Il mondo del vino è sempre più rosa

Albiera Antinori, numero uno di Marchesi AntinoriAlbiera Antinori è la prima donna a guidare la società di famiglia dopo ventisette generazioni. Albiera succede al padre Pietro, l’uomo che ha preso le redini aziendali negli anni Sessanta e che diventerà presidente onorario. “Per prima cosa c’è il rispetto della terra” - commenta Antinori, intervistata da Wine Enthusiast - poi la trasmissione di valori, dei rapporti con le persone, prima ancora delle tecnicità dell’azienda. Deve esserci rispetto per la generazione che c’era prima e per quella che verrà”. Il primo riferimento di Albiera è stato il nonno Niccolò, che la portava in ufficio ed esaminava con lei la contabilità, predisponendola già per il futuro. Adesso si ritroverà a gestire un impero che spazia dall’Italia (inclusa la tenuta Pian delle Vigne a Montalcino) alla California, dal Cile all’Ungheria, da Malta alla Romania.

Albiera Antinori, come detto, è la prima donna al comando di una azienda che ha cominciato a produrre vino, per dare un’idea, quando Dante stava ancora abbozzando la Divina Commedia. E allargando l’orizzonte della società, la femminilità si fa ancor più presente. C’è la A di Albiera, ma anche le A di Allegra e di Alessia, le sue due sorelle. “Siamo tre femmine, così è andata. Un bene, credo, da diversi punti di vista” - confidò Albiera in un’intervista a Gambero Rosso, dove approfondì la questione femminile. “In questo paese a volte c’è bisogno di qualche forzatura per entrare nella modernità. Possono essere le quote rosa, cui io sarei ideologicamente contraria ma che vedo necessarie in un’Italia che altrimenti non darebbe mai spazio alle donne, o una successione tutta la femminile, come nel nostro caso. Chissà come sarebbe andata se ci fosse stato anche solo un maschio. Non lo possiamo sapere. Di certo sappiamo che questo permetterà a me e alle mie sorelle di dimostrare che con il giusto spazio le donne possono molto”.

Un ritratto di Donatella Cinelli Colombini

Il tema delle quote. Gli stereotipi e i clichè. I pregiudizi sul mondo femminile che non può competere con quello maschile. Ma adesso sembra davvero che il vento stia cambiando. Un altro esempio? Sabato 8 luglio, nel Fiuli, si è tenuto un meeting organizzato da Le Donne del Vino, associazione formatasi nel 1988 che conta oggi 770 iscritte che lavorano in prima persona nel campo del vino. Il titolo del convegno è significativo (La vite è donna: dal Barolo al Nero d’Avola), lo slogan altrettanto: “Il sommelier del futuro è donna, scommette sugli abbinamenti vino-cibo, sa sorprendere e parla al cuore”. Secondo Debora Serracchiani, governatrice della Regione Friuli Venezia Giulia, “è la più grande degustazione al femminile mai realizzata”. Tra le promotrici la presidente delle Donne del Vino, Donatella Cinelli Colombini, che commenta così all’Ansa: “Le donne sono circa il 30% dei sommelier italiani e continuano ad aumentare, così come fra gli studenti delle scuole alberghiere. Tuttavia la presenza femminile fra chi si occupa del vino nelle sale dei ristoranti è ancora scarsa, specialmente fra i ‘main chef sommelier’, cioè i manager di strutture grandi”. Cinelli Colombini è titolare a Montalcino di Casato Prime Donne, dove tutte le cantiniere sono donne, enologa compresa. Una caratteristica unica in Italia che fa di questa cantina una bandiera per l’enologia in rosa.

Secondo le ultime ricerche, il 26% delle aziende vitivinicole italiane è condotto da donne, contro una media europea dell’11%. E di altri esempi, nel Belpaese, ce ne sono tantissimi. Rimanendo legati a Montalcino, possiamo citare Cristina Mariani-May, che assieme a suo cugino James gestisce Castello Banfi. Mariani-May è convinta di aver beneficiato di essere donna. “Non credo che mio padre si aspettasse molto da me” - commentò a Thedrinksbusiness.com - e questo fu un bene. Fosse stata un maschio, con aspettative più alte, sarebbe stata più dura.

Cristina Mariani-May

Molte sono le iniziative introdotte sotto la sua supervisione. Una su tutte, la creazione di un sistema di tracciabilità e monitoraggio, che ha portato Banfi ad ottenere, prima cantina al mondo, le certificazioni di Responsabilità Etica, Sociale ed Ambientale e di Qualità dei Prodotti e dei servizi e Rispetto del Cliente. E poi il progetto educativo della Fondazione Banfi, che oltre ad organizzare il celebre Jazz&Wine, offre borse di studio (quest’anno dal 25 al 29 novembre con la Summer School Sanguis Jovis) per promuovere lo studio, la ricerca e la divulgazione della cultura e delle pratiche viticole ed enologiche.

Cristina Mariani-May si è ispirata ad un’altra figura femminile a cui si deve il nome dell’azienda, la zia Teodolinda Banfi, che nel 1922, in qualità di governante di Papa Pio XI, fu la prima donna laica a varcare le porte del Vaticano. Esperta conoscitrice di vini, è proprio grazie a Teodolinda che il nipote Giovanni F. Mariani si è avvicinato al mondo enogastronomico di alto livello fondando Banfi nel 1919.

“È importante investire in salute e benifici per la comunità” - ha spiegato Mariani-May in una videointervista a Wine Enthusiasm. “Siamo una società internazionale ma la nostra base è a Montalcino. Il nostro intento è proteggere la terra e condividere i risultati con la comunità”. Una comunità che sta conoscendo lentamente, senza suffragette o lotte parlamentari, una rivoluzione pacifica nel mondo del vino. Sempre più rosa, sempre più donna.

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