Il fascino dei paesaggi vitati, il mercato del vino che, nonostante le incertezze del settore e dell’economia in generale, continua a tirare e crescere, il sistema chiuso delle autorizzazioni per l’impianto di nuovi vigneti e la voglia di imprese, gruppi assicurativi e finanziari, ma anche fondi di investimento, di immobilizzare capitali. Sono i tanti fattori che spiegano come mai, negli ultimi cinquant’anni, pochi beni in Italia abbiano avuto livelli di rivalutazione come i vigneti delle denominazioni più prestigiose del vino italiano. Numeri che, secondo un’analisi realizzata da www.winenews.it tra imprenditori, intermediari ed insider del settore, parlano di rivalutazioni nell’ordine del 2.500% per un ettaro di vigneto a Brunello di Montalcino, del 1.400% per l’Amarone della Valpolicella, e di oltre il 700% per un ettaro a Barolo (esclusi i Cru più pregiati), per citare i casi più clamorosi.
“Ma nonostante questo, negli ultimi mesi, si è intensificato notevolmente il fenomeno del “merge & acquisition” nel mondo del vino, italiano e non solo - sottolinea il direttore di WineNews Alessandro Regoli - con affari non solo tra imprese del settore, ma anche con investimenti di capitali da altre realtà e da parte di fondi di investimento di ogni angolo del mondo. In pochissimi territori del vino top d’Italia, da Barolo a Barbaresco, con i loro Cru, da Montalcino a Bolgheri, alla stregua dei grandi terroir internazionali come Borgogna e Bordeaux, le valutazioni dei vigneti stanno andando talmente in alto che spesso sono oggetto d’interesse, o comunque più alla portata, di fondi di investimento e realtà che hanno grandi disponibilità finanziarie, piuttosto che appetibili e raggiungibili da chi fa progetti di impresa esclusivamente legati al vino, e di quello vive”.
Si parla ovviamente di situazioni estreme, visto che il successo ed il valore di un territorio va di pari passo con quello che il vino ha sul mercato, ed è evidente che le cose non vadano nello stesso modo ovunque, in un Paese dal sistema vitivinicolo così variegato e frammentato come quello italiano. “Ad oggi - spiega ancora Regoli - la situazione tra i vigneti del Belpaese è assai variegata. Certo è che non è tutto rose e fiori: in una sorta di polarizzazione, se ci sono territori i cui valori crescono, ci sono anche altri in difficoltà e decisamente meno attrattivi, dove la dinamica delle quotazioni è di segno opposto”.
C’è un altro aspetto importante poi da considerare. “Al di là delle valutazioni di massima, a fare il vero prezzo sono tante condizioni particolari: dall’età dei vigneti, per esempio, alla loro posizione, o al fatto che siano confinanti o meno con altri già di proprietà dell’acquirente, caratteristica che, come avviene per il mercato immobiliare in generale, spesso porta le quotazioni effettive ben più in alto nella norma”.
Dall’indagine di WineNews emerge che le regioni dove le quotazioni sono più alte sono quelle in cui, da un lato sono state portate a compimento acquisizioni di una certa importanza nel recente passato e, dall’altro, dove la domanda sul prodotto finale è più forte. In Toscana, dunque, in testa resta saldo Montalcino dove un ettaro di vigneto a Brunello oscilla tra i 450.000 ed i 550.000 euro. Seguono Bolgheri (350.000-450.000 euro), Chianti Classico (130.000-200.000 euro), Nobile di Montepulciano (140.000-160.000 euro), Morellino di Scansano e Chianti Rufina (circa 100.000 euro), Chianti (80.000 euro) e Vernaccia di San Gimignano (70.000-90.000 euro).
Questo il quadro generale delle cifre che, tuttavia, vanno adeguatamente lette. “In molte zone la compravendita dei vigneti è praticamente ferma ed ovviamente questo non è un segnale di per sé negativo, in altre si tratta di prezzi puramente indicativi che vanno poi concretizzati con l’enorme variabilità che, come detto, un bene come un vigneto ha in sé. Si va, solo per fare alcuni esempi, dall’esposizione alla natura geologica dei terreni, dall’età dei vigneti impiantati all’appartenenza a specifiche sottozone e, naturalmente, a quella a determinate denominazioni. Così, per uno di questi motivi o per alcuni che si sovrappongono, si verificano situazioni eclatanti dove il prezzo di un ettaro di vigneto raggiunge cifre a dir poco stellari”.
Ma, al di là di queste differenze, quanto costa, di base, un ettaro vitato? Le spese necessarie alla realizzazione di un vigneto, in generale, comprendono 7 centri di costo principali: preparazione del terreno, varietà del vitigno, densità e sesto, tipologia d’impianto, eventuale sistema d’irrigazione, realizzazione finale. Per comodità, nel determinare questo costo, si parte da un terreno “nudo” a seminativo (intorno ai 20.000 euro ad ettaro), a cui si aggiungono i 7 centri di costo per un totale che si aggira tra i 50.000 e i 90.000 euro ad ettaro (la forbice comprende naturalmente le moltissime variabili).
In ogni caso, è evidente che come ogni investimento, anche quello in vigna, è fatto per avere un ritorno. “E in un settore come il vino, la prospettiva è congenitamente a lungo termine, e pertanto è necessario sapersi muovere con accortezza e cognizione di causa nelle situazioni dei vari territori. Stabilire il reale valore di un vigneto ai fini dell’investimento resta un’operazione complessa - precisa ancora Alessandro Regoli - dove entrano in gioco non solo le variabili agronomiche, ma anche il valore aggiunto legato alla fama del territorio, al blasone della denominazione e alla tradizione della tipologia prodotta e agli altri asset materiali e immateriali che connaturano l’azienda e il territorio”. Tra questi, dall’analisi WineNews, riveste una fondamentale importanza quello della “marca” (aziendale ma anche di territorio) che raccoglie essenziali elementi quali, identità, personalità, cultura progettuale, capacità innovativa, coscienza ecologica, storicità e know how, che costituiscono il surplus necessario nelle moderne economie del brand equity. In questo senso, le quotazioni a ettaro “chiavi in mano” hanno un valore indicativo.