La dedica di Elena Testi per Montalcino

Elena Testi

Elena Testi è la giornalista scelta dalla Giuria del Premio Casato Prime Donne come “Prima Donna” 2022 ed esempio di coraggio, talento e motivazione per le giovani generazioni e l’universo femminile. Verrà premiata sabato 17 settembre a Montalcino insieme a due giornalisti che si sono particolarmente distinti nella promozione del territorio: Aldo Fiordelli e Chiara Beghelli. La cerimonia segnerà l’inizio dell’incubatore dei giovani talenti toscani che trova in Elena Testi un’autentica testimonial.

“Umani nella sofferenza che non è nostra. Coraggiosi nella paura del domani. Diffidenti di fronte al Sempre e al Mai. Siamo ciò che l’esistenza chiede: sbaglio e banalità. Sogni e realtà. Alla vita che non è nostra, ma bene comune di tutti i popoli”. La dedica di Elena Testi per Montalcino riassume i sentimenti dell’attuale momento storico sottolineando il diritto alla vita. Rimarrà a Montalcino, insieme alle altre venti scritte dalle “Prime Donne” vincitrici delle precedenti edizioni, e avrà accanto a due pannelli dipinti da Letizia Machetti nel 2019, una montalcinese che racconta la città del Brunello con gli occhi sognanti di chi la guarda da lontano.

Elena Testi è ormai sulla cresta dell’onda e racconta la sua storia e la passione che l’ha spinta ad affrontare sfide sempre più difficili. Un esempio per tanti giovanissimi che guardano con preoccupazione al futuro e per tanti coetanei che ancora non ce l’hanno fatta. Giovani che da anni fanno due lavori per sopravvivere in redazioni dove guadagnano cinque euro ad articolo e magari sono anche bravi. “Mai arrendersi” dice Elena con decisione, anche se “noi siamo una generazione invisibile, silente. Non apparteniamo al mondo privilegiato e protetto di chi ci ha preceduto. Ce ne siamo fatti una ragione. Ma la società deve fare pace con questi figli del nostro tempo, dandogli le opportunità di cui hanno diritto”.

Elena Testi è nata ad Arezzo nel 1987, laureata in Giurisprudenza a Perugia ha frequentato la scuola di giornalismo. Quando era al primo anno di università Elena scriveva già di sport, benché non fosse nelle sue corde e aveva indagato sullo spaccio di eroina a Perugia per alcune testate locali come Perugia Today e Corriere dell’Umbria. Quando la capitale umbra è sconvolta dall’omicidio di Meredith Kercher (2007) la mettono a seguire la giudiziaria. Lei ha vent’anni in un ambito di uomini con la pelle dura, ma non si scoraggia. Si piazza tutto il giorno al secondo piano del tribunale finché avvocati e magistrati cominciano a prenderla in simpatia e a dialogare con lei. “È stata una grande scuola e una bella palestra”. Da questo episodio viene fuori la prima “parola magica” per il successo: passione. “È la passione che hai dentro e che non trova altro sbocco, a portarti avanti”. Poi ci vuole, fortuna, coraggio e ovviamente talento. La maggiore dimestichezza dei giovani con gli strumenti e i canali di comunicazione elettronica è un vantaggio che viene riconosciuto e apre loro le porte a lavori come quello sui social. Ma è poco per riscattare una “generazione invisibile”.

Subito dopo arriva la seconda parola chiave: maestri. Testi ne cita alcuni a cui è molto legata: Andrea Salerno ed Elisabetta Arnaboldi, direttore e vicedirettrice che l’hanno voluta a La7, Marco Damilano, che è stato direttore de l’Espresso settimanale per cui scriveva e Tiziana Panella di Tagadà de La7. “Le generazioni più adulte hanno il dovere di coltivare i giovani e insegnare ai giovani”, anche se una formazione accademica è indispensabile “non ho mai incontrato qualcuno che sia stato assunto in una redazione senza aver prima fatto una scuola di giornalismo. Ma nessuno riesce davvero a insegnare questo mestiere, ci vuole anche la pratica”.
Elena Testi racconta dei 15 anni di gavetta prima di essere assunta a tempo indeterminato “siamo pochi a trent’anni ad avere un posto fisso nelle redazioni”. È quindi convinzione l’altra parola chiave. Convinzione di andare avanti di fronte a genitori che vorrebbero per te “una carriera più convenzionale” e nella tua capacità di sfondare “non ci credono mica tanto”. Convinzione di fronte a chi ti dice “non è il tuo lavoro” e al redattore che boccia le tue proposte e tu “vai in bagno a piangere pensando “e mò come faccio” perché non sai come mantenerti”. Sono questi i momenti in cui è importante il sostegno di qualcuno che crede in te, il maestro appunto.

Chi ha visto Elena Testi negli ospedali lombardi nei mesi più bui del Covid e poi inviata in Ucraina si chiede se la via per uscire dal precariato passi attraverso incarichi rischiosi. La risposta è un mezzo si. “Non tutti vogliono fare un lavoro del genere perché è faticoso, non si tratta solo di uno sforzo fisico ma mentale. Preparare le dirette richiede tempo e impegno…Poi ci sono i sacrifici”. La Testi racconta del primo Natale Covid passato da sola a Milano con la paura e il dolore, una vita privata a volte sacrificata. Non sono rose e fiori ma poi è rimasta in prima linea perché raccontare è doveroso e ripaga. Resta celebre la sua diretta dall’Ospedale di Magenta un anno dopo l’inizio della pandemia, in cui lei si è commossa. “Solitamente ci si commuove a telecamere spente, ma non si può rimanere insensibili al dolore e quello che ho visto durante i primi mesi della pandemia è stato enorme. Mi ha lasciato delle cicatrici dentro come a tutti noi”.

Il discorso arriva alla sua ultima esperienza di inviata di guerra e sul numero crescente di donne che fanno questo lavoro. “Sono più brave” dice per spiegare la scelta delle redazioni, “le donne non fanno la guerra, le donne danno la vita”. La donna porta un punto di vista diverso ma cosa possono dare, di nuovo, al giornalismo? “Sanno raccontare con umanità e dignità. E poi hanno fiuto”. In Italia la sola direttrice donna di un grande quotidiano è Agnese Pini alla guida di QN (La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno). In tv le cose vanno meglio e un grandissimo numero di donne dirigono o conducono programmi e tg. “Ancora c’è da lavorare, è sempre troppo poco”, commenta Elena Testi pensando alla distanza fra la situazione attuale e la reale parità di diritti.

Ed ecco la quarta parola chiave: “donna”. La consapevolezza che le donne possono portare qualcosa di nuovo al mondo del giornalismo solo mantenendo la loro diversità. Un approccio nuovo rispetto al passato quando per ricoprire incarichi, solitamente svolti da uomini, bisogna fare come loro. Questa è una vera novità e forse non solo nel giornalismo. Per sfondare il tetto di cristallo le donne devono portare qualcosa di peculiare che rinnova l’ambito in cui operano. “Riassumo: passione, maestri, convinzione e donne”, dice la Presidente del Premio Donatella Cinelli Colombini facendo esplicito riferimento alle sue cantine che finanziano l’iniziativa e sono le prime in Italia con un organico interamente femminile.

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