Gli agricoltori al centro, per far ripartire il Paese cominciando dalle aree rurali. Attraverso una maggiore legittimazione e valorizzazione del ruolo degli agricoltori, lungo la filiera produttiva, riconoscendo e remunerando le funzioni economiche, sociali, ambientali ed etiche che svolgono. Ma anche arrivare a un sistema organizzato che punti sul riconoscimento del territorio, delle sue componenti e risorse, diffuse a livello locale. Sono soltanto alcune delle proposte per rilanciare il territorio rurale emerse dal terzo appuntamento con il roadshow di Cia-Agricoltori Italiani “Il Paese che Vogliamo” in programma oggi a Firenze.
Una tappa interregionale dell’evento Cia, che ha coinvolto gli Agricoltori Italiani di Toscana, Emilia-Romagna e Umbria e che ha visto nelle scorse settimane addetti ai lavori, insieme a esperti del settore e mondo della ricerca e dell’università, affrontare attraverso tavoli tematici, questioni e criticità da risolvere: infrastrutture; governo del territorio; filiere produttive legate al territorio; gestione della fauna selvatica; enti locali e politiche europee.
All’evento fiorentino a Palazzo dei Congressi - moderato dal giornalista Alessandro Maurilli - gli interventi del presidente nazionale Cia, Dino Scanavino e dei presidenti delle Cia regionali (Luca Brunelli per la Toscana; Cristiano Fini per l’Emilia-Romagna; Matteo Bartolini per l’Umbria) protagonisti dell’iniziativa sulle produzioni agricole di qualità de “Il Paese che Vogliamo”.
“Dal nostro roadshow emerge con chiarezza -ha detto Luca Brunelli, presidente di Cia Toscana, introducendo i lavori- che l’impianto de ‘Il Paese che Vogliamo’, non aiuta solo l’agricoltura, ma riporta al centro la dignità di chi vive fuori dalle mura dei complessi metropolitani. Fuori dai centri urbani, diminuiscono i diritti e aumentano i doveri: è per riequilibrare tutto ciò che anche in questi giorni portiamo il nostro lavoro e lo mettiamo a disposizione della società con lo spirito di sacrificio e la coerenza che da sempre caratterizzano Cia”. Abbiamo contattato Luca Brunelli, che tra l’altro è un montalcinese doc, per parlare di come questo progetto possa sposarsi con la nostra cittadina, chiedendo di immaginare la Montalcino del futuro. “Intanto dico che questo percorso è interregionale, era stato invitato anche il sindaco di Montalcino. Se poi il territorio volesse avere un ruolo da protagonista in questa fase, ben venga. Mi chiedete della “Montalcino che vogliamo”? Io dico che dobbiamo superare quest’aspetto anche se Montalcino per il suo ruolo non può permettersi di sbagliare. Montalcino deve essere il fulcro, l’animatore di una zona più vasta, continuare a crescere. Io ho apprezzato la fusione ma occorre guardare oltre, le potenzialità per essere il primo comune interprovinciale e il fulcro di un’economia sostenibile per la zona ci sono tutte. Sarò un sognatore ma il passato ci insegna che le cose succedono, basti vedere al successo di Banfi e del Brunello di Montalcino. Andare oltre le nostre mura e fare squadra, questa sarebbe una strategia di crescita”.
Focus - Il Paese che vogliamo. Fra le proposte emerse nel capitolo infrastrutture una fiscalità adeguata alle aree rurali; una promozione delle produzioni agricole, artigianali, artistiche, culturali delle aree interne la necessità di impedire ulteriori impoverimenti delle aree interne con la perdita di scuole, presidi sociali, sanitari, culturali e non ultimo di pubblica sicurezza. Valorizzare percorsi virtuosi per la manutenzione, la gestione e la messa in sicurezza del territorio attraverso relazioni strategiche e pluriennali tra imprenditori agricoli ed enti pubblici di primo e secondo livello per programmi di intervento infrastrutturale. Rafforzare la copertura digitale delle aree interne.
Attenzione è stata posta al governo del territorio: da migliorare le politiche di gestione del suolo; i percorsi di valorizzazione del patrimonio forestale locale, le azioni di prevenzione dei disastri ambientali; ottimizzare gli interventi per il mantenimento e la valorizzazione della biodiversità, oltre alla tutela della risorsa paesaggistica.
Altra tematica calda e attuale è quello della gestione della fauna selvatica: Cia ribadisce la sua proposta di riforma della legge 157/92, un buon punto di partenza per aprire la discussione. Alcuni aspetti possono essere affrontati anche subito, considerando le difficoltà politiche generali. In particolare, il miglioramento dei piani di contenimento e la piena applicazione dell’articolo 19 della vigente legge quadro con le necessarie modifiche e integrazioni. Sono poi da migliorare i Piani faunistici con una più efficace gestione del territorio: la presenza dei selvatici non è uniforme, ma concentrata in talune zone conosciute. Focalizziamo meglio gli interventi. Dare inoltre una maggiore la visibilità della filiera della selvaggina. Può rappresentare anche una forma di acquisizione di risorse per la Pubblica Amministrazione. Potenziamo i Centri di raccolta e lavorazione delle carni.
Un focus dedicato, quindi, agli enti locali e politiche europee: è opportuno avere un’omogeneità territoriale, anche dal punto di vista socio-economico, superando i confini amministrativi (ad es. area appenninica). Pensare a un modello partecipativo che coinvolga le esperienze territoriali diffuse sul territorio (GAL, Comuni, Cooperative di comunità). Puntare sulle opportunità della prossima riforma della politica agricola comune, a partire dallo sfruttamento delle potenzialità all’interno del Piano Strategico Nazionale.