Oltre 5.000 chili di carni di selvaggina sequestrati (per un valore di 50.000 euro), norme sanitarie violate e irregolarità nella commercializzazione all’ingrosso utilizzando strutture ed automezzi non registrati. È il risultato di una complessa attività investigativa dei Carabinieri Forestale di Montalcino (col contributo di tre Dipartimenti di Prevenzione ASL e di diversi Reparti Carabinieri Forestale), iniziata nel settembre 2018, che ha interessato in particolare le Province di Siena, Pisa, Firenze e Grosseto.
Dalle indagini effettuate è emerso che la società che svolgeva l’attività di commercio all’ingrosso delle carni di selvaggina (in particolare cinghiale e capriolo) provenienti dall’attività venatoria locale nell’ambito dell’ATC 3 Siena Nord ha sistematicamente disatteso le principali norme sanitarie e di rintracciabilità degli alimenti di origine animale, la lavorazione, il deposito, l’etichettatura e la messa in commercio sia allo stato fresco che conservato.
La società in questione ha commercializzato all’ingrosso una rilevante quantità di carni di selvaggina ungulata e, in minor misura, di piccola selvaggina di penna, approvvigionandosi di capi abbattuti senza osservare i requisiti di legge ed avviandole al commercio all’ingrosso utilizzando strutture ed automezzi non registrati, allestendo depositi frigorifero e il trattamento a temperatura di congelamento di carni fresche di selvaggina senza il previsto riconoscimento e i controlli sanitari, vendendole a distributori e stabilimenti di lavorazione e accompagnandole con indicazioni arbitrarie riguardanti la loro conservabilità.
Svariati i reati contestati alla ditta, sia di natura venatoria e sanitaria che attinenti ad inadempienze contrattuali nei confronti dell’ATC 3 Siena Nord, per conto del quale ente di natura pubblicistica la società svolgeva, tra l’altro, attività di recupero e valorizzazione ai fini commerciali degli animali abbattuti in regime di contenimento. Sono state inoltre contestate 44 sanzioni amministrative, per un importo notificato pari a 26.300 euro, a carico di altrettanti soggetti (impianti di lavorazione carni, ristoranti, cacciatori) che a vario titolo hanno contribuito ad alimentare la filiera illegale, per violazioni in materia faunistico venatoria e di rintracciabilità ed igiene degli alimenti. All’esito delle indagini sono stati sottoposti a sequestro-blocco sanitario e/o ritirati dal mercato ingenti quantitativi di carni di selvaggina stimati in oltre 5.000 chili di prodotti freschi e trasformati, per un valore all’ingrosso intorno a 50.000 euro, anche se è bene precisare che non sono stati accertati profili di rischio per la salute pubblica