Contraffazioni: nuovo caso che colpisce i big toscani

Vino rosso sfuso“L’agroalimentare italiano, compreso il vino, è costantemente sotto attacco, si trovano prodotti contraffatti, più o meno palesemente, ovunque. Noi, come Consorzio del Brunello per difenderci, garantiamo la tracciabilità delle nostre fascette, ed il fatto che ci siano operazioni come questa, dimostrano la qualità e la bontà dei controlli. Certo, anche il mercato del vino ha le sue periferie, e lì a volte è difficile arrivare, spesso e volentieri sono gli amanti del Brunello in giro per il mondo a denunciare prodotti falsi e improbabili tarocchi, compreso un Brunello prodotto in Messico. Stiamo parlando di un marchio che tira, e che inevitabilmente finisce nel mirino della criminalità e della contraffazione. Speriamo adesso che la giustizia faccia il suo corso”.
Così ha commentato con WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del wine&food, il presidente della denominazione di Montalcino, Patrizio Cencioni, la notizia che del vino, di bassa qualità, adulterato con l’aggiunta di alcol, veniva commercializzato in Italia e all’estero come Chianti Doc, Brunello di Montalcino o Sassicaia.
Scoperta, fatta dai Carabinieri del Gruppo tutela della salute di Roma e del Nas di Firenze, che ha portato, questa mattina, all’arresto di tre persone, finite ai domiciliari nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Dda di Firenze. I destinatari delle misure cautelari sono il titolare di fatto di un’azienda agricola di Empoli, dove avvenivano l’imbottigliamento e il confezionamento del vino contraffatto, e due uomini originari della Campania che procuravano il materiale necessario alla contraffazione (etichette, fascette, capsule e imballaggi). Nell’inchiesta, condotta dal procuratore della Dda Giulio Monferini, risultano indagate 10 persone, ognuna delle quali avrebbe ricoperto un ruolo ben preciso nell’organizzazione criminale. Secondo quanto accertato, il vino di bassa qualità, ma non nocivo per la salute in base alle analisi effettuate dai consulenti tecnici della procura fiorentina, veniva adulterato con l’aggiunta di alcol per aumentarne la gradazione. Poi veniva imbottigliato e contraffatto, facendolo apparire un prodotto di alta qualità attraverso l’apposizione di false etichette di vini pregiati. Usate anche false fascette con il sigillo di Stato che certificavano le denominazioni Doc e Docg. Una volta confezionato, il vino veniva stoccato in depositi di ditte del Lazio e Emilia-Romagna, riconducibili agli indagati, e poi venduto in Italia e, soprattutto, all’estero, dove sarebbero state spedite decine di migliaia di bottiglie. In un caso, è stato accertato l’invio verso il Costa Rica di una partita di ben 18.000 bottiglie.
Le indagini sono scattate un anno e mezzo fa dopo il sequestro di due bottiglie di vino contraffatto, effettuato su segnalazione di un ristoratore in un negozio nella zona dell’Osmannoro a Firenze. Lo scorso febbraio i militari hanno sequestrato l’azienda agricola dell’Empolese. Nella ditta, in fase di concordato preventivo, sono stati sequestrati circa 9 mila litri di vino rosso pronto per essere imbottigliato, un centinaio di bottiglie già confezionate, centinaia di etichette e fascette di vino falsificate di vari marchi e migliaia di capsule, oltre a 30 litri di alcol usato per l’adulterazione. Secondo quanto scritto dal Giudice per le Indagini Preliminari nelle carte, l’organizzazione criminale aveva realizzato un’attività di contraffazione “di proporzioni devastanti” per quantità di vini prodotti e inviati all’estero. Per finanziare la loro attività gli arrestati, tutti già noti alle forze dell’ordine, avrebbero anche dato vita a un sistema di truffe attraverso l’acquisizione di società in crisi.

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