Delibere comunali, donazioni, costruzioni di edifici pubblici, congiure organizzate dai ghibellini, rapporti mai del tutto ‘amichevoli’ con la Repubblica di Siena. Sono tante le informazioni inedite sulla storia di Montalcino che emergono dall’inventario analitico di circa 1250 pergamene del Diplomatico di Montalcino che nessuno, finora, aveva mai studiato, e che due note archiviste di Stato, Patrizia Turrini e Maria Assunta Ceppari, stanno riassumendo in un regesto in fase di pubblicazione. Un lavoro enorme, arrivato più o meno a metà, che ha già portato alla luce notizie preziose per ricostruire la vita della città del Brunello nel periodo storico tra il 1193 e il 1532. Alcune anticipazioni sono state rilasciate dalle stesse Turrini e Ceppari ieri sera, durante il secondo incontro di “Ocra Caffè”, nel Complesso di Sant’Agostino, di fronte a circa cinquanta presenti.
A moderare la serata il Presidente del Comitato di Tutela delle Feste Identitarie di Montalcino Gerardo Nicolosi. “Questa volta ci muoviamo in un territorio storico - ha annunciato Nicolosi - nel solco di un percorso aperto dal precedente Comitato di Tutela nel settembre 2012. Da allora ci sono state tante pubblicazioni da parte di Donatella Ciampoli, Tullio Canali e Bruno Bonucci. Un impegno editoriale che proseguirà con la pubblicazione del regesto di Patrizia Turrini e Maria Assunta Ceppari. Un grazie a Roberto Caselli, elemento di continuità e vero organizzatore di questo evento”.
Ad introdurre l’argomento ci ha pensato Maria Assunta Ceppari. “Si tratta - spiega l’archivista - di 1255 pergamene ma anche di un altro fascicolo, contenente documenti che vanno dal 1437 al 1801 e in cui è presente anche una Bolla di Eugenio IV, con il suo personale sigillo in piombo. Un privilegio che il Papa fa in favore della Chiesa di Santa Maria delle Grazie”. Le pergamente, spiega Ceppari, costituiscono “un materiale preziosissimo perché contengono atti pubblici di diversa natura. Un grosso nucleo è di pertinenza del Comune, con delibere del consiglio generale, atti relativi ad ufficiali (cioè funzionari) comunali nell’amministrare la giustizia civile e penale, ed elezioni degli ufficiali, come il podestà. Un altro nucleo è relativo alla Casa della Misericordia e agli Ospedali di Montalcino. Poi c’è un gran numero di atti tra privati, contratti, vendite, testamenti e donazioni (come una campana regalata dal Comune di Montalcino al convento di Sant’Agostino, nel 1289). Il lavoro che stiamo facendo è riassumere ogni pergamena, dare una corretta datazione, fornire i nomi dell’autore del documento, dei destinatari o dei beneficiari, del notaio, dei contraenti se si tratta di un contratto tra privati. Aggiungeremo un indice, uno strumento di ricerca per valorizzare questo materiale e renderlo fruibile a chiunque voglia approfondire la storia del territorio e della città”.
Tra i piaceri di immergersi nelle letture del passato, c’è anche quello di ricavare informazioni indirette collegando documenti che, presi singolarmente, non parrebbero significativi. Per esempio, troviamo cinque sentenze da parte del sindacato degli ufficiali, a cui spettava il controllo dell’operato, a fine mandato, dei funzionari del Comune. Nel primo, il più antico (1272), i sindaci controllori esaminano e pronunciano le sentenze all’interno del Consiglio generale, raduno in una casa privata perché il Comune non aveva una sede propria. In una successiva sentenza di dieci anni dopo, nuovi sindaci e ufficiali pronunciano le loro sentenze nel Palazzo del Comune, che quindi nel frattempo era stato costruito.
Patrizia Turrini, l’altra archivista impegnata nell’inventario, spiega l’usanza, nel Medioevo, di affidare a forestieri le cariche istituzionali, come il giudice o il podestà. “Di solito si preferiva un personaggio di una comunità amica, con competenza, professionalità e rilievo sociale. Dopo il voto del Consiglio generale, i governanti inviavano un loro sindaco all’eletto, con la consegna della lettera ufficiale con scritte tutte le condizioni, dal periodo al salario. Il notaio del luogo rogava un atto di accettazione o rifiuto. Di Montalcino abbiamo due atti di accettazione. Una a Firenze, nel 1295, l’altra a Montepulciano, nel 1301, dove sul sigillo troviamo un albero posto sopra un monte. C’è una differenza rispetto al primo, dove non c’era l’albero. In un sigillo di un documento andato perduto si dice che i monti erano addirittura otto, mentre in tutti i manoscritti che vanno dal Cinquecento all’Ottocento sono sempre tre”.
