I 10 giorni di fuoco nei vigneti di Montalcino

Montalcino, vigneDelle previsioni sulla scarsità della produzione di vino nella vendemmia che sta per iniziare a Montalcino (e in parte è già cominciata, clicca qui) ne abbiamo parlato ieri, commentando le proiezioni dell’Assoenologi. Sul tema è intervenuta anche Donatella Cinelli Colombini, con un articolo sul suo blog personale intitolato ‘In vigna a Montalcino dopo i 10 giorni di fuoco’. “Di sicuro sarà una vendemmia scarsa - comincia la proprietaria di Casato Prime Donne a Montalcino - perché parte dell’uva è andata perduta: è verde e rimarrà tale, oppure è scottata. Altra cosa certa è che la prossima vendemmia sarà costosa perché solo una raccolta manuale e anzi una doppia vendemmia negli stessi filari con attentissima selezione, manderà in cantina dell’uva capace di trasformarsi in vini di qualità. E tutto questo nella speranza che piova senza grandine e che le temperature si abbassino”.

L’articolo procede poi di pari passo con l’analisi di Assoenologi (anche se, va detto, è stato scritto prima). La 2017 “sarà la più scarsa vendemmia europea degli ultimi 50 anni. Gelate, grandinate e sole come nessuno aveva mai visto. Nell’Ottocento tutto questo avrebbe causato carestie e migrazioni. Oggi, per fortuna, non ci farà soffrire la fame ma certo i vignaioli ricorderanno quest’annata come una delle più povere”.

Un ritratto di Donatella Cinelli ColombiniIl caldo, sempre il caldo. L’estate tra le più torride, i dieci giorni di fuoco in agosto. “Nessuno aveva mai visto niente di simile - continua Cinelli Colombini - le querce sono diventate gialle, le siepi di bosso centenarie si sono seccate, la produzione di olive è persa totalmente perchè gli alberi non “hanno più la trama”, il terreno è coperto di foglie secche come in autunno e le viti soffrono come non mai”.

Il giugno 2017 è stato il più caldo dopo quello del 2003. A luglio le temperature sono state inferiori solo a quelle del 2003 e del 2015, ma in quei due casi l’estate era stata anticipata da un inverno con buone precipitazioni, mentre stavolta la prolungata siccità ha reso la terra più arida del solito. “Le viti sono arrivate ad agosto in situazioni buone ma non in forma smagliante e con chiome decisamente poco ombreggianti. E’ a questo punto che è successo qualcosa di imprevisto e superiore a ogni ondata di calore a memoria d’uomo: 10 giorni di sole da deserto con oltre 40° di giorno e 26°  di notte. Un sole che bruciava tutto e ha letteralmente cotto i grappoli più esposti dando loro un colore brunito. Le viti hanno abbandonato una parte dell’uva che è rimasta verde mentre quella invaiata ha acini piccoli e duri, senza succo e con vinaccioli sorprendentemente lignificati”.

E poi c’è il problema degli animali selvatici. Cinghiali e caprioli che, assetati, “sono arrivati nelle vigne alla fine di luglio mangiando anche l’uva acerba e le foglie. Vengono arrestati solo dalle reti perché i fili elettrificati e i cannoncini non li arginano. La sofferenza li fa impazzire e affrontano qualunque cosa pur di dissetarsi”.

“In situazioni così estreme e di cui nessuno ha un’esperienza precedente - chiude Donatella Cinelli Colombini - l’unico atteggiamento appropriato è l’umiltà. Guardare le viti e cercare di capire cosa possiamo fare per loro. Il 10 agosto finalmente il tempo è cambiato ed è arrivata la pioggia. Da noi, per fortuna, niente grandine e nessuna tromba d’aria ma dopo aver visto quello che è successo nel Nord Italia siamo preoccupati perché le nuvole nere possono ancora arrivare a distruggere tutto. La cosa che tutti ci chiediamo è come reagiranno le viti. Riusciranno a riprendersi e a idratare i grappoli?”.

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