Si parla molto, in queste ore, della notizia sul boom di valore dei vigneti a Montalcino. Perché, come scrive il sito specializzato WineNews, dal 1966, anno del riconoscimento della Doc, ad oggi, l’incremento del valore è stato del 4.500%, un record pazzesco, che porta i vigneti di Montalcino a “sedere” sull’Olimpo di quelli più pregiati al mondo ed in cima a quelli italiani, insieme al Barolo. In poco più di due anni i valori sono più che raddoppiati: nel 2016 un ettaro di vigneto a Brunello oscillava sui 350.000 euro, nel 2017 è passato a 500.000 euro e adesso è salito a 650-700.000 euro, con quotazioni che vanno anche oltre, come detto, con picchi che a volte sfiorano i 900.000 euro. L’ultimo affare, quello della Castello Banfi, conferma, nonostante valori stellari dei terreni, ancora una volta l’appeal e la vivacità del territorio, con un 2018 che, solo negli ultimi mesi, ha visto anche il perfezionamento di nuove acquisizioni di appezzamenti di vigne da parte di vari gruppi. WineNews ha chiesto a uno dei produttori “big”, in termini di qualità (lo testimoniano la lunga fila di riconoscimenti internazionali ricevuti negli ultimi anni), del Brunello, Giacomo Neri, leader della cantina Casanova di Neri, una visione di questo fenomeno, pensando soprattutto alla crescita dei valori fondiari. “Montalcino è un territorio unico, bellissimo - spiega Giacomo Neri a WineNews - dove ci sono vigneti che danno vini unici dal Sangiovese. Certo ci sono delle differenze, ci sono vigneti bellissimi, che danno origine a vini grandissimi, a Sangiovese unici, di grandissima qualità, e non hanno prezzo, ed è difficile stabilirne un valore, per me. Poi ci sono ottimi vigneti che hanno vini buoni, e che quindi hanno prezzi di mercato. Ma io ora sono davanti alla mia cantina, e guardo Montalcino: è un quadro, sembra il Buongoverno di Lorenzetti, è un insieme che fa si che i valori fondiari aumentino”. E sugli investimenti stranieri e su cosa deve fare Montalcino in futuro per mantenere questo appeal, Neri è chiaro: “Se si guarda alle più grandi zone del mondo, la Borgogna, Bordeaux, Champagne o Barolo, noi siamo sempre il territorio più a “buon mercato” - sottolinea il produttore - e, quindi, è naturale che i grandi gruppi guardino qui. Noi dobbiamo continuare a parlare di vigne, di terroir e di vino, e rimanere con i piedi sporchi di fango, dobbiamo rimanere veri, essere autentici, e se teniamo questa filosofia, seguita da tanti anni, il futuro sarà molto positivo. Il fatto che siano arrivati e arrivino investimento da fuori dal territorio è un fatto positivo, conferma l’interesse mondiale che c’è per questo luogo e per questo vino, che esporta l’80% della sua produzione. Ma, detto questo, non dobbiamo perdere le nostre radici ed il nostro attaccamento a questo territorio”, chiosa Neri, che aggiunge: “la nostra filosofia, come territori, deve essere quella quella di fare qualità, non quantità, di pensare a grandi bottiglie, non grandi numeri. E, a livello di mercati, gli Usa rimangono importantissimi, ma dobbiamo far si che il Brunello sia una denominazione leader anche in altri Paesi del mondo, anche in Asia. Dobbiamo imparare e seguire chi ha più storia di noi, come la Borgogna, o Bordeaux, o la Champagne, pensando, però, che noi in 30 anni abbiamo fatto quello che altri, magari, hanno fatto in 150 anni”.
dati a cura di 3BMeteo
20 settembre 2024