Turrini poi passa alla “politica estera”, argomento ripreso nel finale dallo storico Mario Ascheri, anch’esso presente all’incontro assieme al collega Bruno Bonucci. “Montalcino - sottolinea Turrini - è stato, come ha scritto Bonucci, il casus belli della guerra tra Siena e Firenze. La sua era una sottomissione pesante, che implicò la distruzione delle mura, delle piantagioni, vigne comprese… il territorio passò a Siena ma divenne un sorvegliato speciale. In passato, e questo l’ha scritto Mario Ascheri, Montalcino era infido per i senesi. Due documenti del Diplomatico ci confermano che Montalcino era pronta a rialzare il capo contro i senesi e rimaneva un punto riferimento dei ghibellini pronti a ribellarsi a Siena. Ci sono due pergamene che parlano di due rivolte. La prima, il 26 novembre 1324, contiene tutti i nomi dei 18 congiurati, di cui 17 di Montalcino e uno di Siena, che “istigati da spirito diabolico, avevano turbato il pacifico stato della terra e del distretto di Montalcino congiurando con forestieri ghibellini”. Vennero inquisiti dal podestà e condannati a morte, ma erano tutti contumaci. Tullio Canali parlava di tre decapitazioni, ma per me, leggendo il documento, sono tutti fuggiti. L’8 luglio 1325, invece, i capitani di Montalcino vengono avvertiti di ribelli ghibellini che si preparano a conquistare Montalcino e procedono all’elezione del capitano per la difesa della terra. In questo momento storico (1324-25), Siena riesce a reagire contro questo fenomeno. Spero, proseguendo con la ricerca, di trovare altri episodi e notizie su nuove sommosse”.
Ed ecco, quindi, il momento di Mario Ascheri. “È sempre un piacere tornare - ha esordito l’illustre storico - le due ricercatrici stanno facendo un gran lavoro su del materiale che nessuno aveva mai studiato. A inventario finito, si scopriranno tante cose dal XII secolo in su di Montalcino che finora non si conoscevano. Tra l’altro nel Duecento e Trecento lo Statuto non è pervenuto. Il più antico che possediamo, pubblicato da Donatella Ciampoli, è del 1415”. “Vorrei inserire il discorso delle pergamene nel quadro della storia territoriale - ha continuato Ascheri -. Montalcino non solo ha dato grane infinite a Siena ai tempi di Montaperti, ma le ha date anche dopo. La prova di questa alterità è che la città non fu coinvolta nelle grandi iniziative del Comune, come la viabilità. Possiamo notare che la carta della viabilità (risalente al 1300 circa) arriva a Petriolo, alla Val d’Orcia ma Montalcino rimane fuori, è un’area bianca, perché è autonoma fiscalmente rispetto a Siena. Sempre nel Trecento troviamo un altro esempio, con la costruzione del porto di Talamone. Siena aveva dovuto lavorare e investire tanto in Talamone perché non poteva fidarsi di Grosseto, e anche qui Montalcino è rimasto fuori”.
A margine dell’incontro, approfondiamo il discorso con il professor Ascheri. “Il rapporto tra Siena e Montalcino è sempre stato difficile - spiega alla Montalcinonews - i montalcinesi hanno sempre preteso rispetto ed erano privilegiati, forti del fatto di trovarsi, all’interno del territorio senese, in una posizione strategica, un passaggio obbligato per la Maremma e un punto di controllo militare della Francigena. Non a caso ai tempi di Pietro Leopoldo ci si pose il problema se Montalcino dovesse diventare capitale della Maremma. Il controllo di Montalcino è stata la causa ufficiale della guerra di Montaperti, anche se non ufficiosamente perché non aveva senso muovere 40-50.000 uomini per così poco. Subito dopo Montaperti, comunque, Montalcino ottenne la cittadinanza, poi riconfermata nel 1361. Nel 1404, invece, ecco un importante privilegio fiscale che ha aperto probabilmente alla pacificazione. I montalcinesi potevano così godere di esenzione fiscale e libertà di mercato. In città si svolgeva un gran mercato del bestiame, una realtà che tutti conoscono e che durava anche più di tre giorni”. Montalcino, per Ascheri, nonostante la sottomissione a Siena ha sempre mantenuto una sua spiccata individualità. “E per certi versi ho notato una realtà conflittuale all’interno di Montalcino stessa, con i conflitti, nel Trecento, tra guelfi e ghibellini, con Siena costretta ad intervenire. Sicuramente c’è tanto da approfondire. Nonostante publicazioni come quelle di Lucia Carle e Bruno Bonucci, una vera storia moderna di Montalcino non c’è e merita di essere fatta. E il lavoro di Patrizia Turrini e Maria Assunta Ceppari darà un impulso ad un nuovo approccio. Ma al tempo stesso recuperiamo anche quello esistente. I Lions pubblicarono un volume su Montalcino prima del Brunello, andato esaurito. Bisognerebbe ripubblicarlo in versione ampliata”.
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