“Questo è il primo step di un progetto ambizioso dei Quartieri e del Comune, e spero sia il primo di una lunga serie”. Così Alessandro Nafi, presidente del Consiglio di Montalcino, ha dato il via a “I Quartieri per la Storia”, collana inserita nella super rassegna d’ottobre per omaggiare i 60 anni della Sagra del Tordo. Sul palco del Teatro degli Astrusi sono saliti i professori Alfio Cortonesi e Angela Lanconelli e un loro ex allievo, Giuseppe Catalani, che tredici anni fa, all’Università della Tuscia, scrisse una tesi di laurea su Montalcino e che ora, grazie ai Quartieri, può vedere pubblicato il proprio lavoro, dal titolo “Lo statuto delle gabelle di Montalcino del 1389”. “È una bellissima iniziativa - commenta un emozionato Catalani - ringrazio i professori (Lanconelli è stata la relatrice, Cortonesi il controrelatore, ndr), l’amministrazione comunale, il Comitato di Tutela, la dottoressa Cristina Paccagnini e Roberto Caselli”. A fare da moderatore, come nei due incontri culturali ospitati da Ocra, il presidente del Comitato di Tutela delle Feste identitarie Gerardo Nicolosi. “I Quartieri hanno deciso di sostenere la pubblicazione di un lavoro di tesi o uno scritto inedito - spiega Nicolosi -. Sottolineo la duplice valenza del progetto, che guarda da una parte alla valorizzazione del patrimonio archivistico, dall’altra alla promozione della storia locale. Il Comitato ha una funzione prettamente culturale e un ruolo di affiancamento, fornendo un supporto di tipo tecnico-organizzativo”.
Ad introdurre il lavoro di Catalani ci ha pensato Angela Lanconelli, in passato archivista di Stato e docente di Storia degli insediamenti e del paesaggio agrario. “Lo Statuto in questione - spiega - interessa un ampio ventaglio di storici: chi è interessato all’evoluzione del diritto, ma anche alle istituzioni, all’economia, alla società, al costume, alla cultura. Spesso in questi casi ci si esprime con diffidenza, perché si crede che non sia una fonte che testimoni le norme ma non i fatti. Da una parte è vero, però le norme contenute in uno Statuto rispecchiano regole che una società si dà per delle esigenze reali. Non si legifera su cose che non esistono. Gli Statuti testimoniano anche i progetti che un ceto dirigente ha in mente per risolvere i problemi. Pur non contenendo dei fatti ma norme, sono comunque informazioni preziosissime per rilevare problemi della società e prospettive politiche che una comunità si dà. E’ quindi una fonte importante, da non sottovalutare”.
Per gabelle si intende tutti quei tipi di dazi e tributi che nel medioevo consentivano la sopravvivenza di una comunità. “Non si può fare politica senza mezzi finanziari - continua Lanconelli - e il sistema più diretto in età medievale era imporre delle tasse. In questo caso sono indirette, ma esistono anche imposte dirette, che colpiscono le singole persone in base alla loro ricchezza. Questo Statuto risale al 1 aprile 1389. Non ci sono arrivati tutti perché non appena entrava in vigore quello nuovo, la vecchia stesura era considerata inutile, cadeva in oblio per poi essere perduta. Ad ogni modo lo Statuto del 1389 non è la stesura originale, ma una copia del XV secolo, che va da un arco di tempo tra il 1434 e il 1470”.
L’augurio, afferma la professoressa, è che venga posta attenzione non solo da parte degli storici, ma anche dalla gente comune. Certo, leggere una fonte storica non è come leggere un testo narrativo, “ma gli Statuti delle gabelle contengono molte curiosità interessanti anche per i non addetti ai lavori. Ci sono circa 600 tipi di merci, che coprono un ventaglio merceologico ampissimo: dall’abbigliamento ai metalli per la lavorazione pesante, dal pellame al cuoio per le manifatture montalcinesi, fino all’importazione della lana, settore trainante dell’economia che ha fatto la fortuna di Firenze e Montalcino aveva una sua produzione interessante, importando dai luoghi più diversi: Francia, Spagna, Inghilterra, Nord africa, altre parti d’Italia e anche da Maiorca e Minorca. Vorrei poi soffermarmi in particolare su tre gabelle. La prima è la gabella delle porte, che riguardava le merci in entrata e in uscita. La seconda è la gabella del passo, che non interessava la comunità ma colpiva chi transitava dal territorio di Montalcino. La terza è la gabella del porto di Talamone. Le merci già tassate al porto non dovevano essere ritassate in città e viceversa.”.
Alfio Cortonesi, originario di Montalcino e professore di Storia medievale all’Università della Tuscia, è intervenuto per contestualizzare la pubblicazione di Catalani, una fonte che si cala in un periodo particolare per Montalcino, che nel 1361 acquisisce la cittadinanza senese, con tutta una serie di oneri e privilegi”. Un periodo politicamente intenso caratterizzato da una forte flessione demografica. In quindici anni, dal 1371 al 1386, la popolazione si assottigliata molto e il trend negativo si mantiene e va avanti anche nel XV secolo. “Ciò portò a un arretramento dei coltivi e della vigna in particolare - argomenta il professore -. Il massimo del popolamento a Montalcino si ha invece alla fine del XIII secolo, il periodo in cui la popolazione cresce maggiormente in molti luoghi d’Italia. Chiudo questa contestualizzazione dicendo che quando si scrive questo Statuto, si delinea anche un quadro. E’ difficile intendere quale sia lo stato dell’agricoltura, non si sa per esempio che ruolo avesse l’olivo e neanche il rapporto preciso tra terre seminative e vitate. Molte cose sfuggono, ma una cosa appare certa. Nel Trecento la mezzadria è in fase espansiva, cresce il numero poderi e aziende ed è un momento storico che ha contribuito fortemente a dare una conformazione alle campagne nel modo che noi tutti conosciamo”.
“In questi ultimi decenni si è lavorato tanto sulla storia di Montalcino, non solo alla Tuscia o Sassari - aggiunge Cortonesi prima di chiudere l’incontro - e c’è chi, come Bruno Bonucci, ha sempre curato molto l’argomento. Attualmente ci sono diversi lavori che sono in attesa di pubblicazione. Ho letto la tesi di laurea di Cristina Paccagnini sulla Confraternita di San Pietro che meriterebbe attenzione. Fino al terzo quarto del Novecento, degli studi di Montalcino non se ne occupava nessuno, cosa che invece, fortunatamente, è cambiata negli ultimi tempi”.
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