Montalcino finisce al Tour de France. Gli appassionati di uno degli sport più nobili ed eroici lo avranno sicuramente notato durante questi giorni di dirette televisive dedicate alla gara a tappe più famosa al mondo. Il ciclismo, lo sappiamo, è disciplina di aneddoti e leggende, ricordi e cimeli. Come quella bellissima maglia arancio-bianco che non esiste più (adesso è di colore verde) e che Franco Bitossi indossò e conquistò nel 1968. Un anno importante per il ciclista di Carmignano che in quella edizione della “Grande Boucle” vinse la Combinata arrivando primo nella classifica a punti, secondo in quella del Gran Premio della Montagna e ottavo nella generale. Risultati che dimostrarono, ancora una volta, la versatilità e il talento di Bitossi. Ebbene quella mitica maglia dai colori così vivi fa parte della storia del ciclismo. Ed è conservata gelosamente a Montalcino da Paolo Bianchini, ex corridore che ha sfiorato il professionismo (nel momento decisivo ha scelto lo studio) ma che ha mantenuto dei legami fortissimi con il ciclismo e con quei campioni che fanno sognare la gente. E il mondo dei pedali non si è mai dimenticato di lui visto che spesso e volentieri i corridori passano a salutarlo a Montalcino nella azienda di famiglia, la Ciacci Piccolomini d’Aragona, che conduce con la sorella Lucia, dove la sala degustazione non è solo il luogo per scoprire i grandi vini ma anche per respirare la storia del ciclismo. Un piccolo-grande museo ricco di tesori, dove fotografie, maglie e biciclette fanno bella mostra e testimoniano come la passione sia un requisito che non deve mai mancare tanto nel ciclismo come nel vino.
“Questo sport ha sempre fatto parte della mia vita - spiega Paolo Bianchini - ho corso fino al 2002. Sono molto legato a Franco Bitossi e quando è stato contattato dalla Rai per la maglietta lui ha subito fatto il mio nome. Ho ricevuto la chiamata e l’immagine della maglia e il nome di Montalcino sono così finiti in diretta nel corso della trasmissione “Processo alla Tappa”. Conosco molto bene l’ambiente e sono sempre stato benvoluto da tutti. L’ultima dimostrazione l’ho avuta poco tempo fa quando appena tagliato il traguardo della “Charlie Gaulle”, Paolo Savoldelli (due volte vincitore del Giro d’Italia ndr) ha annunciato il mio nome e subito dopo tante persone sono venute a salutarmi. Sono cose che fanno piacere così come ricevere la visita di tante stelle del ciclismo di cui conservo le maglie, cimeli e foto ricordo”. Come quelle con Francesco Moser, di cui Bianchini è amico da anni ricevendo in dono anche una delle prime casacche da campione d’Italia del fuoriclasse di Palù di Giovo. E a proposito di “divise famose” del ciclismo fanno bella mostra al museo le magliette di campioni del mondo di Gianni Bugno, Maurizio Fondriest e Mario Cipollini. Un legame, quello con i professionisti, che non si è mai interrotto e che prosegue con i protagonisti di oggi: Manuel Quinziato, Franco Pellizzotti, Daniele Bennati, Francesco Casagrande e Matteo Trentin sono solo alcuni dei tanti nomi passati per la Ciacci Piccolomini d’Aragona per bere un calice di buon Brunello e parlare di ciclismo in un ambiente rilassato e disteso. E poi c’è anche la solidarietà. Perché la famiglia Bianchini con la sua Asd “Brunello Bike” mette in vendita le maglie da ciclismo dell’associazione, il cui ricavato, ogni anno, va in beneficenza. Un’idea che vale una grande classica.