Quando si parla di zonazione in enologia ci si riferisce alla mappatura di un territorio, che individui e racconti zone, colline o meglio singoli vigneti, basandosi su dati analitici relativi ai terreni ed alle uve, in un lasso di tempo relativamente lungo. E la questione della zonazione sta diventando sempre più di attualità nei grandi territori del vino italiano. L’argomento è, per sua natura, vasto e complesso e, nell’affrontarlo, è necessaria una precisazione: la zonazione non è una classificazione ed il suo obiettivo no obbligatorio fermarsi a pensare. A far riflettere sull’argomento, sono spesso critici e giornalisti ma anche produttori. E se a parlare di zonazione a Montalcino è l’erede di chi ha inventato il Brunello, probabilmente, è il caso di fare delle valutazioni in merito.
“Immagino il futuro del Brunello - ha spiegato Jacopo Biondi Santi della Tenuta Greppo a QN Economia - e sono convinto della necessità di individuare una collocazione zonale. Non si può presentare come un’unica realtà ciò che è nato nella mia Tenuta ma che, crescendo, adesso è prodotto in 24mila ettari in un territorio che varia 0 a 621 metri di dislivello. Non siamo tutti uguali, il mondo del Brunello deve trovare il coraggio di individuare zone diverse, perché cambiano il terreno, il microclima, il Sangiovese”. Ma qual è la ricetta che Jacopo Biondi Santi propone per una zonazione del territorio di Montalcino e del Brunello? è quella di creare otto diverse zone di produzione: i quattro punti cardinali suddivisi a loro volta tra i vigneti che si trovano al di sotto e quelli che si trovano al di sopra dei 250 metri sul livello del mare. “Il Consorzio - spiega Biondi Santi - dovrebbe spingere in questa direzione, credo sia un percorso fattibile, ci vuole solo la volontà per compiere questo passo”.
Un argomento, quello della zonazione a Montalcino, di cui si parla da molto e che “divide” i produttori. Se, infatti, in molti, nel territorio del Brunello, credono che questa sia la strada da percorrere, altri pongono dubbi e resistenze. Da una parte c’è chi pensa che, per crescere, Montalcino ed il suo Brunello, debbano puntare sulle differenze che il vasto territorio propone, sfruttando le condizioni pedoclimatiche e fornendo ai consumatori una più semplice individuazione delle caratteristiche che il Brunello acquisisce a seconda delle peculiarità morfologiche e climatiche che contraddistinguono i diversi versanti della collina di Montalcino, un territorio vario che può trovare l’unione attraverso le sue differenze. Dall’altra c’è chi, invece, non vede di buon occhio la zonazione. Per questi le perplessità nascono dal fatto che Montalcino sia già “dotato”di sottozone implicite che sono rappresentate dai quattro versanti della collina, ma che questi, non avendo una denotazione storica ben precisa, porterebbero ad una forzatura. Altro rischio è quello di andarsi ad “accavallare”alla tendenza, che c’è oggi tra i produttori di Brunello, di puntare su cru aziendali: potrebbe crearsi confusione, tra i consumatori, se, in etichetta, oltre al nome della cantina, quello della denominazione e l’eventuale nome della “selezione” si dovesse trovare anche quello della sottozona.
Un capitolo, dunque, quello della zonazione a Montalcino, che resta, ad oggi, ancora tutto da scrivere anche se, con l’intervento di Biondi Santi, forse, si è gettato un seme importante per avviare un dibattito più deciso e concreto.
dati a cura di 3BMeteo
8 febbraio 2025 08:00