Vinci anche se non hai vinto. Perché alla maratona più bella e affascinante del mondo basta essere presenti per entrare nella leggenda. Se poi realizzi il tuo record personale, o ci vai vicino, hai tutto il diritto di essere orgoglioso. Raniero Pierangioli e Claudio Giannetti difficilmente si scorderanno quei 42.195 chilometri che si snodano lungo i cinque distretti di New York. Un tracciato difficile, in pendenza, dove anche i migliori fanno fatica (la parola “Manhattan” deriva dal linguaggio degli indiani d’America, che la ribattezzarono “isola delle colline”). 2,5 milioni di spettatori, 53.000 partecipanti di cui 3.000 italiani, e tra di loro anche Raniero e Claudio. “È andata benone - commenta Raniero Pierangioli alla Montalcinonews -. In questi casi non si guarda la classifica, però ho fatto dei tempi di gara migliori del previsto”. 3:12:48, posizione n. 2115 su 53.000 e, addirittura, il record personale. “Una gran bella soddisfazione, anche perché è una gara difficile, con dislivello e condizioni non favorevoli per fare un personale. Poi, grazie al piazzamento nella maratona precedente, ero in una griglia di partenza a ridosso dei top runner. Sono partito dietro a loro e ho avuto modo di vederli mentre venivano applauditi nelle fasi di riscaldamento. Un’emozione in più”. Pierangioli aveva annunciato di indossare la divisa personalizzata della Brunello Crossing, una maglia pesante che si sposava bene con le basse temperature di New York. “Ma quella mattina era meno freddo del solito e serviva un abbigliamento più leggero, per non rischiare di patire il caldo durante il percorso”. Pochi giorni prima, l’attentato di Hallowen, con un furgone lanciato verso una pista ciclabile. “Lo abbiamo saputo dalla televisione, ma ad essere sinceri, i media americani non hanno dato tanto risalto rispetto a noi. I controlli sono stati efficienti in tutte le fasi della maratona, la sicurezza in città si percepiva, ma non credo sia aumentata in seguito all’attentato”. Dopo la maratona, l’occasione di visitare la città, prima di riprendere il volo di ritorno. “Siamo rimasti fino a mercoledì. Abbiamo visto le cose più importanti, come l’Empire State o il Ground Zero”.
Tutto sommato è andata bene anche a Claudio Giannetti, che con un 3:50:15 non ha infranto il record (è comunque il secondo tempo dopo la corsa di Vienna) ma ha centrato i suoi due obiettivi. Il primo: restare sotto le 4 ore. “Avevo un braccialetto al polso con tutti i tempi miglio per miglio. Quando ho capito di farcela mi sono goduto la gente, mi sono rilassato.. Comunque pensavo fosse molto peggio. Sarà per il clima abbastanza mite, sarà per l’ora legale, con la sveglia che è come se fosse stata alle 5.30 e non alle 4.30. Ma non è stato così drammatico come quanto mi aveva riferito chi la gara l’aveva fatta”. Il secondo obiettivo: far conoscere in America il bianco e il rosso del Borghetto. All’arrivo, a Central Park, si è frugato nel marsupio, ha preso il fazzoletto del suo Quartiere e l’ha sventolato al cielo. E chissà cosa avranno pensato i newyorkesi, a vedere quei colori così simili alla bandiera americana. Ma “Stars and Stripes” stavolta non c’entrava niente. Era più una questione di “Golden Arrow”.