Il vigneto, a Montalcino, non dorme mai. E così, mentre nel territorio del Brunello sono iniziati a cadere i primi grappoli di Sangiovese, arriva la notizia dell’ennesimo affare tra i filari. Protagonista la produttrice Elisabetta Gnudi Angelini, che, con un investimento di 2,4 milioni di euro, ieri pomeriggio ha acquisito, all’asta al Tribunale di Siena, superando diversi pretendenti, 1,6 ettari di Brunello di Montalcino nel cru storico Montosoli, che si aggiungono così al suo già importante vigneto. Che, solo a Montalcino, ora, supera i 150 ettari vitati (di cui 62 a Brunello e 25 a Rosso), messi insieme con proprietà di assoluto prestigio come Caparzo (azienda fondata nel 1970 e acquisita poi nel 1998) e Altesino (acquisita nel 2002), che sarà la cantina che beneficerà di questa nuova acquisizione.
“Siamo molto felici e stiamo festeggiando questo nuovo acquisto: Altesino ha “inventato” i cru a Montalcino. C’era e c’è ancora un produttore di grande livello come Baricci, nostro confinante - commenta la Gnudi a WineNews - ma Altesino è stata la prima azienda a credere nei cru, nel 1975, e per me poter aggiungere questo ettaro e mezzo ai 5 che Altesino aveva già a Montosoli (e a cui vanno aggiunti i 9,5 che fanno parte di Caparzo, ndr), era una cosa molto importante, ed è l’obiettivo vero di questo investimento che complessivamente ha portato alla nostra realtà altri 10 ettari di terreno - ovvero la proprietà della ex Tenuta La Togata - di cui 9 di vigneti (compresi due a Rosso di Montalcino, ndr)”.
Un investimento importante, dunque, che conferma la produttrice come uno dei nomi di riferimento di Montalcino, anche grazie “ad una strategia chiara fin dall’inizio del mio percorso: il grosso della nostra presenza è nel versante Nord, ma da subito ho voluto comperare vigne in tutte le diverse zone di Montalcino, cosa che ho avuto la fortuna di aver fatto quando le quotazioni lo consentivano. Ci abbiamo lavorato tanto, e ora sono soddisfattissima del fatto che Altesino e Caparzo, soprattutto in mercati come Usa e Canada, sono marchi di riferimento del Brunello di Montalcino”.
Parole della produttrice che guida un gruppo sempre più importante nella Toscana del vino, che mette insieme oltre 300 ettari di vigneto, con la cantina di Borgo Scopeto, nel Chianti Classico (70 ettari vitati) e La Doga delle Clavule nel Morellino di Scansano (60 ettari vitati), che si aggiungono a quelli di Montalcino. Territorio tra i più prestigiosi d’Italia, dove il valore di mercato dei vigneti a Brunello è stimato intorno al milione di euro ad ettaro, e dove, nonostante questo, negli ultimi tempi, gli scambi sono tutt’altro che rallentati. Come testimonia l’affare, che sta per chiudersi, che vede la “culla” del grande rosso toscano, Biondi Santi (del gruppo Epi della Famiglia Descours) acquisire 6 ettari, nel “cru” San Polo, dall’imprenditore argentino Alejando Bulgheroni (che resterebbe così in possesso di 35 ettari a Brunello, in due ottimi areali, con i 27 ettari a Poggio Landi e gli 8 ettari a Podere Brizio), o le acquisizioni, anche di piccole frazioni di terra e di vigna, che hanno coinvolto, in questi ultimi mesi, realtà di primissimo piano come Gaja (che, a Montalcino, già possiede Pieve di Santa Restituta), Antinori (la tenuta è Pian delle Vigne) e Casanova di Neri, che sono andate ad incrementare la loro presenza nel territorio del Brunello.