Ci scrive A. C., nostro lettore e poeta per passione (lo scorso anno ha pubblicato un libro con diversi riferimenti alla città dove vive, Montalcino), per un ricordo dell’indimenticabile Gigi Proietti. Pubblichiamo qui il testo in versione integrale.
Si racconta la vita
(Gigi Proietti 2 novembre 2020)
Gigi, il figlio della capitale d’Italia, Roma, si congeda da essa nel giorno in cui è nato, ottanta anni prima; il 2 novembre, il giorno dei fiori, portati al luogo del riposo e della pace eterna, il cimitero, e posti accanto alle immagini delle persone care e di quelle conosciute, amate, per ringraziarle e onorarle della loro presenza nel tempo ora che sono fuori dal tempo. Accanto a Gigi anch’io oggi idealmente pongo il mio fiore per tutto ciò che ha saputo trasmettere a noi, suoi contemporanei, con la sua grande, variegata vena artistica, donandoci gioia e allegria. Rimangono scolpite nella mente alcune sue espressioni: “chi non sa ridere m’insospettisce”; “… la vita è certamente più difficile per chi non salirà mai sul podio.”; Un uomo che cade offre la possibilità di tendergli la mano”; “… quella che cerca una direzione è il dito che gliela indica”; “ …..ogni vita è piena di sventura ma anche d’infinità bellezza”; “… è il nostro non può che essere un gioco di squadra”. Ricordo le sue braccia aperte, la sua bretella agganciata ai pantaloni, la camicia bianca, la sua grande romanità nelle espressioni, il suo coinvolgere la platea rendendo viva la partecipazione della gente che era tra le fila di un teatro o in ogni altro luogo. L’ho incontrato per tre brevi minuti quando, nei pressi della capellina del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, preparava alcune scene della fiction della serie televisiva il Maresciallo Rocca, nel camper adibito a camerino. Mi fermai un istante e mi permisi di dirgli: “Maestro, grazie per interpretare e portare al grande pubblico la figura del maresciallo dei carabinieri”. Lui, che curava ogni minimo particolare ed era concentrato e preso dalla parte, con un sorriso mi rispose: “Grazie a voi carabinieri”. In un attimo ho imparato che quando si è impegnati a fare qualcosa non ci si può distrarre o darsi in chiacchiere; il lavoro è una disciplina che non dobbiamo mai non osservare; ma l’educazione vuole sempre attenzione. Suscitava simpatia con il suo sorriso e il suo sguardo penetrante facendo emergere una profonda umiltà, un servitore della gioia altrui. Oggi sento di ringraziare quest’uomo di grande coerenza per la sua romanità, per aver donato al mondo e all’Italia la possibilità di osservarlo, in gigantografia sul Colosseo e il Campidoglio, i luoghi più significativi della nostra capitale. Lui, ha fatto molta gavetta, ma ha saputo interpretare i sentimenti e le problematiche umane rappresentandoli nella vita reale come maestro autorevole per le giovani generazioni. Non si contano gli anni: “Io tengo ottant’anni ma sempre un giorno tengo”. Si conta, o meglio si racconta, la vita, quando si è nell’eternità dei grandi personaggi. Grazie Maestro.
A. C.