, versatile, visionario dai mille interessi e pioniere di molte idee vincenti, curioso fin da piccolo del lavoro artigianale, della natura e in seguito dell’arte e della storia, Annibale non si limita a studiare, ma ogni singola materia lo coinvolge in maniera attiva e manuale; Annibale conosce tutte le piante, le foglie, i tronchi, lui sa come si fabbrica un pezzo di carta, lui che studia, legge, stampa i libri, dipinge, va a cavallo, produce il vino con l’atteggiamento di umiltà, cioè di chi ama l’humus, il suolo, la sua terra e ha costruito la vita intorno a quella dei suoi cari.
Fra le sue prime produzioni tutti ricordiamo alla fine degli anni Ottanta le riproduzioni della ceramica di Montalcino, boccali in terracotta maiolicata con animali mostruosi verdini e marroni su fondo bianco che con guizzo intuitivo Annibale riproduceva liberamente accostando le figure in maniera nuova e fantasiosa, fino ad arrivare alla prima mostra dei suoi disegni a Zurigo; Annibale ha sempre attirato chi veniva da fuori ma aveva la sensibilità di voler conoscere e capire davvero Montalcino, contribuendo a far apprezzare e ricordare la nostra città nel mondo.
Per l’opera di quest’anno Annibale ha fatto ritorno al suo ‘primo amore’, la terracotta, tecnica artigiana che la bottega fiorentina dei Della Robbia nel Quattrocento elevò al rago di arte raffinatissima.
Un tondo semplice incastonato come un gioiello in quello che possiamo definire un supporto più che una cornice: quattro tavole di noce vecchio e ‘nostrale’, autoctono di Montalcino, avuto in dono da un falegname che ormai ha chiuso bottega. Annibale ha unito le tavole, le ha scavate e levigate in modo che il tondo in terracotta fosse un tutto organico con il legno legandosi in maniera solida e solidale alla struttura. Un marchingegno di alto artigianato, pensato per essere visibile e apprezzato anche nella parte retrostante quando verrà condotto dal corteo storico lungo le vie cittadine.
Il tondo dai toni rosati si inserisce dunque in una cornice quadrata di legno scurito dalla cera che ne rende vive le venature. Sono due opere ma in una, un binomio che ricorda la Madonna della Seggiola di Raffaello, una celeberrimo dipinto su tavola rotonda incastonato in una sfavillante cornice quadrata dorata, oggi conservato presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
Nella terracotta la tecnica del bassorilevo, complice anche la forma rotonda del supporto, richiama la Madonna del Perdono della cattedrale senese dove lo ‘stiacciato’ di Donatello, l’arte cioè di concentrare in un finissimo spessore uno sviluppo di piani in profondità, evidenzia i volti e le mani dei due protagonisti al centro del tondo; nell’opera di Annibale il bassorilievo lascia spazio all’altorileivo solo nella mano benedicente di Gesù Bambino, che appare dunque in evidenza.
L’approccio irrazionale dell’artista, interessato più alla natura e ai soggetti astratti che ai modelli classici, ha trovato un equilibrio nella composizione misurata all’interno del tondo in cui Annibale si è attenuto al modello del dipinto proveniente dall’antico tribunale in maniera fedele, cercando di riprodurne i tratti somatici dei volti ma come spesso accade, con l’occhio moderno, l’espressione ha preso un’intonazione di dolcezza alquanto familiare ed espressiva rispetto alla pittura medievale.
Le guance attondanti e lucidate, il collo tornito e gli occhi allungati ricordano comunque i tratti di certe Madonne di Giotto, come quella di San Giorgio alla Costa, mentre il bordo del mantello che si piega su se stesso ornato come nel modello da una preziosa passamaneria riprodotta in terracotta, ne ingentilisce i tratti donando alla Madonna un moto dall’eleganza tutta senese. Gli elementi decorativi del mantello, fermati da un gioiello rotondo sul cuore, ripetono quelli a losanga che accompagnano la circonferenza della terracotta e allo stesso tempo richiamano quelli incisi nella cornice lignea in prossimità degli angoli.
Una soluzione intelligente, elegante ed armoniosa si srotola nel nastro che, come un sottopancia, fa un leggero ghirigoro e sorregge gli scudi dei quartieri, elementi fissi dell’iconografia dell’opera.
Il Monogramma AP, in una calligrafia antica e raffinata, sigla la firma dell’artista. La mente va a quello molto simile dello scrittoio del Tamagni, tanto per citarne uno prossimo ma Annibale l’avrà evocato di sicuro dai molti libri, quadri, disegni che sfoglia ogni giorno.
Un artista poliedrico, che vive in una fucina di idee, dove il tempo si ferma o per lo meno rallenta, un mondo in campagna vicino a Montalcino dove è sempre piacevole approdare e mettersi in ascolto, osservare, sicuri di imparare sempre tanto da chi ha ancora molti stimoli da dare a tutti noi.