Si parlerà di storia dell’ambiente, medievale e della prima età moderna, al prossimo Laboratorio di Storia Agraria di Montalcino, in programma il prossimo settembre. E all’interno del calendario ci sarà anche una relazione di Alfio Cortonesi incentrata sul suo nuovo libro, “Il Medioevo degli alberi” (Carocci Editore), di cui nei giorni scorsi hanno scritto Corriere della Sera e Avvenire. “Credo sia un volume con una certa originalità – spiega Cortonesi, originario di Montalcino e attualmente professore all’Università della Tuscia di Viterbo – perché non è un argomento molto trattato fino ad ora, anche se veniamo da 50 anni in cui la storia agraria è stata al centro dell’attenzione; soprattutto dagli anni Settanta agli anni Novanta, adesso un po’ meno”.
356 pagine, il libro tratta del Medioevo visto con l’occhio attento all’ambiente, agli alberi, alla natura, ai boschi, al paesaggio. Considera essenza per essenza tutti gli alberi, selvatici e domestici, contestualizzandoli nel loro ambito, nei paesaggi in cui si collocano. “C’è un lungo capitolo iniziale per introdurre il discorso e favorire una lettura del libro nell’ambito di una tematizzazione più ampia”, fa sapere Cortonesi. Se l’attenzione va alla storia del paesaggio e dell’ambiente, emerge anche un collegamento costante con l’economica. “Si parla dell’uso del legno nei diversi settori, l’edilizia, la cantieristica navale, la vita quotidiana – prosegue il professore – non viene mai perso di vista il rapporto tra uomo e ambiente, uomo e boschi, uomo e alberi”.
Non c’è molto di Montalcino, se non qualche sporadica citazione. “Ho dato un taglio italiano e, senza volerlo, ho penalizzato le mie ricerche personali – sottolinea Cortonesi - come gli studi sull’allevamento degli spazi non coltivati, o dei boschi della Val d’Ombrone”.
Il libro di Cortonesi è stato preceduto da un altro libro scritto in occasione dei suoi settant’anni, compiuti nel 2020. Si chiama “Agricoltura, lavoro, società, studi sul Medioevo per Alfio Cortonesi” e raccoglie i contributi di 43 colleghi e amici (non solo italiani ma anche spagnoli, francesi e tedeschi) con i quali lo storico, nel corso della sua lunga attività di docenza e di studio delle campagne e del mondo contadino, ha condiviso percorsi di ricerca, instaurato rapporti di collaborazione, creato occasioni di confronto.
Nel volume c’è anche un articolo di Duccio Balestracci che ha ripreso la vicenda storica di un fantino del Palio di Siena, rientrato nella storia del Palio per una serie di ragioni che Duccio illustra bene. Una cosa carina: Duccio fa una nota al suo saggio di carattere esistenziale che mi è molto piaciuta, dice come noi abbiamo molte cose in comune, l’amore per il Palio, l’amore per la Robur. Viene fuori questo medaglione divertente, non solo scientifico.