I “re” del Brunello nella storia di Wine Spectator

Piero Antinori Un’altra Top 100 firmata Wine Spectator è passata, la 2018, e come le 30 che l’hanno preceduta (la prima risale al lontano 1988) è destinata a portare una ventata di aria fresca per le aziende ed i vini capaci di entrare nella ristrettissima selezione del magazine Usa. Il passato, del resto, è pieno di case history del genere, di vini spesso eccezionali diventati improvvisamente dei veri e propri miti dell’enologia mondiale. E se per qualcuno è stato un successo fugace, ci sono aziende che negli anni hanno dimostrato enorme costanza, diventando vere e proprie habitué della chart di Wine Spectator. Su tutti, secondo un’analisi di Winenews.it, tre delle griffe più rappresentative del vino italiano nel mondo, con 13 etichette ciascuna piazzate nelle 31 edizioni della Top 100 svelate sin qui: Marchesi de’ Frescobaldi, storica famiglia del vino di Toscana, con radici profonde sia nel territorio del Brunello che in quello del Chianti e del Chianti Classico e 700 anni di storia alle spalle, Antinori, forse il nome del vino italiano più celebre nel mondo ed una galassia produttiva che oggi va dal Chianti Classico al Bolgheri, dal Brunello di Montalcino alla Maremma, dal Nobile di Montepulciano alle Langhe, dalla Puglia all’Umbria, passando per la Franciacorta, gli Usa, la Romania e l’Ungheria, e Gaja, le roi del Barbaresco ed artigiano del Rinascimento del vino italiano nel mondo, che dal Piemonte si è fatto ammaliare dalla Toscana del Brunello di Montalcino prima e di Bolgheri poi.

A quota 10 etichette troviamo Castello Banfi, la cantina fondata nel 1978 dalla famiglia Mariani che ha dato un contributo fondamentale all’affermazione del Brunello di Montalcino nel mondo. A quota 7 Allegrini e San Felice, la cantina del gruppo assicurativo Allianz con proprietà in tutta la Toscana, da Montalcino a Bolgheri. 5 etichette per Poggio Antico, cantina tra le più rappresentative, nella classifica di Wine Spectator, per il Brunello di Montalcino. Con 4 etichette ci sono Carpineto, “maison” fondata nel 1967 nel Chianti Classico ed oggi con proprietà nei territori toscani più significativi (da Montepulciano a Montalcino, dalla Maremma al Chianti), Casanova di Neri, oggi una delle realtà più importanti del Brunello di Montalcino, capace di arrivare alla vetta nel 2001 con il Brunello di Montalcino Tenuta Nuova 2001, e Altesino, che dalla collina di Montosoli ha fatto la storia del Brunello di Montalcino, oggi di proprietà di Elisabetta Gnudi. Infine, con 3 presenze nelle top 100 di Wine Spectator, da segnalare anche Caparzo (che condivide la stessa proprietà di Altesino) e Ciacci Piccolomini d’Aragona.

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