Le prime pagine dei quotidiani senesi, ma anche rilanci delle principali agenzie italiane (da Ansa a AdnKronos), articoli sul web e titoli e spazi nei giornali nazionali, dal QN al Fatto Quotidiano. Tutti in queste ore parlano del furto di oltre mille bottiglie di Brunello nel wine shop di Col d’Orcia, tenuta poco distante da Sant’Angelo Scalo, nelle prime ore di domenica scorsa. A colpire probabilmente una banda organizzata, che conosceva bene il valore del Brunello, visto che ha rubato tutte le bottiglie da 0,75 litri delle annate d’eccellenza, compresa quella del 1964, protagonista del Grand Tasting di Obama e quella del 1999, annata premiata dall’Espresso. I ladri sono poi fuggiti con un furgone Ducato che era posteggiato nel piazzale della cantina, anch’esso di proprietà della tenuta. Si è trattato di un furto ben mirato, probabilmente su commissione, come ha spiegato alla Montalcinonews il Conte Francesco Marone Cinzano, proprietario di Col d’Orcia, che si è detto pronto ad offrire una ricompensa a chi fornirà indicazioni utili per ritrovare la vettura.
Il furto a Col d’Orcia avviene a poco più di un mese di distanza da quello di Cupano, altra griffe del Brunello, dai numeri certamente più piccoli, da dove erano sparite 900 bottiglie, anche in questo caso di Brunello e Brunello Riserva, di cui alcune casse ritrovate in maniera fortuita nascoste nella macchia che circonda Montalcino. Un fatto, però, che non deve indurre false speranze. La matrice dei due furti, in effetti, sembra essere la stessa, ed il fenomeno francamente inizia ad essere ingombrante. Il fatto che siano stati ritrovati dei cartoni di Cupano, non vuol dire che non fossero ben organizzati, il vino era nascosto bene, evidentemente pensavano di tornare a recuperarlo.
In questo senso, prende forza l’ipotesi dei furti su commissione, perché si è andati in maniera precisa esclusivamente su certi vini e su certi formati, e poi ci vogliono canali su cui piazzarli. A dare fiducia, nelle indagini, la tracciabilità garantita dalle fascette del Consorzio, con cui i Carabinieri lavorano a stretto contatto, ma è anche vero che è inusuale, per un consumatore, controllare la fascetta di un vino al tavolo di un ristorante. Un altro aspetto che accomuna i due furti, e che desta qualche preoccupazione, è il livello di sicurezza delle aziende di Montalcino, davvero basso per i beni che custodiscono. Il Brunello è un vino di successo e di un certo prezzo, e i produttori dovrebbero assumersi le giuste precauzioni, a partire dalle telecamere e dai sistemi di allarme, che impediscono o almeno scoraggiano i furti.
Su La Nazione è arrivata anche la presa di posizione del sindaco Silvio Franceschelli, che ha rinforzato l’appello all’adesione al piano videosorveglianza, che entrerà in funzione a marzo-aprile. “Siamo già nella fase dell’acquisto delle telecamere e dei permessi per la loro istallazione - ha spiegato il primo cittadino di Montalcino - si tratta di un piano di sicurezza messo a punto da Comune, Carabinieri e Polizia Municipale, e che prevede anche il coinvolgimento delle aziende. Per ora hanno aderito soltanto una quindicina, mi auguro che a breve si facciano avanti anche le altre. Colgo l’occasione per invitarle a far parte di questo importante progetto legato alla sicurezza del territorio e delle cantine. L’obiettivo è proteggere la produzione dal rischio dei furti e quindi riguarda direttamente le aziende”. L’istallazione di 110 telecamere è un passo avanti, ma a questa misura, indubbiamente significativa, “se ne dovrà aggiungere un’altra di cui dovranno farsi carico le aziende: dotare le cantine di allarme”, ha concluso Franceschelli.
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