Dal rosso del cinema al Rosso di Montalcino

Natalie Oliveros, proprietaria de La Fiorita (Montalcino)“Arrivai qui nel 1999 con il mio ex marito, Daniel Oliveros, commerciante di vini. Era maggio e rimasi incantata dal profumo delle ginestre, dei fiori, dell’erba. Mi fece tornare indietro all’infanzia a Watertown, nel nord dello Stato di New York, quasi al confine con il Canada, nella casa vittoriana dove sono cresciuta, con i meli che fiorivano sotto le finestre. Pensai che un giorno avrei voluto venire qui e comprare un vigneto”. Natalie Oliveros, 51 anni, ex pornostar e compagna di Louis Camilleri, presidente di Philip Morris e, dopo la scomparsa di Sergio Marchionne, amministratore delegato della Ferrari, si racconta in una lunga intervista a Panorama. Dall’infanzia americana (“eravamo 5 sorelle. Ero la più religiosa, volevo farmi suora”) al cinema hard (“giravo 6 film l’anno, vinsi 11 Oscar e mi invitavano ai programmi tv più seguiti), dalla “conversione” (“ero preoccupata per mio figlio. Dovevo fare qualcosa per cui potesse essere orgoglioso di me e produrre vino mi sembrava la strada giusta”) alla sua attuale proprietà, l’azienda La Fiorita, nove ettari e 25.000 bottiglie di Brunello e Rosso di Montalcino, che a settembre inaugurerà la nuova cantina. Pubblichiamo qui un estratto dell’intervista.

Dove nasce la sua passione per il vino?

Quando ero piccola, avrò avuto nove anni, papà produceva qualche bottiglia di moscato. Ho origini italiane e mi sento una di voi.

Come era la sua famiglia?

Tradizionalista. Mio padre era un contabile e mia madre una maestra d’asilo. Per le sue cinque figlie scelse tutti nomi che iniziavano con la “enne”. A me toccò Natalie, come la sua attrice preferita Natalie Wood.

Il cinema era nel suo destino?

Allora non ci pensavo, volevo farmi suora. Eravamo una famiglia cattolica praticante, ma tra le sorelle io ero la più religiosa.

Poi le cose andarono diversamente.

Oggi continuo a recitare con una compagnia di teatro e stiamo preparando una pièce di John Patrick

Shanley dal titolo “Il dubbio”, dove finalmente sarò una suora sulla scena.

Comera invece il mondo a luci rosse?

Quando iniziai, nel 2000, giravamo in 35 millimetri e i film erano molto recitati. Mi piaceva e in fondo pensavo che l’unica differenza con il cinema tradizionale era che quando iniziavamo a baciarci e a fare sesso lasciavamo la porta aperta. Quando entrai nell’industry era un momento glorioso. Mi chiamarono a Nizza per un servizio fotografico esclusivo con David LaChapelle a casa di Elton John. Giravo solo sei film all’anno.

Mai pentita?

No, ancora oggi incontro persone che si congratulano con me: “Sono un grande ammiratore della sua opera”. E mi viene da sorridere.

E dopo cosa è successo?

Dal 2010 tutto è cambiato, internet ha abbassato il livello. L’hard è diventato quello che noi definiamo gonzo. Chiunque con una telecamera può girare. Ma sono pellicole di serie B, senza una storia.

Il suo primo film, Rocco meats an american angel in Paris, lo girò con Rocco Siffredi per fare un regalo al suo ex marito. Come le venne in mente?

Non lo so. Ma quando decido qualcosa la porto fino in fondo. Ricordo che a un certo punto tutto divenne pesante e Rocco mi chiese se volevo fermarmi. Io desideravo disperatamente rispondergli: basta. Ma dissi che avrei terminato le scene.

Ebbe successo?

