Da domani 27 maggio al 14 giugno Ocra Montalcino ospiterà la mostra “Episodi di identità”, una duplice prospettiva sul concetto di maschera e sul suo utilizzo, offerta da due artisti con sensibilità differenti, uniti dall’interesse di una ricerca comune. Una ricerca stimolante sulla declinazione antropologica della maschera tra arte e vita quotidiana.
Il 27 maggio (ore 19) si terrà il vernissage e l’incontro con gli artisti, assieme a una degustazione offerta dall’azienda Banfi. Gli orari della mostra, che è a ingresso libero, sono dal lunedì al venerdì ore 10.30-18.
“Episodi di identità” inizia a prendere forma nel 2020 da un’idea di Cristian Boffelli. Durante l’isolamento forzato degli ultimi due anni, passa gran parte del suo tempo in Giappone, dove per gioco comincia a costruire maschere sciamaniche tradizionali insieme alla figlia. Propone quindi di lavorare sul concetto di maschera a Matto Berra, e insieme tratteggiamo un percorso che corre parallelo, ma su due strade diverse.
Nel lavoro di Boffelli la maschera è indagata nella sua accezione canonica, come strumento che trasforma chi la indossa. La sua riflessione prende spunto dalla necessità collettiva di mascherarsi, che fonde in sé magia e religione, trasformando l’oggetto in un feticcio che unisce l’illimitato e il limitato, come labile scudo della propria finitudine. L’idea di maschera è però anche quella immaginata da Kierkegaard, che quando infine giunge l’ora della mezzanotte cade per svelare il vero volto di chi la indossa.
Le opere realizzate per Episodi di Identità sono ready made aiutati, composizione di oggetti di uso comune trovati sulle rive del fiume, che Boffelli plasma fino a dare loro un volto antropomorfo. Ritorna così la funzione sciamanica della maschera, simbolo rituale di un’unione impossibile tra il finito e l’infinito. Berra presenta un ciclo di cinque opere intitolato “Oeuia” parola dialettale che significa voglia, volontà quindi. In ciascun lavoro una maschera si confronta con una volontà. La maschera del falconiere doma la volontà del predatore; il volto, malattia, maschera inamovibile di Elephant Man, gli nega una vita normale e la volontà di un riposo normale lo condanna a morte. Nelle serie di litografie “quasi vivi” (2008), Berra procede con la rimozione degli occhi artificiosi di animali tassidermizzati, fotografati in alcuni dei più importanti musei di scienze naturali del mondo. Crea così un soggetto spaventoso, che si trasforma in maschera suo malgrado, sospeso tra vita e morte. Impossibile discernere la maschera dal volto. Dice Eraclito che “è la medesima realtà il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli, e quelli di nuovo [mutando] son questi.”
Focus: chi sono gli artisti
Matteo Berra
Nasce a Milano nel 1977; dopo una formazione scientifica consegue una laurea specialistica in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Durante questo periodo di studi frequenta come studente in scambio l’Accademia Nazionale di Atene e la UCLA di Los Angeles. Quindi ricopre il ruolo di tutor del corso di scultura sempre a Brera, mentre parallelamente alla propria carriera artistica é consulente di vari artisti ed assistente dello scultore Giancarlo Marchese. Dal 2011 per quattro anni insegna alla Catholic University of Daegu in Corea del Sud. Rientrato in Italia inizia una proficua collaborazione con architetti su progetti che vedono la scultura pensata perchè si integri e viva con l’architettura ospitante. Si attiva inoltre una collaborazione con Officina della Scala, studio di realizzazioni d’interni di lusso, con la produzione di Meteorite, tavolo scultura. Contemporaneamente continua la propria carriera artistica collaborando con gallerie di Milano e New York. Iniziando l’attività espositiva nel 2000, esponendo in gallerie e musei di Europa, Asia e Stati Uniti. Nel 2001 ha vinto il Premio Tenchio di Como e nel 2011 il Primo Premio alla Busan Sea Art Festival in Corea del Sud.
Cristian Boffelli
Diplomato al Liceo Artistico Statale di Bergamo e poi all’Accademia di Belle Arti di Brera, espone le sue opere a partire dal 1994. Il suo percorso artistico dopo il diploma all’Accademia di Belle Arti di Brera giunge all’approfondimento e l’utilizzo delle tecniche dell’incisione e della litografia su svariati supporti, dalla carta al legno al tessuto che sono considerate da Boffelli il mezzo più diretto di espressione, poiché a differenza della pittura non ammettono ripensamenti. Molti dei sui lavori danno vita a narrazioni attraverso oggetti, immagini, situazioni e contaminazioni continuamente mutevoli. Nelle sue xilografie e incisioni a punta secca prevale una figurazione non sempre esattamente riconducibile a una forma nota.