Raffaelli: “Montalcino e la cultura che si è persa”

“Questo albero, leccio, si trova nella Valle dell’Orcia (Monte Amiata Scalo). All’altezza di un metro e mezzo dal pedale misura una circonferenza di sei metri. Le sue fronde coprono uno spazio di 48 metri. I dendrocronologisti, cioè coloro che studiano la vita degli alberi, attribuiscono al nostro leccio un’età di oltre cinquecento anni di vita”. Ilio Raffaelli, sindaco di Montalcino per venti anni, un personaggio che è stato lungimirante in tanti settori del nostro territorio, ci scrive spedendoci un’immagine di un albero bellissimo corredato da una didascalia: “Montalcino (Mons Ilcinus) e il suo stemma (Il Leccio)”. Mons Ilcinus, monte dei lecci, un albero che è il simbolo del nostro comune, un territorio che dimostra una straordinaria varietà naturale. Eppure, ci dice telefonicamente Raffaelli, “si sta perdendo il ricordo. Dei lecci e di tante altre cose. C’è gente che si vanta di essere stato alle Maldive ma io pronuncio sempre questo detto: ‘conosci prima il tuo paese e poi parla del mondo’. A Montalcino c’è ricchezza ma a volte mi sembra che la gente pensi ai soldi e basta. Si cercano quelli. Ciò che non funziona è la cultura, siamo un posto che dà lavoro a 10.000 persone al giorno”. Memoria lucidissima, un archivio infinito, Raffaelli presto uscirà con un altro libro, “Dall’età del ferro fino ad oggi” dedicato ovviamente alla sua Montalcino. Di cui ci fornisce qualche anticipazione. “Non molti sanno che Giuseppe Mazzini in Toscana è stato solo in tre posti: Firenze, Livorno e Montalcino perché qui da noi nel 1932 c’era un iscritto alla Giovine Italia. E poi nel libro ci sono i nomi e i cognomi di coloro che parteciparono alla marcia su Roma e tanti dati che ci dicono come è cambiato il territorio. Nel 1889 a Montalcino c’erano otto macellai. Nel 1910 un operaio guadagnava due lire al giorno mentre un litro d’olio costava 8 lire…”.