L’ultimo saluto a Rudy Buratti è stato doloroso e commovente. Ma il direttore enologo di Banfi, scomparso prematuramente a soli 56 anni, rimarrà sempre nei cuori di tutti quelli che lo hanno conosciuto e che ne hanno apprezzato le grandi doti umane e professionali, qualità non sempre scontate nel mondo del vino. La storia di Buratti si lega a doppio filo a quella di Banfi e non verrà dimenticata perché sono pagine di inchiostro vivo, sono un pezzo di storia della città e del suo cambiamento avvenuto negli ultimi decenni. Rudy, “un trentino fino al midollo”, come ha detto alla Montalcinonews Ezio Rivella, è arrivato nella terra del Brunello giovanissimo, poco più che ventenne. Ha assistito, partecipando come protagonista, al successo internazionale dell’azienda che ha trascinato dietro di sé un intero territorio proiettando il nome di Montalcino a un livello fino a quel momento sconosciuto. Il “modello Banfi” ha fatto scuola ed è stata una rivoluzione per il mondo del vino. Ma un esempio imprenditoriale vincente non può resistere nel tempo se non possiede una sincera filosofia di amore per il territorio e soprattutto verso coloro che, con passione e impegno quotidiano, rendono possibile tutto ciò. Sono le persone, ovvero il capitale di un’azienda, quelle per cui Banfi ha dimostrato profondo rispetto e attaccamento. Cristina Mariani-May, proprietaria di Castello Banfi, ha voluto esserci al funerale di Buratti. Lo ha fatto senza “far rumore”, prendendo un volo dagli Stati Uniti e mischiandosi con la gente, con le persone che hanno conosciuto Rudy e che gli hanno voluto bene. Ha pronunciato delle parole che hanno toccato il cuore. Il suo saluto a Buratti si è trasformato un secondo dopo nel saluto di tutti. La presenza di Mariani-May è stata silenziosa e discreta ma il suo bel gesto non è passato inosservato. Perché è stato di cuore, umile e sincero. Proprio come era Rudy.
dati a cura di 3BMeteo
20 settembre 2024