Fu nominato “miglior film straniero” agli Oscar del cinema hard. Rocco voleva che firmassi un contratto, ma declinai. Mi chiamò la Vivid, una delle più importanti case di produzione e distribuzione americana, mi chiesero se volevo diventare una Vivid Girl, allora era un ruolo molto ambito. Mi fecero un generoso contratto e accettai.

Cosa significava essere una Vivid Girl?

Sembrava di stare nella vecchia Hollywood, quella delle star, ero invitata ai programmi televisivi più seguiti: dal David Letterman Show al Saturday Night Live. Vinsi undici AVN Awards, gli Oscar del porno americano. Nel 2005 venni eletta migliore attrice erotica nel mondo e nel 2010 fui la prima Vivid Girl a entrare nella Hall of Fame.

Perché scelse Savanna Samson come nome darte?

Ventenne a New York iniziai a lavorare allo Scores, un celebre strip club dove c’era già mia sorella. Mi chiesero di trovarmi un altro nome. Così scelsi Savanna, perché era la protagonista di un film che avevo amato, Il principe delle maree con Nick Nolte. E Samson per il significato biblico, da Sansone l’eroe dalla forza prodigiosa.

Mai subito molestie sessuali, come hanno denunciato le attrici del #MeToo?

Molte volte. Ho incontrato uomini che di me pensavano: “Con il lavoro che fa, cosa vuoi che le importi”. Invece per me quello era lavoro e basta, fuori la mia vita era diversa.

Perché ha deciso di smettere?

Ho sempre saputo che non avrei passato la vita davanti a una macchina da presa. La Vivid mi aveva proposto un nuovo contratto, ma ero preoccupata per mio figlio. A 13 anni cominciava a diventare grande. Pensai che dovevo fare qualcosa per cui potesse essere orgoglioso di me. E produrre vino mi sembrava la strada giusta.

Quando scoprì che lei era una pornostar?

La prima volta che riuscì a parlarmene apertamente fu durante l’uragano Sandy nel 2012, aveva 11 anni, mi disse che aveva visto che ero entrata nella Hall of Fame.

La sua famiglia invece come reagì?

Fu uno shock, soprattutto per mia madre. Era devastata, mi disse che mai e poi mai avrebbe immaginato che potessi fare certe cose. Soprattutto dopo averle detto che volevo diventare una suora.

Le cose si ricomposero?

Anni fa i miei genitori vennero a Montalcino, papà rimase ammirato dal lavoro con la cantina. E disse: “Ne hai fatta di strada Natalie dalle nostre bottiglie di moscato”. Era finalmente orgoglioso di me.

Quando ha conosciuto Louis Camilleri?

Fu alla fine del 2010, durante una degustazione di vini. L’unico che non mi parlò. E l’unico che trovai affascinante. Lui è la mia roccia.

Comè riuscita a cambiare vita?

Cominciai nel 2005 con una produzione di bottiglie, che chiamai Sogno vero. Qualcuno storse il naso davanti al vino di una pornostar, ma poi ricevetti diversi premi. Iniziai a studiare, mi iscrissi alla Wset, tra le più prestigiosa scuole del settore. Pensavo di non farcela, poi superai gli esami.

Ma quello dei produttori è un mondo di uomini?

Quando arrivai a Montalcino c’era grande scetticismo. Poi hanno visto la mia passione, il lavoro tenace, ogni vendemmia sono qui con loro. La Fiorita è il mio sogno vero.

Dove si vede tra dieci anni?

È la stessa domanda che fecero dieci anni fa in un’intervista a Savanna. Allora risposi che mi immaginavo in Italia, tra i vigneti a produrre il Brunello. Ora ho raggiunto il mio traguardo. E voglio vivere lunghi periodi in Toscana, adesso che mio figlio è stato preso in un importante college per studiare da regista. È la sua passione. Spero che il nome che gli ho dato, quello di un grande regista italiano come Visconti, gli porti fortuna.

Tra il sesso e il vino cosa è meglio?

Mi pare che di solito vadano insieme. E il sesso come il vino migliora con gli anni.

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