Biondi Santi all’incanto con Gelardini & Romani

Una bottiglia di Brunello 1968 Riserva Biondi SantiCon il 111% del valore di partenza del catalogo, per oltre 400.000 euro raccolti, l’asta “The Grand Crus Auction” by Gelardini e Romani, di scena ad Hong Kong, conferma l’ottimo stato di salute dei grandi vini da collezione, con incrementi medi del 38% sulla base d’asta, e se i grandi di Francia fanno ancora la parte del leone in termini di aggiudicazioni più elevate (con le “incursioni” di due simboli dell’Italia enoica, come il Barolo Monfortino ed il Brunello Biondi Santi), sono le griffe del Belpaese a spuntare i rilanci maggiori.
Nella top ten dei lotti più quotati, infatti, ci sono le 12 bottiglie di Chateau Lafite Rotschild 2000 (14.285 euro), la bottiglia di Romanée Conti DRC 2001 (10.700 euro), le 6 bottiglie di Petrùs 1993 (8.928 euro), le 6 bottiglie di Petrùs 1992 (8.571 euro), le 12 bottiglie di Chateau Lafite Rotschild 2001 (7.428 euro), la bottiglia di 1er Cru “Cros Parantoux” Henri Jajer 1985 (6.428 euro), le 6 bottiglie di Masseto 2001 (5.285 euro), le 6 bottiglie di Monfortino 1988 (4.000 euro), le 6 bottiglie di Brunello Biondi Santi Riserva 2010 (3.714 euro) e le 2 bottiglie di La Tache DRC 2001 (3.428).
I maggiori incrementi, invece, sono tutti appannaggio dei vini italiani, compresa qualche sorpresa, a partire dal primo posto, la verticale di Turriga (19 bottiglie dall’annata 1999 alla 2006) battuta al 371% in più della base d’asta (2.430 euro), quindi le 6 bottiglie di Recioto Quintarelli 1971 (+250%, 2.430 euro), la bottiglia di Monfortino 1990 (+131%, 1.071 euro), i lotti di Le Pergole Torte e Tignanello, con un apprezzamento medio del +100%, le 6 bottiglie di Oreno 2007 (+92%, su una base d’asta di 430 euro), le 6 bottiglie di Chianti Classico Riserva Il Poggio Castello di Monsanto 1982 (+85% su una base d’asta di 1.430 euro), le 3 bottiglie di Barolo Brunate Giuseppe Rinaldi (+83%, su una base d’asta di 785 euro) e la bottiglia di Fiorano Rosso Boncompagni Ludovisi 1990 (+80% su una base d’asta di 257 euro).
“Il risultato complessivo di quest’asta - commenta a WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, Raimondo Romani, a capo insieme a Flaviano Gelardini della Gelardini & Romani Wine Auction - sancisce in maniera definitiva il superamento di una certa visione novecentesca del mercato dei fine wines, restituendo un’immagine nuova di questo mercato (avanguardia certamente elitaria del molto più esteso e complesso “mondo-vino”) dove una limitata pattuglia di etichette italiane siede ormai, con pari diritto, e direi anche senza alcuna pretesa o ragione di competizione, allo stesso tavolo di una altrettanto limitata pattuglia di etichette d’Oltralpe, quel tavolo al quale la maggior parte di amanti ed appassionati del vino vorrebbe sedere almeno una volta nella vita. Questo non significa che da oggi nel mercato secondario ed in quelle delle aste dei fine wines internazionali i vini italiani avranno lo stesso “peso” dei francesi, perché i nostri Grand Cru, che hanno mercato nelle aste, non solo sono stati prodotti in quantità più limitate rispetto ai corrispettivi d’Oltralpe - continua Romani - ma sono stati anche maggiormente “bevuti” e quindi gli stock in circolazione sono più limitati. Ma quanto a prezzi ormai giochiamo alla pari, grazie alla contrazione dei valori dei Grand Cru Francesi ed alla forte crescita dei valori dei Grand Cru Italiani, fenomeno che avevamo ampiamente anticipato già 3 anni fa”.
Una visione tutt’altro che parziale, supportata da esempi pratici e concreti: i 1er Grand Cru di Bordeaux (da Lafite a Petrus) hanno ormai quotazioni comparabili con Masseto e Monfortino, così come Sassicaia, Ornellaia e Solaia hanno quotazioni comparabili con Chateau Lynch Bages o Leoville Las Cases. Allo stesso modo, i grandi autoctoni del Belpaese, dal Barolo di Giuseppe Rinaldi alle Pergole Torte, dal Montepulciano di Valentini alle etichette di Bruno Giacosa, dall’Amarone dal Forno al Brunello Biondi Santi, hanno quotazioni comparabili ai Grand Cru di Borgogna, con ’eccezione di pochissime etichette, come Domaine de la Romanée Conti ed Henri Jayer, che mantengono una distanza siderale con il resto del mondo.
“Attualmente - riprende Raimondo Romani - il nostro outlook vede ancora in crescita le quotazioni dei vini monovarietali a scapito dei blend così come un sempre maggior apprezzamento per l’utilizzo “leggero” di botti grandi a scapito dell’utilizzo delle barriques, tanto per i vini italiani quanto per quelli francesi, quindi un progressivo raffreddamento rispetto ai vini di impostazione bordolese in generale”.

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